Ricerca, spazio e confetti. Le eccellenze dell’Aquilano



non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia
Manifesto di Assisi Fondazione Symbola


Seconda tappa del viaggio nell’industria regionale nell’era Covid19 è la provincia de L’Aquila. Qui la crisi sta amplificando un quadro economico e sociale già in difficoltà, ancora alle prese con gli effetti del terremoto del 2009. Per superare questa situazione, serviranno risorse per dare fiato al sistema produttivo, ma ancor più visioni in grado di rimettere in moto prima di tutto il desiderio di fare e quindi l’economia a partire da ciò che c’è già di giusto nel territorio. E di cose giuste ce ne sono. A partire dalla altissima densità di aree protette (ben tre parchi nazionali) alle specializzazioni produttive dell’area: l’elettronica, la farmaceutica e l’agroalimentare.


Pochi lo sanno, ma la provincia de L’Aquila, nell’elettronica è prima in Italia per tasso di specializzazione (rapporto tra addetti del settore su addetti della provincia), grazie alla vivacità di molte imprese innovative cresciute in un conteso reso fertile dalla presenza di importanti centri di competenza: dalla Reiss Romoli, ex scuola di formazione di Telecom Italia, all’Università degli Studi dell’Aquila, eccellenza nel panorama accademico internazionale e che sta avendo un ruolo chiave nella ricerca di nuovi campi di applicazione della tecnologia 5G: dalla meteorologia al biomedicale fino all’automotive. L’Aquila è infatti una delle cinque città che il Mise ha scelto per la sperimentazione sul 5G.
Nel territorio si trova poi una particolare concentrazione di imprese e centri di eccellenza internazionale, che rappresentano un unicum: Leonardo, Thales Alenia Space, Telespazio e i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – INFN, il più grande laboratorio sotterraneo al mondo dedicato allo studio delle astroparticelle. Un’altra importante presenza è il Centro Spaziale Piero Fanti del Fucino di Telespazio, che con le sue 170 antenne, è il primo e più importante teleporto al mondo per usi civili. Un sistema che andrebbe valorizzato ulteriormente, favorendo scambi di competenze con il territorio per far sedimentare conoscenze e sviluppare nuova imprenditorialità. Un percorso intrapreso dall’INFN con il Gran Sasso Science Institute nato nel 2012 con l’obiettivo di far diventare il capoluogo una delle capitali europee degli studi universitari e della ricerca, ma si può fare molto di più.


Altro settore di punta è quello farmaceutico. Un settore che grazie all’alta propensione alla ricerca ha visto crescere negli ultimi dieci anni le esportazioni del 140% (+79% nel solo 2019). Qui hanno sede la francese Sanofi che nei suoi stabilimenti ha spostato tutta la produzione mondiale del Maalox in compresse e il primo gruppo farmaceutico italiano nel mondo, Menarini, che 25 anni fa aprì il più grande stabilimento produttivo d’Italia. Infine, tra i big nazionali del settore ad aver intrecciato la propria storia con il territorio c’è la milanese Dompè, che dal 1993 ha aperto un centro di ricerca d’avanguardia dedicato alle malattie rare. Impegnata nel settore oftalmologico, l’azienda ha sviluppato negli stabilimenti de L’Aquila il Cenergermin, il principio attivo messo a punto dal premio Nobel Rita Levi Montalcini per la cura della cheratite neutrofica, mentre nelle scorse settimane è entrato nel vivo lo studio clinico che valuterà l’efficacia e sicurezza di Reparixin, una molecola contro il Covid-19.


Infine, il comparto agroalimentare. Nel territorio troviamo la Piana del Fucino: 15mila ettari di terreno coltivati a 700 metri di altitudine, da qui partono ortaggi a foglia, carote e patate per tutta l’Italia e l’Europa. Le patate di Avezzano e le carote del Fucino sono le produzioni più conosciute, grazie anche ai riconoscimenti IGP ottenuti, e nel complesso, la filiera genera un fatturato di 500 milioni di euro. Sicuramente tra i prodotti simbolo della provincia, va annoverata la Dop dello zafferano, fortemente legata alla figura della compianta Gina Sarra, la regina dello zafferano a cui si deve la popolarità in Italia e nel mondo della pregiata spezia. Recentemente il territorio è stato raccontato in un reportage del prestigioso quotidiano statunitense New York Times selezionato tra i luoghi più belli e affascinanti del nostro pianeta.


Spostandoci più a est, troviamo Sulmona, capitale di un’altra specializzazione territoriale che sta risentendo della crisi della filiera delle cerimonie: parliamo dei confetti, che vedono la città, tra i più importanti centri di produzione in Italia e nel mondo. Anticamente, la lavorazione dei confetti di Sulmona avveniva presso il Monastero di Santa Chiara dove, tramite una tecnica particolare, i confetti venivano utilizzati per dare vita a motivi decorativi quali fiori, spighe, grappoli, rosari. Tra i leader del settore ci sono l’azienda William Di Carlo e la storica Fabbrica Mario Pelino, che dal 1783 si dedica alla lavorazione di questo prodotto dolciario, conservando tecniche d’altri tempi, grazie alle quali viene scelta da nobili di tutto il mondo che convolano a nozze: dai reali inglesi a quelli del Qatar. Sulmona vanta anche uno dei centri storici più grandi e conservati d’Abruzzo, molte le emergenze architettoniche: dal tempio di Ercole Curino al complesso della Santissima Annunziata fino all’Abbazia di Santo Spirito al Morrone all’Eremo di Celestino V dove il frate eremita Pietro seppe di essere stato nominato Papa. Beni che il comune di Sulmona sta cercando di mettere a sistema con quelli dei comuni del territorio nell’ambito di un piano strategico, sicuramente complesso nella sua costruzione, ma che darebbe scala e la giusta valenza ad un’area, di indubbio valore, ancora troppo poco conosciuta a livello nazionale. Meno a livello internazionale, come dimostra un recente articolo del giornale britannico Telegraph che menziona la città di Sulmona tra i venti motivi per tornare a visitare il nostro Paese.
Insomma i problemi sono grandi, molti anche antichi, ma il territorio è anche in grado di mettere in campo risorse, competenze ed esperienze di grande valore che spesso non si è stati in grado di valorizzare al meglio. Potrebbe essere finalmente il momento di pensare il territorio, non a partire da piani dei sogni, ma da quanto di buono c’è già nel territorio, e a ben vedere c’è tanto da mettere in valore.

Domenico Sturabotti (direttore Fondazione Symbola)

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