Canada andata e ritorno: quel forte legame con l’acero rosso

“My nonna cried when I told her I was coming to Italy” (“mia nonna pianse quando le dissi che sarei venuta in Italia”) dice Julia con un sorriso.
Nella mezz’ora di conversazione, non ci sono ‘grandmother e grandfather’, ma ‘nonna and nonno’.

“Sono nata e cresciuta in uno dei quartieri italiani di Toronto. Lì ci sono cosi tanti italo-canadesi che l’italiano è stata adottata come lingua a scelta nelle scuole. Io l’ho studiato dai 7 ai 13 anni”.
“I miei nonni sono originari di Roccamorice, emigrati in Canada a causa della povertà. Mio nonno dopo aver combattuto in Francia, riuscì a prendere un aereo per il Canada ma mia nonna arrivò solo due settimane dopo, con una nave. Non potevano chiamarsi, né scriversi. Era partita e speravano solo arrivasse sana e salva” racconta Julia tutta d’un fiato.

Julia fa parte di un gruppo di più di 90 studenti, provenienti da Toronto per studiare la storia antica Romana, Greca ed Egizia. Il progetto culturale, basato a Sulmona e svoltosi in Canada per la prima settimana, ha dato l’opportunità ai ragazzi di girare l’Italia in lungo e in largo per ben tre settimane.

“In Canada abbiamo studiato la storia e l’arte italiana; ma a vederla, anche solo a camminare per le strade di Roma, tra gli scavi di Pompei, significa farne davvero esperienza. Abbiamo finalmente potuto toccare con mano quello che abbiamo imparato sui libri di scuola. Girare l’Italia è stata la più grande lezione” racconta Michael, seduto accanto ad Julia, anche lui con la sua storia di migranti.

“So che i miei bisnonni si sono conosciuti a Toronto ma erano entrambi emigrati dalla Calabria, anche loro dopo la Seconda Guerra Mondiale – continua Michael – provenendo da un quartiere dove in ogni casa trovi foto dell’Italia di un tempo, non potevamo che ereditare un forte attaccamento a questa terra”.

Sono la conservazione delle opere d’architettura, come gli acquedotti, i portici, gli archi, le chiese, che hanno colpito maggiormente Micheal. “In Canada vedi solo costruzioni nuove, alzate con il minimo dei soldi e di tempo” dice amareggiato il giovane italo-canadese.

“Sono sempre stata curiosa di conoscere e vedere il Paese tanto rimpianto da cui i miei nonni sono stati costretti a separarsi – interviene Julia – ho sempre chiesto a mia nonna di mostrarmi quei vecchi album di famiglia per vedere pezzetti di Roccamorice ed i miei nonni giovani. In questi giorni spero di andare a vedere il loro paese. Immagino qualcosa sia cambiato da quello che ho visto nelle loro foto, ma voglio ritrovarmi li”.

I nonni di Julia e Micheal, sono tra quelle migliaia di persone che subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, scelsero di emigrare in Canada per scampare alla fame. Emigrati per necessità, non per scelta. Gli ultimi dati raccolti, risalenti al 2001, parlano di quasi 1 milione e mezzo di italo-canadesi, la sesta più grande comunità di italiani nel mondo.
A Toronto in particolare, la comunità italiana è cosi forte che oltre ad essersi formate due vere e proprie zone italiane, Little Italy su College Street e Corso Italia su St.Clair Avenue, l’italiano è stata adottata come lingua a scelta in molte scuole primarie e secondarie.

Una cosa negativa dell’Italia?
“La mancanza di aria condizionata” ride Micheal, che per fortuna non riesce a trovare altri difetti.

Ma Julia e Micheal e gli altri 90 studenti, non sono gli unici canadesi in città.

Laurence, Josiane e Christine vengono invece da Ottawa. Sono qui grazie al professor Ricci, insegnante di Cultura e Storia Italiana dell’Università di Ottawa.
Il professore sulmonese infatti, da anni si impegna per portare piccoli gruppi di universitari a Sulmona, per la durata di un mese, per fargli da Cicerone in città e nella regione, oltre a lezioni teoriche nell’hotel Santacroce Meeting.

“Sulmona è splendida, le persone incredibilmente amichevoli – dice Josiane – ma in particolare i piccoli paesi come Barrea, Rocca Calascio, Santo Stefano di Sessanio, sono unici”.

“Le montagne tutt’intorno la città, è qualcosa che non trovi in Canada” aggiunge Laurence.

Perché la scelta dell’italiano e di visitare l’Italia?

“Io personalmente ho appreso un po’ dai miei zii, entrambi italiani – continua lei – ma essere qui è mille volte meglio che sentirne parlare”.

Le tre giovani studentesse sono quasi al termine della loro permanenza in città. Confessano che da turisti la città non annoia, ogni sera vale la pena uscire e viverla un po’; conoscere gente del posto, praticare la lingua.

“L’unica cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa è l’atteggiamento della gente nei locali e nei negozi. Sarà che era la mia prima volta, e capisco fa parte dell’attitudine italiana, ma il servizio ha lasciato un po’ a desiderare. Forse un po’ più di attenzione al cliente, preoccuparsi se voglia altro o meno. Per il resto amo la vita a ritmi più lenti italiani”.

“Sono stupita del tempo che si dedica al conoscente per strada – nota Christine – ci si ferma per strada, per due chiacchiere, un saluto. Vedere persone che si sbracciano per salutarsi, l’incontro causale che può finire in un’ora di conversazione per il centro, è qualcosa di speciale per chi viene da una grande e frenetica città”.

“Roma è bella, certo. Però la vivi da estranea, perché è difficile stringere rapporti. A Sulmona non ho paura di farmi una passeggiata da sola, di essere derubata o cose simili”  continua Christine.

“Se mi vedo in Italia in un futuro? Mi piacerebbe molto. Ma so della situazione economica che affligge il Paese, non penso di avere molte opportunità lavorative. Ma se qualcosa cambiasse, sarei la prima a trasferirmi” conclude Laurence.

Fabiola Zaccardelli

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