Al ritmo di un rullante, dal centro per l’autismo alla banda di Pratola

Quello di cui è capace la musica niente altro può. Quel linguaggio universale, quella vibrazione, non conta conoscerla o meno, la musica, le note entrano dentro e attraversano ogni strato cosciente e inconsciente del corpo. E’ forza quella che trasmetta la musica. La stessa che un giovane di 34 anni, in cura presso il centro per l’autismo di Pratola, ha trovato in un rullante entrando a far parte della banda del paese. Ieri sera le prime prove tra entusiasmo, commozione e nuova energia che, libera, ora fluisce.

Il progetto è nato due anni fa, condotto dalla dottoressa Maria Elena Orsini aiutata dall’assistente sociale Lorenza Petrella e dalla coordinatrice del centro Silvia Ciaramellano. Piano piano, durante le lezioni tre volte la settimana, sono venute fuori diversi doti, chi per una cosa chi per un’altra, fino al ritmo delle percussione del 34enne. “Un ritmo bellissimo” per Petrella. Qui qualcosa è cambiato, una lampadina si è accesa, una dote è stata riconosciuta.

L’acquisto da parte della Asl1 di un rullante e un anno di lavoro attraverso le mani per poi introdurre al momento opportuno le bacchette. Per il giovane si è aperta la possibilità di fare parte di un vero e proprio gruppo musicale, una banda, quella di Pratola che ha al suo interno anche la psicologa Monia Paolilli.

Ieri sera, quindi, presso “La casa della musica” c’è stato il miracolo, le prime prove andate benissimo, e l’amicizia che è nata anche con un ragazzo disabile già parte del gruppo. “Vederlo alle prese con la musica e parte di un gruppo – racconta ancora Petrella – è una cosa grandiosa, ancor più gli occhi lucidi dei genitori che non se lo aspettavano. Ci abbiamo messo due anni, l’insegnate di musica ci ha creduto, io l’ho accompagnata sempre con l’aiuto della coordinatrice e delle cooperative che lavorano nel centro”.

I sogni dal centro per l’autismo non finiscono qui: “Abbiamo un altro progetto in  mente con una ragazza che suona il pianoforte, l’obiettivo è inserirla in un contesto ecclesiastico dove possono esserci gli strumenti adatti a lei. La missione, per noi,  è rendere questi ragazzi il più autonomi possibile”.

Ci vuole tatto, tanta sensibilità, cuore per prendere per mano le persone e accompagnarle in un percorso da affrontare “diversamente”. Ci vuole ascolto e tenacia. Con la musica tutto diventa più fluido.

Simona Pace

 

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