Ancora crisi: in Abruzzo sparite 2.435 imprese in due anni

Doveva essere la “regione facile”, quella governata da Luciano D’Alfonso. Facile per le imprese investire, produrre, insediarsi o nascere in Abruzzo, invece la realtà dei dati racconta tutta un’altra storia. Come emerge dal rapporto dell’economista sulmonese Aldo Ronci, fra il 2014 e il 2016 la nostra regione ha perso 2.435 imprese (– 1,87%, contro lo 0,77% a livello nazionale). Al 31.12.2013 in Abruzzo si contavano 129.488 imprese, al 31.12.2016 solo 127.063. La variazione cambia da provincia a provincia, in positivo solo Pescara +385, mentre Chieti -1.092, Teramo -1.082 e L’Aquila -636 sono in negativo.

Anche la dinamica settoriale delle imprese mostra trend in contrasto fra loro, perdono infatti unità il settori delle costruzioni -1.516, dell’agricoltura -1449, del commercio -487 e dell’industria -426, mentre nascono nuove imprese nelle attività ricettive +243, nei servizi alle imprese +470 e negli altri servizi +700. A livello provinciale poi le attività economiche si distribuiscono in maniera disomogenea. L’agricoltura perde pericolosamente unità a Chieti -700, le costruzioni diminuiscono più Teramo -526 che altrove. Le attività ricettive crescono sensibilmente a Pescara +143, i servizi alle imprese a Teramo +149 e gli altri servizi a Pescara +343. Il commercio cresce in provincia di Pescara +195 mentre flette nelle altre tre province con un picco a Teramo -292.

Secondo il report di Ronci, che si basa sui dati di movimprese.it, “La ripartizione percentuale delle imprese tra le attività economiche nelle province abruzzesi è molto disomogenea.
La provincia di Chieti si caratterizza per un’alta percentuale di imprese dedite all’agricoltura 32%, più che doppia rispetto a quella media nazionale (15%). La provincia di Pescara si contraddistingue per un’alta percentuale di imprese che esercitano attività commerciali 31% contro il 27% italiano.
La provincia di Teramo, invece, presenta una quota di imprese più alta nei settori dell’industria 13% contro il 10% e dell’agricoltura 19% a fronte del 15%. La provincia dell’Aquila, infine, si caratterizza per avere percentuali superiori a quelle medie nazionali nei settori delle costruzioni 19% contro il 15% e delle attività ricettive 10% a fronte del 7%”.

Fra le conclusioni il professore è critico, sottolineando il grave stato di crisi che l’economia abruzzese sta vivendo: “il sistema produttivo abruzzese ha bisogno di cambiare passo e ciò può avvenire soltanto se si riesce a migliorare la competitività delle imprese (in particolare delle micro-imprese) e l’intervento della Regione Abruzzo più importante ed efficace in questo senso deve orientarsi nella messa a disposizione di servizi e risorse capaci di attivare innovazioni”.

S.M.

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