Ritorno alla Fonte

Ci piace credere che il panettiere non faccia solo pane nelle lunghe notti davanti ai forni, ma prepari del cibo; che il dipendente pubblico non pensi solo al cartellino da timbrare, ma al servizio che offre; che l’imprenditore non pensi solo ai guadagni, ma a produrre lavoro. Ci piace pensare, in questi difficili giorni per il Paese, tra veti incrociati e voti annunciati, con la Borsa in discesa e lo spread in salita, con l’odio violento che la Rete alimenta e amplifica, che da qualche parte, nei gesti del quotidiano, del lavoro e della vita, ci siano ancora e si ritrovino le ragioni di una comunità. Che cerca di aiutarsi e stare insieme, più che sopravvivere e scamparla. Come organo di informazione non abbiamo mai avuto dubbi sul senso delle nostre “pagnotte”, del nostro servizio, del nostro lavoro. Convinti che in-formare sia anche e soprattutto dare forma alla comunità a cui ci rivolgiamo. Non solo parole e immagini, insomma, non solo titoli e corsivi, ma anche quello sforzo in più che sappia dare profumo al pane, senso al servizio, lavoro a chi non ce l’ha. Per questo domenica prossima abbiamo organizzato il “Ritorno alla Fonte”: una giornata tra natura, chiacchiere e buona cucina, verso e fino a quella Fonte, Fonte Romana, che nelle scorse settimane è stata il simbolo di una comunità dimenticata, tagliata fuori dai servizi essenziali come quelli delle strade di comunicazione. Ci metteremo in marcia, insieme, per chi vorrà camminare, da quei blocchi che a Pacentro hanno segnato l’inizio della rivolta e raggiungeremo il ristorante rifugio di Francesco De Chellis, il giovane ingegnere che ha lasciato il suo lavoro per tornare nella sua comunità e che per affermare un sacrosanto diritto, che è diritto di tutti i cittadini persino delle aree interne, non ha esitato a fare cento ore di digiuno, sotto la pioggia e al freddo di quella strada chiusa da anni. Sarà l’occasione per far recuperare a Francesco un po’ degli incassi negatigli dalla cattiva amministrazione (diciassette giorni di chiusura forzata della sua attività) e per noi tutti un modo di guardarsi negli occhi, per conoscere il patrimonio naturale che ci circonda, per parlare di aree interne e resilienza. Per capire quale direzione prendere e su chi contare lungo il cammino, che a volte ci sembra troppo duro e altre così bello.

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