Petrolio dal fiume Arolle, un curioso e preoccupante fenomeno

Un fenomeno curioso e al contempo preoccupante è quello che interessa Tocco da Casauria con il fiume Arolle che nei fatti sputa fuori petrolio. Il fatto è stato portato alla luce dalla Stazione Ornitologica Abruzzese, il 5 maggio scorso a seguito di un sopralluogo e in concomitanza di un forte temporale lo sversamento si è fatto più copioso. Un fatto naturale con tutta probabilità ma al quale potrebbe aggiungersi una buona dose di mano umana. Al fenomeno che potrebbe avere origini geologiche, infatti, si aggiunge l’esistenza di diversi pozzi in una zona che la Soa descrive “ristretta”.

Pensare che nel 2017 l’Arta aveva rilevato la presenza nel fiume Pescara macchie e un picco di ben 7.000 microgrammi/litro di idrocarburi. Insomma una questione che, qualsiasi sia l’origine, andrebbe in parte mitigata per evitare quantomeno lo sversamento di tale sostanza fino al mare. A proposito l’associazione si è già attivata inviando una lettera, la seconda, alla Regione Abruzzo. Durante il sopralluogo la situazione è apparsa in tutta la sua delicatezza. “Immagini terribili” raccontano dalla Soa che testimoniano come la sostanza galleggiava nell’acqua “fino addirittura a sporcare le foglie delle chiome degli alberi della vegetazione ripariale!”. “Un girone dantesco” quello che poi si è aperto agli occhi l’indomani con vere e proprie pozze di idrocarburi lungo l’asta fluviale. “Un fortissimo e penetrante odore di idrocarburi si spandeva nell’aria- racconta Augusto De Sanctis- e dopo una quindicina di minuti ci siamo dovuti allontanare a causa della nausea. Nel frattempo dopo la prima lettera della Soa gli enti si stanno muovendo e stanno uscendo particolari significativi del livello di contaminazione causato da questo fenomeno” aggiunge.

La sezione acque della Regione ha così chiesto all’Arta di attivare un percorso per arginare in parte la situazione perché  “l’acqua del Pescara viene usata anche per l’irrigazione” ricorda ancora la Soa che nell’ultima lettera agli enti ha sollevato l’importanza di immediati provvedimenti “per mitigare il fenomeno e l’esposizione della popolazione a pericolosi contaminanti, in attesa di approfondimenti relativi alla piena naturalità dello stesso o al contributo che può aver comportato l’intervento umano negli ultimi 150 anni con la realizzazione di scavi e pozzi nell’area. Certo fa pensare che in questi anni non si sia fatto nulla per tamponare sversamenti di questa portata” conclude De Sanctis.

Come anticipato, tuttavia, il fenomeno potrebbe interessare gli studiosi per comprendere diversi aspetti naturali dello stesso: dal capire quale tipo di fauna e flora possano insistere nell’area e in quale misura i pozzi presenti, e con tutta probabilità privi della sicurezza necessaria, possano aver influito.

Simona Pace

 

 

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