Strage di alberi, mistero in Riserva

Sullo “strano” caso del taglio alberi avvenuto giorni fa lungo le Gole di San Venanzio a volerci vedere chiaro è l’associazione Stazione Ornitologica Abruzzese Onlus che aveva denunciato l’accaduto e che ora ha richiesto l’accesso agli atti alla Regione. Che qualcosa non è filato come doveva, d’altronde, lo lascia pensare anche l’alt del Parco Sirente Velino arrivato, in realtà, un pò in ritardo, quando cioè il tagliabile era già stato tagliato. Parco che, nonostante la convocazione (il 2 gennaio per il 5) di un incontro tra tutte le parti interessate non si è presentato né ha risposto alla Regione che l’11 gennaio gli comunicava (e anche alla forestale) l’inizio dei lavori da parte della ditta Zappa di Sulmona per 55mila euro. Questo stando alla versione del Genio civile regionale, ben diversa da quella del Parco che nella sua di nota dice di non aver mai ricevuto comunicazioni e che “non è pervenuta alcuna richiesta per il rilascio del parere di competenza”. Dunque il blocco è arrivato a caso scoppiato, quando la Onlus aveva pubblicamente denunciato il taglio sollevandone la presunta “illegittimità”, facendo sospendere immediatamente i lavori e intimando, inoltre,  “la riduzione in pristino e la ricostituzione di specie vegetali, a spese del trasgressore”, la Regione in questo caso. Mica facile.

La procedura era stata intrapresa dal Genio civile regionale, a seguito di una richiesta della Rete Ferroviaria Italiana che denunciava la pericolosità di alcuni alberi troppo vicini alle rotaie. Il 21 dicembre scorso è scattato il sopralluogo degli uffici regionali dove si è stabilito che “l’effettiva presenza di numerose piante di alto fusto, situate sulle rive del fiume la cui caduta avrebbe potuto costituire grave pregiudizio per la sicurezza dell’esercizio ferroviario”. Non solo.  Che bisognava salvaguardare il “regime idraulico del fiume” e tagliare anche dal lato della strada statale 5, sopraelevata, ma a rischio anch’essa. Una “tabula rasa” su tutto che secondo l’associazione poteva essere evitato, quanto meno salvando i piccoli arbusti di qualche centimetro giusto per assicurare l’ecosistema e un futuro. “A questo punto – ironizza per la Onlus Augusto De Sanctis – bisognerebbe tagliare tutti gli alberi nei cui boschi passano strade”. Ciò non è stato, ma le contestazioni si ampliano ulteriormente perchè sembra che gli alberi depezzati siano stati tutt’altro che “secchi”, come sostenuto anche dal sindaco di Molina, Luigi Fasciani, che chiama dalla sua una relazione del Genio che lo attesterebbe. Dalle foto degli ambientalisti, invece, i resti degli alberi risultano sani e quindi non proprio a rischio caduta come poteva essere nel caso di fusti secchi o parzialmente marci, l’unico caso, insomma, in cui una pianta può dirsi potenzialmente davvero pericolosa.

Dunque il 27 dicembre scorso veniva dichiarata nei fatti “un’emergenza” con l’autorizzazione al taglio attraverso la procedura di “somma urgenza”, che secondo il codice degli appalti prevede l’affidamento diretto del lavoro avvenuto  su entrambe le sponde, quella della linea ferroviaria ricadente nel comune di Castelvecchio, quella di fronte parte di Molina. Così il 5 gennaio le parti in causa si sono riunite. A presentarsi sono stati solo i sindaci dei due Comuni interessati ed il tecnico comunale di Molina, nessun altro. I primi cittadini dal canto loro hanno fornito i nulla osta necessari all’intervento. L’11 c’è stata poi la comunicazione per l’inizio dei lavori sia alla forestale che al Parco, ma ancora niente, nessuna risposta ufficiale. Via al verbale di affidamento dei lavori e il taglio, senza indicare neanche l’area cantieristica, con opportuna cartellonistica, per il principio della sicurezza e trasparenza. Bloccati i lavori (nei fatti solo la rimozione dei “rifiuti”), il Genio ne ha chiesto ora lo sblocco per smaltire definitivamente quella legna rimasta lì ben divisa in pezzi grandi e piccoli. “Avevo chiesto di darne l’uso alla popolazione, ma mi è stato risposto che non è possibile” ha affermato Fasciani.

A cose fatte non resta per la Onlus che contestare diversi aspetti di questa operazione che, secondo gli esperti, se proprio proprio si doveva fare poteva essere fatta diversamente, attraverso la potatura della chioma ad esempio, lì dove gli alberi sani servono a mantenere argini (che hanno fortemente risentito del lavoro), sedi stradali e ferroviarie. Salici, pioppi, frassini, olmi, sambuchi, robinie e noci hanno avuto la peggio. Una “manutenzione ordinaria” era quella che si doveva operare negli anni e non arrivare alla “somma urgenza che si fonda sull’imprevedibilità” dove è vero che si va in deroga a diverse normative come quelle sugli appalti, sottolinea De Sanctis,  ma non a tutte quelle che regolano le zone ad interesse comunitario, come è appunto quell’area. Nello “strano” caso rientra, infine, anche il Dipartimento regionale politiche dello sviluppo rurale  e della pesca il cui servizio territoriale per l’agricoltura conferma di non aver ricevuto comunicazioni né, quindi, di non aver mai attivato alcun procedimento istruttorio.

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