I fiori del partigiano

Una nutrita delegazione di Sulmona (istituzionale e non) si è recata ieri a Montecarotto, in provincia di Ancona, per commemorare la battaglia che 80 anni fa liberò quella città e che vide protagonista la Brigata Maiella. Una battaglia cui la Valle Peligna sacrificò due suoi figli: Amleto Contucci (di Sulmona) e Renzo Sciore (originario di Villalago). Una cerimonia speciale, che ha assunto un valore speciale in questi ultimi convulsi giorni di polemiche politiche e mediatiche, caratterizzate dalla vicenda dello scrittore Antonio Scurati, il cui monologo sull’antifascismo è stato censurato dalla Rai poco prima di andare in onda. Una ferita inferta alla libertà di informazione e di espressione, che ha scosso le coscienze di tutti i democratici e dei giornalisti, a partire da quelli Usigrai che da ieri hanno avviato l’operazione “dissociazione” che culminerà dopodomani in uno sciopero.

Le posizioni sulla vicenda, che maldestramente la presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni ha cercato di ammantare in una controversia contrattuale, possono essere e sono diverse. Che ci sia un rischio o peggio un’emergenza nella libertà di stampa in Italia o che la lottizzazione della Rai abbia assunto toni estremi, è terreno di scontro e di confronto. Di legittimi dubbi e recriminazione del “è stato sempre così”. Vero è, però, che anche nella stampa di provincia, si respira un’aria di revisionismo che inquieta: qualche settimana fa, per fare un esempio che ci ha visti direttamente coinvolti, un’addetta alle comunicazioni del Parco Maiella ci ha chiesto di togliere il termine “partigiani” da un articolo riferito al cammino dall’ente ideato lungo la Linea Gustav (correzione che ci siamo rifiutati di fare) perché qualcuno, presumibilmente un sindaco, si era lamentato e aveva rivendicato che il Cammino restasse “apolitico”.

Su una cosa, però, lo scontro tra gli italiani non dovrebbe neanche affacciarsi nel dibattito e cioè sulla consapevolezza che l’antifascismo – questa parola così difficile da pronunciare per una certa destra – sia alla base del patto democratico degli Italiani. Lo dice la Costituzione (nel suo insieme e nella dodicesima disposizione finale), che forse non è la Bibbia, ma è un testo per cambiare il quale sono necessari precisi passaggi parlamentari e di consultazione popolare: regole che non possono essere piegate ad una “linea editoriale”, tanto meno nel servizio pubblico.

Perché dietro quella parola non c’è – solo – una diatriba di potere, una rivalità politica, ma la storia di tanti Italiani che per pronunciarla hanno dato la vita, spesso donando alla causa il loro unico bene. Lo dobbiamo a persone come Renzo Sciore e Amleto Contucci, i cui familiari, ieri, erano in prima fila in quel commosso ricordo di una persona oggi assunta a memoria collettiva, ma a cui è stata negata la memoria intima e familiare. Le ninne nanne da cantare ai figli e ai nipoti, il regalo da scartare sotto l’albero, la domenica di Pasqua a piazza Garibaldi.

“Mio nonno è morto il 27 luglio del 1944 a Montecarotto a 35 anni a causa di una bomba sganciata dai Tedeschi, lasciando una famiglia nella povertà assoluta – commenta Simona Contucci, oggi sindaca di Montenero – con tre figli piccoli, tra cui mio padre che aveva solo un anno. Mia nonna Giovanna perse in quaranta giorni padre e marito, iniziò a lavorare e con il primo stipendio pagò il funerale di mio nonno. Nonno Amleto si arruolò volontariamente nella Brigata Maiella, poteva fare un’altra scelta, del resto Sulmona era stata liberata e nonno aveva una zoppia ad una gamba causata da un incidente sul lavoro. Decise però di partire lo stesso. Abbiamo vissuto sempre con grande riservatezza la sua storia per precisa volontà della moglie, ma allo stesso tempo a noi nipoti e ai figli ha lasciato un’eredità inestimabile. Mantenere vivo il ricordo di un uomo semplice che ha pagato con la vita la voglia di contribuire a liberare l’Italia dal regime è un dovere nostro e non solo nostro”.

“Eredito da lui il cognome che ho voluto dare anche a mio figlio Jacopo per non dimenticare e la grande passione per la politica che mi ha portata dopo una lunga gavetta a diventare sindaca di Montenero – continua Simona Contucci -. Il patrimonio che ci ha lasciato la Brigata Maiella è universale e va al di là degli steccati ideologici: oggi il confronto, il contraddittorio, la libertà di espressione sono principi sacrosanti del nostro ordinamento e sono tali grazie al sacrificio di questi uomini che con umiltà e senso del dovere hanno cambiato le sorti dell’Italia. E se fosse da rifare faremmo lo stesso cammino”.

3 Commenti su "I fiori del partigiano"

  1. Condivido parola per parola, la Storia è Storia, non si dimentica

  2. Democrazia e libertà | 22 Aprile 2024 at 14:13 | Rispondi

    Condivido in pieno.
    Sicché il 25 Aprile continueremo con entusiasmo a ringraziare chi scelse di stare dalla “parte” giusta della storia.

  3. Condivido pienamente. Bisogna ricordare e onorare.

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