“Non mi dimetto”, Casini l’ultima degli Apache

“Non mi dimetto, non mi dimetto, non mi dimetto” (video), lo urla più volte come un ossesso il sindaco di Sulmona Annamaria Casini, dopo aver battibeccato con il presidente del consiglio che le chiedeva di stare nei tempi concessi, visto che dopo il lungo elenco delle cose fatte (si fa per dire) e delle cose da fare, non arrivava al punto della discussione, dell’ordine del giorno: la crisi politica, perenne e costante, aggravata dal mese scorso dopo la diserzione da parte della maggioranza del consiglio comunale sull’assestamento di bilancio.


Non molla il suo trono il primo cittadino dove l’hanno voluta “quasi settemila cittadini” – urla sempre -, ma dove non la vuole più il suo consiglio comunale, con una maggioranza mutata nel tempo ed ora definitivamente e ufficialmente disintegrata.
Il colpo finale lo dà Bruno Di Masci, che quel rospo in gola se lo teneva da un mese: “Il nostro sostegno al governo di salute pubblica aveva un inizio e ora ha una fine – dice Di Masci, stavolta con il consenso dei suoi due consiglieri di riferimento -. Noi non ci siamo più: il sindaco ne prenda atto e se ha i numeri vada avanti, altrimenti, più semplicemente, si dimetta nei tempi necessari per consentire alla città di tornare al voto a maggio”.


Dai banchi scarni della maggioranza che resta, senza Santilli, né Amori, né D’Amico, non arrivano d’altronde grandi incitamenti: “Se c’è una maggioranza andiamo avanti – dice il fedelissimo Andrea Ramunno – ma se devo risedermi al tavolo con chi è passato all’altra sponda, allora non ci sto”. Né l’una, né l’altra delle ipotesi, in realtà: con una situazione kafkiana che vede il sindaco aggrappata al suo trono senza avere una maggioranza. Nei fatti e nella forma.
E così si apre ora un gennaio di tecnicismi ed equilibrismi, perché entro la fine del mese una decisione bisognerà prenderla per evitare di sforare i tempi del commissario lungo. Entro il 21 febbraio, insomma, il consiglio dovrà essere sciolto se si vuole votare a maggio 2020.


E’ probabile che i dimasciani ritirino i loro assessori (Biagi e Tirimacco – quest’ultimo presente il tempo di un caffè in Aula -) rendendo ancora più concreta la difesa del forte Apache da parte del sindaco. Sola e irriducibile.
Tutto intorno, intanto, brucia la città, dentro e fuori il palazzo: Ramunno, Tirabassi, Salvati e Bianchi si tirano contro frecce avvelenate, Di Rocco accende il nastro del “padrino Gerosolimo”, “usi le stesse parole e la stessa metrica” lo ferisce la Bianchi, mentre Balassone invita “a spogliare il pupo e i pupari” e Perrotta chiede conto alla maggioranza su cosa intenda fare.
Perché poi, alla fine, nessuno risponde e nessuno chiarisce da dove questa crisi sia venuta e da cosa sia stata provocata, nessuno chiarisce come se ne uscirà da questo incubo istituzionale e politico, che sembra ormai quasi una barzelletta.

4 Commenti su "“Non mi dimetto”, Casini l’ultima degli Apache"

  1. Come da programma… un nulla di fatto, se non la riconferma dell’immobilismo e dell’attendismo.
    Video stucchevole come tutta l’assise civica completamente disattenzionata a seguire i lavori.
    Buon anno nuovo a tutti i consiglieri.

  2. Chiamalo se vuoi “emozioni”

  3. A chi e cosa serve “tirare a campare” …
    Si prenda Atto che così Sulmona non andrà da nessuna parte e si restituisca la parola ai cittadini.

  4. Infatti Sulmona ,no n va da nessuna parte!!!!è una città che vive di raccomandati ,!!!! Che il loro lavoro non lo sanno fare…e neanche riconoscono che non lo sanno fare…

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