Arrosticino, la De Blasis contro l’IGP: “Serve la DOP”

Secondo l’europarlamentare avezzanese Elisabetta De Blasis, la strada dell’IGP (identità geografica protetta) per l’arrosticino è una “scorciatoia” e non rappresenta un sostegno alla nostra economia rurale.

“L’arrosticino è un prodotto che rappresenta l’Abruzzo – dice l’europarlamentare eletta grazie al subentro in Forza Italia, poi passata alla Lega, prima di essere trasitata in Fratelli d’Italia e oggi tra i non iscritti – ed è giusto che sia tutelato con una certificazione europea come il marchio di denominazione di origine protetta (DOP)”.

Una scelta di campo che è oggetto di un serrato confronto tra produttori e trasformatori che due settimane fa, a Bosco Plaja ad Introdacqua, hanno trovato in occasione della Pascolata un punto d’incontro: partire con l’IGP (che permette di utilizzare carne importata) per poi rafforzare la produzione e ottenere la DOP (con solo carni nostrane).

Il problema principale della DOP, infatti, è quello che oggi la zootecnia d’Abruzzo è in grado di produrre una quantità irrisorsia di materia prima (pecore) rispetto alla produzione di arrosticini: 10mila all’incirca sul 1,2 milioni di capi che si lavorano ogni anno. Una sproporzione che rende impensabile una DOP in questo momento e che, soprattutto, metterebbe in crisi il settore della trasformazione che oggi in Abruzzo occupa più di 10mila addetti.

“Far riconoscere il marchio DOP a questo prodotto significa costringere i produttori ad utilizzare una carne con alti standard di qualità, allevata secondo rigidi protocolli a garanzia dei consumatori ed evitando allevamenti intensivi o carni gonfiate da ormoni, come quelle provenienti da Paesi extra-UE – scrive al De Blasis -. Tale riconoscimento permetterà inoltre di valorizzare il patrimonio di competenze e le attività degli allevatori che vivono nelle nostre zone interne, che dovranno sviluppare una filiera produttiva in grado di soddisfare la domanda al giusto prezzo. Questo non potrà avvenire se si sceglierà la scorciatoia del marchio IGP, per cui le materie prime che compongono il prodotto non devono essere certificate e potranno provenire da allevamenti, per esempio, australiani.”

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