Morì così Giuseppe Tofani, cinquantatreenne di Cerchio, calciatore che aveva militato anche nel Sulmona e che dando calci ad un pallone con la maglia dell’Amatori Aielli, aveva forzato troppo il suo fisico, già soggetto ad ipertensione arteriosa dalla quale, pure, si curava con farmaci da due anni.

Il giudice, in realtà, ha riconosciuto una corresponsabilità per quella morte, per la quale, al 50%, ne fu causa la stessa vittima.
Tofani, secondo il giudice, infatti, “era consapevole di soffrire di ipertensione e per la sua pluridecennale esperienza nel mondo del calcio era consapevole dei rischi ai quali andava incontro partecipando alla gara, tanto più che pacificamente non si era sottoposto alla visita medica prodromica al conseguimento della certificazione di idoneità per la stagione sportiva 2012/2013”.
Il certificato medico necessario per il tesseramento, infatti, non c’era al momento della morte e uscì solo dopo, ma era falso stabilirono gli inquirenti che per questo indagarono i vertici della società sportiva.
Società che, sempre secondo i giudici, “avrebbe potuto evitare che il Tofani fosse schierato in campo e che successivamente morisse”, che insomma doveva controllare ed accertarsi che tutte le carte per il suo tesseramento fossero in regola.
Con l’Amatori Aielli in solido sono stati chiamati a rispondere nel processo anche la Federazione italiana gioco calcio (difesa dagli avvocati Giancarlo Gentile e Teresa Nannarone) e la Lega dilettanti (difesa dall’avvocato Alfredo Chiantini), anche se entrambe saranno coperte dall’assicurazione.
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