La bufala di Dalì e la pezza sbiadita della Giostra

Con un comunicato inviato oggi ad alcuni giornalisti, il presidente dell’associazione Giostra Cavalleresca, tal Maurizio Antonini, accusa la nostra testata di inenarrabili nefandezze giornalistiche in merito ad un articolo pubblicato da questo giornale relativo alla bufala del figlio di Dalì (che di figli non ne ha) come testimonial della presentazione del Palio sulmonese.

Affermare di essere figli del grande Dalì non è cosa leggera. Per dirsi davvero figli di Dalì bisognerebbe avere riscontri scientifici, un esame del Dna, ad esempio, come quello richiesto  dalla catalana Pilar Abel nel 2017, anche lei sedicente presunta erede del pittore surrealista che non ha trovato, suo malgrado, riscontro nel test. In quell’occasione la salma del pittore venne riesumata, ma Van Roy decise di non sottoporsi al test perchè “i soldi non sono tutto” dichiarava il luglio scorso in una intervista su PressReader nella quale, tra le altre cose, diceva: “Io so di chi sono figlio, non ho bisogno di prove scientifiche. Ho documenti che lo dimostrano, carte, foto, ricordi. A che mi serve un riconoscimento ufficiale?”. Servirebbe probabilmente ad evitare situazioni di questo tipo perchè poi a voler fare i conti dall’una e dall’altra parte, lasciando anche il beneficio del dubbio, i conti non tornano, solo racconti opinabili (come l’intervista su Rai1) e documenti che, a questo punto, sarebbe utile e curioso visionare.

“Nessuna voglia matta di fare sensazionalismo” né la ricerca di “scoop” guida l’operato della testata giornalistica Il Germe,  ma la viscerale necessità di informare i lettori per contribuire, nel nostro piccolo, ad una maggiore consapevolezza, senza doverci necessariamente mangiare qualsiasi foglia ci venga passata, magari a tutela di importanti associazioni del territorio come anche la Giostra Cavalleresca che nell’articolo “Un Dalì finto alla Giostra”, chiamato in causa dal suo presidente Maurizio Antonini, era stata investita di ruolo di “vittima” più che “carnefice”. Ma tant’è. Sicuramente dispiace constatare che attacchi alla mia “professionalità” vengano tirati così soprattutto alla luce delle due chiamate senza risposta (ore 14.50 e 16.07) da me effettuate proprio al presidente Antonini sabato scorso (a scorrere la lista chiamate troverà sicuramente il mio numero) che avevano l’obiettivo di ascoltare “l’altra campana” e per dirla a parole sue, ricercare, se mai fosse possibile, la “verità dei fatti” e la “fondatezza delle informazioni”. Che in tutta questa storia è un principio che manca a priori. Fondare la paternità per un figlio d’arte presuppone, purtroppo o per fortuna, solo ed esclusivamente il riscontro scientifico. O almeno quello legale. Non ci sono altre strade. E i dubbi vengono soprattutto quando l’unico ente autorizzato a gestire il patrimonio dell’artista spagnolo, Gala-Dalì Foundation, non menziona mai (neanche una volta) nella biografia dei due genitori il piccolo Josè, nulla su una seconda gravidanza di Gala (madre di Cecile avuta dalla relazione precedente con il poeta Paul Eluard) né alcun riferimento alla storia ricostruita da Josè.

L’articolo sotto accusa, dunque, non è stato costruito solo sulla base di un precedente de La Repubblica del 2003, ma si è basato su diverse altre fonti tutte richiamate (ci sono dei link) nell’articolo sotto processo, attraverso le quali si ricompone un po’ il puzzle della complicata storia di Josè Van Roy Dalì. Non basta neanche una lettera all’allora direttore de La Repubblica Ezio Mauro (di cui però non abbiamo trovato traccia sul prestigioso e certo non sensazionalista giornale) a sedare qualsiasi dubbio.

Una storia intricata che divide sicuramente gli animi, ma per la quale non è proprio ammissibile accusare Il Germe di “sensazionalismo”. Nel dubbio dov’è la verità?

Simona Pace, figlia (presunta) di Italo Calvino

Per non mancare alla fiducia dei nostri lettori ecco per intero il comunicato dell’associazione Giostra Cavalleresca:

La voglia matta di fare sensazionalismo ed uno scoop infondato hanno provocato uno scivolone professionale per la testata de Il Germe, che facendo riferimento ad un articolo del quotidiano La Repubblica, risalente a quindici anni fa, ha propalato la notizia del tutto priva di fondamento che l’artista Josè Van Roy Dalì non sarebbe figlio del più famoso Salvador Dalì”. A dichiararlo è Maurizio Antonini, presidente dell’associazione culturale Giostra Cavalleresca, a proposito dell’articolo pubblicato dal quotidiano online “Il Germe”, lo scorso 30 giugno, a firma del direttore responsabile della testata Simona Pace. “La giornalista de Il Germe, purtroppo per lei, è incappata in un abbaglio assai grave, perché esiste una lettera, inviata in data 20 febbraio 2003, dal maestro Josè Van Roy Dalì, indirizzata all’allora direttore del quotidiano La Repubblica, Ezio Mauro, con la quale il figlio dell’artista spagnolo smentisce le “illazioni e vergognose menzogne diffamatorie” contenute in quell’articolo – precisa Antonini – inoltre uno speciale del Tg1 Rai, andato in onda nel febbraio 2008, ha posto fine a qualsiasi illazione, come appare evidente seguendo la trasmissione, archiviata su youtube” (allegato a questo medesimo comunicato). Antonini prosegue e conclude dicendosi fortemente “deluso da questo modo di fare informazione, che non mira all’accurata e scrupolosa ricerca della verità e della fondatezza dei fatti, con le dovute verifiche che la professionalità e la serietà sempre imporrebbero ma solo al facile scoop e ad un sensazionalismo vergognoso che hanno come unico scopo di gettare fango e discredito su una manifestazione come la Giostra Cavalleresca che in ventiquattro anni si è guadagnata sul campo onore, meriti e fama internazionale, non solo locale, grazie al lavoro appassionato di centinaia di volontari, dai dirigenti fino a tutto il popolo di Borghi e Sestieri, che nulla hanno a che pretendere se non il semplice rispetto del loro impegno, mortificato da un’informazione che ritiene di possedere la verità, facendo affidamento su verità che da quindici anni si sono rivelate del tutto inesistenti”.
Ai sensi dell’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948 l’associazione Giostra Cavalleresca, tramite il presidente Maurizio Antonini, chiede al quotidiano online rettifica riguardante quanto affermato nel citato articolo del 30 giugno ultimo scorso, firmato da Simona Pace. 

1 Commento su "La bufala di Dalì e la pezza sbiadita della Giostra"

  1. bene, fama,onore,meriti chi che? La fondatezza dei fatti,scrupolosa ricerca della verita’? La realta’ : manifestazioni,rievocazioni storiche dell’italietta campanilistica ,circa 2.000 eventi,fazioso provincialismo del borgo piu’ bello del tuo…nella richiamata classifica la “giostra” non e’ elencata tra le top,piu’ richieste,interessanti,attrattive,ovvie le ragioni,illuminante l’assenza di sponsor di peso,con visibilita’ nazionale,altro che internazionale,piu’ un evento del borgo, “la famiglia” che amministra il tutto,racconta fantasiose,ingannevoli storie di attenzioni oltre confine(del villaggio),naturalmente per giustificare “le spese “degli eventi ruolo….forse occorre un ‘approfondimento giornalistico ,un’ inchiesta (non di pennivendoli prezzolati) per meglio comprendere i numeri,le statistiche delle presenze,degli attrattori turistici,i risultati ottenuti,importanza,richiamo,ecc,ecc meglio il bilancio ,soprattutto quello economico,le Leggi obbligano,la tracciabilita’,le giustificazioni di spesa dei contributi pubblici ricevuti….soggetti e persone private che ricevono benefici economici inclusi…dunque “la famiglia” che amministra in spregio,violazione delle disposizioni di Legge, tramite il presidente che dicono, che fanno…
    rispettano le Leggi,si adeguano..lo scoop e’ in arrivo,fondatezza delle informazioni,altro che visibilita’del momento,o no?

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