Furbetti del sonnellino: i misteri delle buste di piombo

“Questo basta” è la frase, scritta con un normografo, con cui sono stati accompagnati i due proiettili recapitati l’altro giorno all’ex comandante della sottosezione della polizia stradale di Pratola Peligna, Luciano Bernardi, e all’ispettore Attilio Di Loreto, entrambi protagonisti dell’inchiesta sui furbetti del sonnellino che ha portato ad indagare diciannove loro colleghi (undici dei quali sospesi e poi reintegrati dal servizio) per i quali nei prossimi giorni la procura dovrà decidere di chiedere o meno il rinvio a giudizio, dopo l’avviso conclusioni indagini recapitato poco prima di Pasqua.

I sospetti degli inquirenti per i messaggi minatori, sono ricaduti proprio sui poliziotti coinvolti nell’inchiesta, una parte dei quali, quelli che erano stati sospesi, ieri ha ricevuto una perquisizione domiciliare, delle auto e degli uffici, disposta dalla procura di Sulmona per trovare eventuali collegamenti tra le lettere di piombo e l’inchiesta madre. Sospetto che nasce, principalmente, dal calibro dei proiettili imbustati, dei 9×19 da guerra, che sono in dotazione proprio alla polizia.

“Sono tranquillo – commenta l’ex comandante Bernardi, ora in pensione – mi sarei preoccupato più se fosse stato un calibro 45”. Come dire la provenienza “in divisa” delle munizioni, lascia pensare che non ci sia una concreta possibilità che la minaccia possa trasformarsi in azione.

Bernardi, d’altronde, già in passato, quando lavorava in altre caserme, era stato oggetto di pesanti minacce, anche più concrete e non ha mai perso la calma: “All’inizio non ho dato tanto peso a quella busta con il proiettile – spiega – poi quando ho saputo che anche l’ispettore l’aveva ricevuta, abbiamo optato per la denuncia”.

A Di Loreto, intanto, come da procedura, il ministero ha ora chiesto se vuole essere trasferito, perché lui a differenza di Bernardi lavora ancora nella sottosezione di Pratola Peligna.

Da chiarire, poi, ci sono anche altri aspetti di questa, comunque, inquietante vicenda: le buste sono state recapitate senza affrancatura, nonostante siano state portate regolarmente dal postino. Almeno nel caso di Bernardi che ha filmato anche la consegna da parte della postina, sentita ieri stesso dalla procura. Strano, insomma, che la lettera sia stata recapitata senza neanche un timbro dell’ufficio postale: dal canto suo la postina ha spiegato di aver solo consegnato quanto ritirato dall’ufficio postale di Tocco da Casauria a cui fa riferimento la posta in uscita per Popoli.

Ora gli inquirenti stanno cercando di capire se anche la consegna a Di Loreto, che non ha telecamere e ha trovato la busta nella cassetta, sia stata fatta con lo stesso metodo.

“Dubbi e perplessità”, tuttavia, esprime il Silp-Cgil che, come ieri il Siulp, pur manifestando vicinanza alle due vittime della minaccia, esprime la sua perplessità sui modi e gli strumenti utilizzati dalla magistratura nell’indagine legata alle buste di piombo, ovvero alla decisione, ieri, di eseguire perquisizioni nei confronti di undici dei diciannove indagati nell’inchiesta madre. “Quali gravi indizi sono stati il fondamento per emettere un decreto di perquisizione di tale portata? E soprattutto quale ratio è stata applicata per la scelta dei soggetti cui indirizzare tale atto? – scrive il segretario provinciale del sindacato – Si esprime la più ampia solidarietà a coloro i quali sono coinvolti in questa vicenda, ricordando che, oltre ad essere dei degni e umili rappresentanti dello Stato, sono delle persone con moglie e figli e che stanno ricevendo un trattamento, a livello mediatico, alla stregua dei più incalliti pregiudicati, danneggiandone ulteriormente l’immagine sia propria che della polizia di Stato”.

2 Commenti su "Furbetti del sonnellino: i misteri delle buste di piombo"

  1. Su quei proiettili e su quelle buste c’è il dna del mittente.Se vogliono lo prendono

  2. Uccellogrosso | 19 Aprile 2024 at 08:28 | Rispondi

    John tu lo lasci pure quando digiti perché scrivi cacate

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