I versi bucolici di Carmine Valentino Mosesso e le foto di Andrea Calvano sono stati i protagonisti della puntata della trasmissione Geo, andata in onda venerdì 12 gennaio su Raitre. Il poeta-pastore nato e ritornato a Castel del Giudice, in Molise, dove ha fondato l’azienda agricola del territorio, Dentroterra, conciliando il suo mestiere con la stesura dei propri componimenti. La storia di Carmine, già raccontata del Germe lo scorso luglio, è quella narrata davanti alle telecamere del programma di Sveva Sagramola ed Emanuele Biggi. Una storia fatta di ritorni in uno schema metrico, sfidando un mondo che ha deciso di lasciare dietro di sé il sentimento poetico e il microuniverso dei borghi.
“Scendendo verso Roma – ha spiegato Mosesso – ho risfogliato con gli occhi gli ultimi cinquant’anni della nostra penisola. L’ho fatto partendo dalle campagne molisane, dove c’erano questi paesi arroccati, fermi lì come lo erano un tempo. E poi ho visto gli animali, come un panno sulle montagne. Come a volerle pulire. E poi pian piano sono risceso verso la capitale. Lì dove è iniziato il boom economico. In quegli anni c’è stata una grande rimozione di quello che fu il mondo precedente. Ed è quello che sta accadendo anche oggi con i borghi. Ecco perché restare è una scelta sia politica e sia vita”.
E mentre Carmine Valentino spiega la differenza tra borghi e paesi, sullo sfondo sfilano gli scatti del fotografo raianese Andrea Calvano, che di Mosesso e della sua storia ha catturato l’essenza.
“La differenza tra borghi e paesi? I paesi sono una cosa più complessa e stratificata nella storia. Io vivo in un paese. Il paese ha storia millenaria. Mette insieme lingue, tradizioni, identità e ricostruzioni continue. Questa dei borghi è una meravigliosa occasione per tutta l’Italia, perché i borghi rappresentano il tessuto di questa nazione”.
“Spero di essere il primo di una lunga stagione e rinnovare questo mestiere di pastore – auspica Mosesso -. La sfida è quella di partire dal margine con una animale che per molti anni è stato marginale, la capra. Per molti secoli è stata bistrattata. La chiamano ancora la vacca dei poveri. Pensate che durante il Regno d’Italia vennero messe al bando perché attaccavano i germogli più giovani dei boschi e compromettevano la produzione industriale di carbone. Ora vanno reinquadrate e messe al centro. Qualcosa si sta già muovendo. Penso al latte di capra che ha scoperto una rinnovata fortuna”.
“La presenza degli animali e di un pastore in paese è tenere in vita qualcosa di antico – sottolinea -, degli insegnamenti, un approccio. E’ come mettersi al cospetto della vita tutta. Quasi della vita del creato. E’ una vibrazione difficile da spiegare. Ecco perché prima di una scelta politica c’è una scelta di vita, quasi una necessità. Nel “Mondo dei vinti” di Nuto Revelli c’è una bellissima frase: forse le montagne torneranno a vivere dopo grossa catastrofe. Perché l’industria ci ha rubato le energie migliori, ci ha rubato i giovani. Ecco, secondo me forse quel momento è arrivato, viste le crisi climatiche”.
“C’è un bel ritorno in questi anni – conclude Mosesso -. Ci sono persone che iniziano a risalire sui monti. In Abruzzo e Molise ci sono esempi virtuosi come Gagliano Aterno. Ci sono ragazzi impegnati in questa lotta, che non è solo politica ma appartiene proprio a un’epoca. La ridisegna, perché sembrava ormai lontana la vita dei paesi e dei luoghi remoti nell’immaginario. E invece iniziano ad essere più vivi che in altri luoghi più affollati”.
E’ in fondo l’eterna contrapposizione Urbanistica tra Città e Campagna esistita fin dal tempo degli antichi romani. Nel corso dei secoli ci sono state emigrazioni a volte verso la città, a volte verso la campagna. E’ con l’industrializzazione del 1800 che si sono avuti i primi grandi spostamenti continuati almeno fino a metà ‘900. In seguito alla meccanizzazione della produzione e alla diminuzione degli occupati in agricoltura e con l’aumento del terziario anch’esso concentrato nelle città lo spostamento non è diminuito.
La Città continua ad essere centro multiculturale, sede di tanti servizi nonché di maggiori occasioni di lavoro che i piccoli paesi non hanno, più dinamica, e che la fanno certamente più gettonata dai giovani, ma nello stesso tempo è più costosa se hai casa in affitto; molte stanno diventando vere bombe sociali, proliferano di delinquenza e di bande minorili per un eccesso di immigrazione dall’estero.
Alcuni trovano nei paesi un ritorno ad un certo equilibrio nel rapporto con la natura ed ai suoi tempi più lenti ed umani. Un ritorno, se vi è stato, è dovuto credo proprio a questo ma anche ad una vita economicamente più sostenibile e con meno delinquenza, quindi più sicura.
L’eterno difetto del paese rimarrà sempre la lingua, quell’arma affilata a due lame con cui troppo spesso si viene condannati, continuamente additati, presi di mira e spesso distrutti ad ogni passo fatto sul suolo pubblico, e nelle proprie attività.
Abruzzo e Molise sono territori molto simili e ben vengano ragazzi che si danno da fare e che hanno idee, ma io vedo solo un forte spopolamento in atto e lo si vede benissimo nelle scuole come quelle del mio paese dove gli alunni sono la metà di quelli che erano 40 anni fa e non è certo un problema di nascite ma di giovani andati via.
Non credo poi al “mondo dei vinti” di Nuto Revelli che condanna i contadini, quando sono stati proprio questi che con il loro lavoro nelle campagne hanno da sempre sfamato le città.
Nuto Revelli avrebbe dovuto fare le sue interviste negli slums di fine ‘800 delle città di Londra, Liverpool, Manchester per capire chi furono i veri vinti.