La linea tagliafuoco

 

La vera linea tagliafuoco è ora, ad incendio domato, la coscienza civica di un territorio che si è sentito violentato nell’intimo. L’attacco al Morrone e alle altre montagne dell’Abruzzo è qualcosa che va oltre il disastro ambientale, la vegetazione bruciata, gli animali in fuga. E’ una violenza all’identità degli abruzzesi e dei peligni, una provocazione ad un popolo capace di lunghi silenzi e sottomissioni, ma anche di reazioni dure e decise. Forte, gentile, ma anche cocciuto. La piazza piena per discutere e preparare la lotta, le strette di mano trasversali alla politica e ai partiti, la ricerca caparbia di atti e documenti, il controllo sociale e quello giudiziario: un porta a porta della legalità che forse sarà capace di fermare l’avanzata degli affari delle fiamme o che comunque, questa avanzata, la renderà difficile. Una reazione così, da parte dei cittadini e delle istituzioni locali, che in blocco si sono opposti a qualsiasi forma di rimboschimento, forse, non se l’aspettava neanche la politica, con l’assessore regionale alle Aree interne Andrea Gerosolimo costretto a rimangiarsi gli annunci di deroghe legislative fatti lo stesso giorno dell’innesco e con il presidente D’Alfonso, anche lui crociata della prima ora del rimboschimento in deroga, messo in un angolo, presidiato fuori dal Palazzo, a concentrarsi, ora, più sulle bonifiche e la messa in sicurezza della montagna e dei territori. Di rimboschimento, insomma, al momento non parla più nessuno: non c’è concime per la criminalità, anche a costo di vedersi sfilare sotto gli occhi centinaia di milioni di euro di fondi pubblici. Il Morrone e le altre montagne si rivestiranno da sole. C’è una cosa che insegna questa terra cruda d’Abruzzo, che rende abruzzesi: un rapporto ancestrale di fiducia e rispetto per la natura. Perché è con la terra e con la natura che sono cresciuti i nostri avi, pastori e contadini. C’è di diverso in questo incendio, rispetto agli inquinamenti dei mari e dei fiumi, alle discariche tossiche e alle cementificazioni dei paesaggi, che pure per decenni ci hanno impestato e ci impestano, la violenza di quelle fiamme. La forza evocativa di un attacco di guerra a cui, dall’indipendenza da Roma ai tempi di Quinto Poppedio Silone, fino alla Resistenza partigiana della Brigata Majella, la nostra gente ha sempre risposto a viso aperto.

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