Aziende manifatturiere, il rapporto su crescita e digitalizzazione in Abruzzo

Un’intervista rivolta a 201 aziende (con almeno 10 addetti) del settore manifatturiero in Abruzzo dimostrerebbe la buona riuscita della collaborazione in atto tra Confidustria e Cresa. “Segnali di ripresa”, un andamento migliore rispetto alla media nazionale, e “necessità di interventi concreti – afferma il Presidente di Confindustria Abruzzo, Agostino Ballone – per modernizzare le nostre imprese e per adeguare l’impianto istituzionale ed amministrativo, la rete infrastrutturale materiale ed immateriale ed il sistema formativo”.

Rispetto al 2017, il 2018 fa registrare diffusi aumenti intorno al 3% dei principali indicatori; la produzione mette a segno un +3,3%, il fatturato un +3,4%, l’export un +3,1% e gli ordini esteri un +3,6%, più debole la crescita degli ordini interni (+0,5%) e dell’occupazione (+2,2%).

Se le piccole imprese (10-49 addetti) si muovono su percentuali positivi, la stessa cosa non vale per le medie (50-249 addetti) con una crescita strutturale degli indicatori inferiore alla media regionale. Bene le grandi imprese (250 addetti e più) soprattutto sul mercato internazionale raggiungono il 5%, ma vanno giù di 0,5% su quello nazionale.

Il resoconto provinciale vede Pescara in testa ( 9% di produzione, fatturato e ordini interni e di quasi di quasi il 5% dell’occupazione); Chieti (4-5% di produzione e 2% dell’occupazione); Teramo, presenta, ad eccezione dell’occupazione, variazioni inferiori alla media regionale e qualche criticità sotto il profilo delle performance con l’estero; all’ultimo posto c’è L’Aquila.

L’intervista condotta da Cresa si è soffermata anche sull’innovazione digitale su 185 imprese con almeno 10 addetti aventi sede nella regione Abruzzo. In questo senso i dati sono scoraggianti, solo il 48,6% ha introdotto processi digitali al suo interno. Ciò dimostra la scarsa propensione Wad innovare il proprio modello organizzativo – si legge nel rapporto – si rileva che del 51,4% di imprese che non hanno adottato processi digitali, la stragrande maggioranza (91,4%) non lo ha fatto per mancanza di interesse e solo il 7,5% ha addotto quale motivazione la carenza di risorse umane o finanziarie”. Ciò non vale in quei settori dove si lavora a stretto braccio con la tecnologia dove la sensibilità aumenta anche in base alla dimensione aziendale.

Quel poco di digitalizzazione dei processi è avvenuta nella fasi di produzione, il 26% nella progettazione, il 9% negli acquisti, l’8% nella logistica e il 2% nella qualità. Tra le aziende campione, infine, il 68% no ha intenzione di investire nella digitalizzazione, mentre il 16,8% ha intenzione di lavorare in futuro sull’organizzazione aziendale, un 4,9% sulla formazione e aggiornamento delle risorse umane, un 3,8% sul marketing e sui macchinari di produzione interconnessi, un 2,2% sulla cyber security e un 1,1% sulla manutenzione predittiva.

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