I segreti delle Uccole

C’è un patrimonio di storia e tradizioni nascosto lungo i passi di un sentiero che per secoli ha “servito” uno degli acquedotti romani costruito per portare le acque del fiume Aterno ai centri abitati della zona. Un percorso che, nonostante le iniziative turistiche della Riserva “Gole di San Venanzio” e un progetto per la realizzazione di un ponte tibetano di collegamento con il sentiero della Rava tagliata, finora non è mai stato adeguatamente valorizzato. Non come le sue enormi potenzialità richiederebbero, eppure le premesse ci sono tutte, da quella naturalistica a quella storica e culturale senza dimenticare il significato identitario di un luogo che ha segnato la storia di un’intera comunità.

È il sentiero delle Uccole che inizia dove si trova il punto di osservazione delle Gole di San Venanzio, poco più in là del crocifisso ligneo che all’incrocio con il passaggio a livello pare benedire chi si appresta ad intraprendere un vero e proprio viaggio nel passato. Un percorso a ritroso nel tempo per il quale è importante avere una buona guida, una persona che del sentiero conosca storia e segreti e, soprattutto, che sia disposta a condividerli.

Come Giuseppe Moca, classe 1945, persona gentile, uomo d’altri tempi abituato a suggellare un incontro con una forte stretta di mano. Giuseppe conosce bene il sentiero, forse meglio di chiunque altro per averlo riportato alla luce, nel senso letterale del termine, liberandolo dalla folta vegetazione che per anni lo aveva ricoperto. Un “lavoro” che Giuseppe Moca che gli amici chiamano Peppino ha deciso di intraprendere verso la fine degli anni ’80 per ridare vita e un futuro a un sentiero allora abbandonato da oltre trent’anni. “Fino ai primi anni ’50 i terreni qui erano tutti coltivati” spiega Giuseppe iniziando con la memoria un altro viaggio fatto di pensieri ed emozioni che come ombre seguono i passi lenti sul sentiero battuto dal sole. “C’erano piante di frutta, ortaggi e ulivi che i contadini coltivavano con la tecnica del terrazzamento” continua Peppino fermandosi per indicare il pendio che dal sentiero scende fino a un grande spiazzo la cui vista è bella da togliere il fiato.

Un panorama che non ti aspetti sul sentiero delle Uccole, con il Morrone sullo sfondo a fare da cornice a un quadro dove la strada che sale verso Molina sembra un tratto di pennello su una tela. Una bellezza un tempo arricchita dalle coltivazioni terrazzate oggi scomparse perché, prosegue Giuseppe “la forte emigrazione del secondo dopo guerra ha fatto scomparire gran parte della forza lavoro”, compresi i suoi fratelli che emigrati in cerca di fortuna lasciarono il padre ad occuparsi da solo delle proprietà. Alcune lungo il sentiero delle Uccole che i Moca come tanti altri contadini a piedi o sui carri percorrevano per andare a mettere l’acqua facendola scorrere attraverso le uccole, cioè boccole di irrigazione, aperture che permettevano all’acqua di defluire verso i terreni sottostanti il canale e che ancora oggi identificano il sentiero.

Un percorso lungo circa 5 km e 700 m, come spiega lui stesso indicando l’acquedotto risalente all’epoca romana che il sentiero costeggia, un’opera pensata per l’approvvigionamento idrico non solo di Raiano ma anche dell’antica Corfinium. E che nei secoli ha conservato la sua funzione fino a quando, negli anni ’90, l’acqua ha smesso di scorrere e il sentiero delle uccole è passato dalla gestione del Consorzio di bonifica alla competenza della Riserva. Passaggi burocratici che lungi dal valorizzare una risorsa del territorio ne hanno di fatto decretato l’abbandono. “Nonostante io fossi andato lì – ricorda Giuseppe Moca – prima della costituzione della Riserva per ripulire il sentiero dove ancora oggi sono visibili le antiche uccole”. Due anni di ripulitura realizzata a colpi di seghetto e forbici da potatura con cui Peppino ha tagliato tutto quello che ostruiva il passaggio; giorni e giorni trascorsi ad estirpare piante e rovi selvatici, addentrandosi in una vegetazione cresciuta a dismisura con il rischio anche di sbagliare strada, come spiega lui stesso ricordando Nino Ruscitti ed Ezio Tronca, due amici che con lui hanno condiviso quell’avventura.

Ricordi che ci accompagnano lungo il tratto di sentiero che costeggia la ferrovia, interamente realizzato da Giuseppe e i suoi amici, fino allo sperone dove si trova la lapide a Umberto Postiglione insieme a quattro cipressi piantati lì per espressa volontà dello scrittore e poeta anarchico raianese. “In realtà dovevano essere tre ma ne avevano portato uno in più e così ne piantarono quattro” spiega Giuseppe le cui nozioni storiche si mescolano ad aneddoti e storie di altri tempi.

E con la vista della chiesa di San Venanzio percorsa dalle acque dell’Aterno termina la nostra passeggiata sul sentiero delle Uccole, uno straordinario percorso tra storia e natura che Giuseppe Moca sogna di tornare a vedere con gli occhi di quando era bambino e, al grido del padre, apriva e chiudeva “la sua uccola”. Un passato dal quale costruire il futuro di un sentiero che Giuseppe per primo ha voluto restituire alla comunità con la speranza che qualcuno seguendo il suo esempio renda giustizia al sentiero delle uccole.

Elisa Pizzoferrato

2 Commenti su "I segreti delle Uccole"

  1. Brava Elisa, articolo conciso ma completo ed attrattivo. Suggerisco di geolocalizzare con maggior precisione, a favore di chi non conosce il nostro territorio

  2. se volete lo facciamo noi

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