“Per fare un albero, ci vuole il soldo” . E’ netto e chiaro il messaggio del Comitato “Terra” che torna sugli incendi di agosto e sulle azioni da intraprendere.
Il gruppo fa sapere di riconoscere lo sforzo operato dal Comune di Pratola per cercare di tamponare la situazione emergenziale del post-incendio, ma esprime seri dubbi sull’efficacia delle manovre messe in campo. Il comitato specifica, nella lettera sottoscritta dai Comuni si chiede alla Regione di aprire le porte dei finanziamenti previsti da alcune misure forestali del PSR (in particolar modo la 8.3 il cui bando è appena uscito) anche ai Comuni che non si sono dotati di un Piano di Gestione Forestale (requisito necessario per l’accesso al bando con lo scopo di non far tornare indietro i fondi messi in campo dall’UE, ai quali ad oggi potrebbero accedere solo quei pochi Comuni in Abruzzo che si sono dotati di un PGF) “si chiede la possibilità di agire in deroga a norme di buon senso che, se esistono, un motivo ci sarà”. Una strategia che appare “inconsistente da un punto di vista formale, essendo il PSR legato ad una regolamentazione comunitaria e quindi non di giurisdizione esclusivamente regionale” e aggiungono come la richiesta di una deroga normativa non strettamente necessaria vanifica il concetto stesso di diritto, “che diviene così non universale ma personalistico”
Insomma alla base della gestione sostenibile dei patrimoni boschivi della regione cuore verde d’Europa ci sono (in teoria) gli strumenti di pianificazione come appunto il Piano di Gestione Forestale. “Peccato che ad oggi – sottolineano – siano pochissimi i comuni abruzzesi che ne possiedono uno vigente, e che invece di cercare negli anni un sostegno per ottemperare agli obblighi di legge, si trovi come sempre la scusa per agire in deroga”.
Ritengono poi ancora più preoccupante ciò che la misura 8.3 permetta di finanziare: una serie di interventi, prevenzione e non recupero delle aree percorse da incendio “che potrebbero scatenare mire lucrative nei confronti della biomassa parzialmente o totalmente danneggiata dalle fiamme”. Dunque, per il Comitato qualsiasi opera di rimozione di biomassa in un’area incendiata può rappresentare un opportunità di business per le aziende che trafficano con questi prodotti forestali.
Solo un mese fa è stata presentata alla regione Abruzzo la “Carta per la Lotta agli Incendi boschivi”, documento sottoscritto da numerose organizzazioni scientifiche (tra cui Università della Tuscia di Viterbo, Sabina Universitas di Rieti, Società italiana per il restauro forestale, Società italiana di scienze della montagna, Centro italiano studi e documentazione sugli abeti mediterranei), che oltre a ribadire l’inadempienza delle amministrazioni nel dotarsi di Pgf, afferma chiaramente che “la biomassa parzialmente combusta non va ceduta in nessun caso a fini lucrativi (es. all’industria della produzione energetica da biomasse) – e che – la necromassa parzialmente combusta (tronchi, ramaglie), va riutilizzata in loco al fine di realizzare interventi stabilizzanti del suolo (briglie in legname e palizzate), lasciando ceppi di tronchi di alberi e di arbusti che presentano ancora le necessarie capacità di ancoraggio al substrato, in funzione di pali” in cui si ammette la realizzazione di opere di ingegneria naturalistica purché non si asporti in nessun modo biomassa dal bosco.
Proprio per questo invitano le amministrazioni, in virtù dell’interesse del territorio, a concentrarsi e dotarsi degli strumenti necessari a razionalizzare la gestione del patrimonio forestale, partendo da un Piano di Gestione Forestale come previsto dalla legge, “sarebbe auspicabile l’avvio di un vero e proprio processo partecipativo per la protezione del nostro patrimonio ambientale, visto come sia sempre più evidente in molti casi l’inadeguatezza di chi è chiamato a proteggere il territorio (vedi l’impasse istituzionale ad ogni livello e su ogni territorio durante l’emergenza incendi, e vedi i recenti tagli illegali di alberi lungo il Fiume Aterno nel territorio del Parco Sirente-Velino)”. Un messaggio che si conclude ancora più diretto all’obiettivo, “necessario e ragionevole che l’azione politica abbia come scopo la salvaguardia del Bene Comune e non interessi privatistici (o elettorali) come potrebbe accadere se la Regione accettasse le richieste dei comuni firmatari della lettera in questione”.
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