Il ricatto del lavoro, assolti i gestori del Manhattan dall’accusa di estorsione

Erano accusati di aver costretto i propri dipendenti, con la minaccia del licenziamento e contando sulla scarsa offerta di lavoro nella Valle Peligna, ad accettare orari e condizioni di lavoro antisindacali. Paghe misere in cambio di sei-otto ore di lavoro, contributi non versati e la presunta firma di documenti in bianco che, nei fatti, disponevano del destino dei lavoratori stessi.
Non una semplice causa di lavoro, insomma, ma una vera e propria estorsione, secondo la procura della Repubblica di Sulmona che ieri ha portato in giudizio Maurizio Zaccardi e Rossella Testa, rispettivamente amministratore unico e direttrice dell’albergo Manhattan di Sulmona.
Una causa penale dalla quale, tuttavia, entrambi gli imputati sono usciti assolti dopo il rito abbreviato davanti giudice per le udienze preliminari Giovanna Bilò.
La formula di assoluzione, spiegano i legali dei due, rispettivamente Andrea Liberatore e Giandomenico Morra, “è piena e senza equivoci. Nel corso del processo non è stato infatti dimostrata alcuna azione estortiva e dei presunti documenti firmati in bianco non c’è traccia, nonostante al Manhattan si siano susseguite una serie di perquisizioni da parte della guardia di finanza”.
In particolare i tre dipendenti che avevano denunciato lo sfruttamento avevano presentato un conto, per il lavoro svolto tra il 2010 e il 2012, di quasi 80mila euro, tra salari non percepiti e contributi non versati.
Sulla vicenda è ancora in corso per due dei tre una causa civile, mentre per una delle dipendenti si è chiuso con il riconoscimento di un risarcimento di poco più di 600 euro dovute.
“Ma una cosa sono le legittime rivendicazioni sindacali – aggiunge l’avvocato Liberatore – altro è il reato di estorsione”.

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