La ricostruzione che non c’è: il degrado di Palazzo Tabassi

Più che un palazzo è un pezzo di storia, un museo, una testimonianza della Sulmona dei nobili. Un edificio fiaccato dal tempo e dal terremoto che ora sta cadendo a pezzi, nonostante i progetti di recupero e i contributi in cassa che giacciono da anni nei cassetti del Comune senza che nessuno si degni di dare almeno una riposta.
La storia di Palazzo Tabassi, in via Ercole Ciofano a Sulmona, uno dei più tipici esempi di dimora gentilizia del XV secolo, è la storia di una città nel degrado, che dimentica la sua memoria, che lascia morire d’inedia la sua identità.
E’ la storia, una delle tante, della ricostruzione che non funziona, che non parte, che non dà risposte.
Qui dove c’è la sede di un Borgo, dove vivono quattro famiglie, e laboratori ed esercizi commerciali e dove ci sono testimonianze di assoluto interesse storico, segnalate nelle guide turistiche e nei beni da non perdere delle sovrintendenze.
Un palazzo che sta cadendo a pezzi, con i muri scrostati, gli affreschi ammuffiti, i tetti sfondati, le inflitrazioni di acqua che minano la stabilità dell’edificio.
Nel 2009 i proprietari avanzarono domanda per avere un contributo per i danni provocati dal sisma. La lunga trafila    burocratica, si chiuse sostanzialmente nel settembre del 2015, quando al Comune venne presentato il progetto esecutivo per la messa in sicurezza, completo delle integrazioni richieste. Un contributo di circa un milione di euro, di cui non si è saputo più nulla. Nonostante nel dicembre del 2015 arrivarono anche le autorizzazioni delle Belle Arti e quella paesaggistica: le carte in regola, l’emergenza del degrado di un palazzo storico e anche abitato, sembrava dover far attivare le gru in via Ciofano nel giro di qualche settimana.
E invece: il Comune non ha mai risposto ai proprietari che chiedevano risposte e nel marzo del 2016 l’incartamento viene spedito all’Utr di Goriano e lì è rimasto.
Alle due lettere di sollecito, “per il progressivo degrado e pericolo” dei proprietari al Comune, al sindaco e all’assessore, una datata dicembre 2016 e una marzo 2017, non è stata mai data neanche risposta.
Neanche per dire a che punto è la pratica, in quale meandro di graduatorie e scrivanie è relegato.
Mentre Palazzo Tabassi se ne va, insieme alla storia e alla memoria di una città in degrado.

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