Non gli danno la casa popolare che gli spettava, dopo 15 anni ora attende il risarcimento

Ha dovuto attendere quattordici anni per vedersi riconosciuto definitivamente un suo diritto ed ora attende da oltre sette mesi di essere risarcito dal Comune come ha stabilito una sentenza di secondo grado nel novembre scorso. Carlo Piccone, è stufo di aspettare, anche se ormai la sua è diventata una battaglia di principio soprattutto, perché da quando richiese e ottenne una casa popolare in “via emergenziale” sono passati ben tre lustri.


Per quell’appartamento che gli spettava di diritto per due anni e nel quale non è riuscito mai ad entrare, i magistrati gli hanno riconosciuto un risarcimento di 25mila euro oltre al pagamento delle spese legali per circa 6mila euro. Oltre 30mila euro che il Comune non accenna a sborsare: il debito, a differenza di altri, non è stato ancora riconosciuto come debito fuori bilancio (procedura che deve passare per il consiglio comunale), tant’è che ora l’inquilino senza casa ha avviato le procedure per il pignoramento. Che poi, ultimamente, sembra essere l’unico modo per essere pagati da palazzo San Francesco.


La storia, come detto, inizia nel 2004 quando per motivi familiari gravi (la presenza di una figlia disabile), Piccone richiede ed ottiene in via preferenziale e in emergenza l’assegnazione di una casa. Gli viene per questo assegnato dalla Regione per due anni un appartamento Ater in via Fratelli Angeletti, ma in quella casa Piccone e la sua famiglia non entreranno mai.
Il Comune scarica sull’Ater la responsabilità della mancata consegna, l’Ater sul Comune, e tutti e due sul fatto che la casa andava ristrutturata prima di essere assegnata. La ristrutturazione però non arriva, fino al 2009 quando, a seguito del terremoto, l’intero complesso di via Fratelli Angeletti viene classificato inagibile e le famiglie sgomberate.


“L’assegnazione dell’alloggio non era subordinata alla ristrutturazione – scrivono i giudici della Corte d’Appello-. Il Comune anche se non proprietario del bene, non può considerarsi esentato da responsabilità per essere rimasto del tutto passivo di fronte al protrarsi dell’inerzia mostrata dall’Ater nel rendere disponibile l’immobile”.
Una condotta che i giudici definiscono “colpevole e omissiva” e che ha prodotto un danno notevole all’avente diritto, non solo perché lo ha costretto ad affittare un appartamento fuori Sulmona e comunque lontano dalle quotidiane cure di cui aveva bisogno la figlia disabile.
Una storia di ordinaria ingiustizia burocratica, la cui parola fine non è stata ancora scritta.

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