San Raffaele, la procura indaga per omicidio colposo. Dimessa la prima infermiera contagiata

La procura della Repubblica di Sulmona ha formalmente aperto un’inchiesta sulla vicenda dei contagi nella clinica San Raffaele. I carabinieri della polizia giudiziaria del tribunale di Sulmona hanno già acquisito una parte della documentazione relativa alla vicenda del trasferimento della cosiddetta paziente zero della Valle Peligna, la settantaquattrenne di Teramo, cioè, trasferita dall’ospedale Humanitas di Bergamo il 10 marzo scorso e poi deceduta all’ospedale di Chieti. La clinica in realtà si è messa subito a disposizione “fornendo in piena collaborazione la documentazione richiesta” per una vicenda nella quale vanno chiariti molti aspetti, come d’altronde richiesto sia dalla denuncia-querela presentata dalla famiglia della prima infermiera risultata positiva (dimessa ieri dall’ospedale ed ora trasferita in una clinica dell’Aquilano in attesa di negativizzare il virus), sia dal sindacato Nursind che l’altro giorno ha presentato un ulteriore esposto alla procura.


L’ipotesi di reato sulla quale starebbe lavorando il sostituto procuratore Stefano Iafolla, però, a questo punto, dopo cioè i due decessi registrati tra i pazienti della San Raffaele, non è più quella di lesioni personali, ma di omicidio colposo e non è escluso che si possa ipotizzare anche quello di epidemia dolosa.
Secondo la denuncia presentata dai legali Armando Valeri e Alessandro Margiotta ci sarebbero da chiarire in particolare modi e procedure del ricovero della paziente da Bergamo, ma anche metodi e dispositivi con cui è stata gestita la paziente stessa. Per questo è stata richiesta l’acquisizione non solo della cartella clinica, ma anche delle bolle di consegna e acquisto dei dispositivi di protezione individuale messi a disposizione del personale.
Dal canto suo la San Raffaele, dove ieri si è registrata un’altra positività tra le infermiere (per un totale di 34 persone contagiate a cui aggiungere i 4 familiari legati al personale), ha spiegato di aver “rispettato tutte le procedure previste al momento dei fatti” e anzi annuncia azioni legali contro chi diffonderà “notizie atte a turbare l’ordine pubblico e a diffamare il corretto operato della struttura e di tutti i sanitari che nella stessa si sono adoperati e si stanno adoperando con abnegazione nell’interesse dei pazienti e di tutto il Paese”.

Dalla clinica, intanto, sono stati trasferiti ieri altri due pazienti all’Aquila, le cui condizioni si sono aggravate. Attualmente tra decessi e trasferimenti, insomma, i positivi rimasti in struttura sono 18. Come richiesto dalla Asl questi ospiti sono stati isolati in un’area della struttura dedicata e sistemati in camere singole.

15 Commenti su "San Raffaele, la procura indaga per omicidio colposo. Dimessa la prima infermiera contagiata"

  1. Per fortuna la procura si occupa di cose serie

    • Ippocrate portami la spesa | 6 Aprile 2020 at 13:44 | Rispondi

      Cosa è stato scritto sulla cartella clinica della paziente zero al suo arrivo? Misurata temperatura corperea? Aveva febbre o no? Non ci vuole uno scienziato per capire questo. E soprattutto nome e cognome del medico che ha firmato la cartella

      • Francesco Morgante | 6 Aprile 2020 at 14:28 | Rispondi

        Alla cartella c’è scritto che la polmonite ospedaliera è la prima causa di morte degli anziani in Italia,e della serie il vecchietto dove lo metto,sinora il problema non ha mai sfiorato l’anticamera del cervello di nessun giudice, altrimenti è un ecatombe ben conosciuta e ben prima del coronavirus,

      • Bravissimo….

  2. Francesco Morgante | 6 Aprile 2020 at 10:14 | Rispondi

    Ecco finalmente il gatto che si morde la coda è arrivato. Sono 30 anni che si sta tentando di chiudere questi scandalosi obbrobri tutti italiani, e per immensa fame non ci si riesce. In un Abruzzo che ha giudici ed avvocati il numero superiore a Belgio ed Olanda messi insieme, e dove stranamente il numero dei procedimenti penali in Italia ( per fantasticheria dovuta al vuoto dello stomaco) e’ almeno quattro o cinque volte superiore alla Germania, dobbiamo ora assistere anche ad un numero di morti per pseudo- coronavirus in Italia stranamente lo stesso 10 volte superiore alla Germania, dove però in Germania due inservienti di un supermercato che hanno cambiato una etichetta di scadenza ad una confezione di carne sono stati immediatamente condannati a 3 anni di carcere e tradotti subito in galera a scontare l’intera pena, mentre in Italia con tutti questi morti dichiarati, sembrano i tempi del terremoto dell’Aquila ove Le fatture dei funerali erano in numero di gran lunga superiore ai morti del sisma come se avessero fatto il funerale anche ai feriti, oppure lo stesso al numero di extracomunitari ignoti, assistiti dalle prefetture. Ora vedremo, e ci mancava, oltretutto questo giro di appalti urgenti, un numero immenso i procedimenti penali per omicidi colposi di vecchietti che sono morti per gli affari loro, con un rimbalzo di pratiche per anni e anni tra giudici procuratori ed avvocati sino alla prescrizione e con enormi spese che dovrà affrontare il bilancio del Ministero della giustizia , che deve spendere per finzione del popolo italiano denaro per assistere anche, la vergognosa illusione di questa riuscita gente.

  3. …e finalmente arrivarono quattro gendarmi
    Con i pennacchi e con le armi!!!!

  4. ragionevole dubbio | 6 Aprile 2020 at 18:16 | Rispondi

    ma se l’infermiera è già stata dimessa ora gli avvocati chiederanno il risarcimento per epidemia rischiata? lo capite che è un fenomeno nazionale e che quindi è una causa assurda? pensavate che la valle Peligna fosse l’oasi felice non contaminata ? e chi ci dice che il contagio non sia arrivato dagli studenti o lavoratori rientrati dal nord e che attraverso asintomatici si sia propagata all’interno della struttura?

    • Ma proprio per questo occorre un’indagine seria. Si dovrà valutare in quali condizioni sia arrivata la paziente da Bergamo, se manifestasse sintomi compatibili col coronavirus, se siano state adottate tutte le precauzioni del caso, se si siano rispettati i protocolli, etc. Trattandosi di una struttura sanitaria, non basta la diligenza del buon padre di famiglia. Se la paziente “zero” era contagiata e lo si sapeva, o lo si doveva presumere in base alla diligenza professionale, allora si dovevano prendere tutte le precauzioni affinché il contagio non si estendesse. Dal momento che tutti i contagiati nell’area sembrano essere riferibili a persone che avevano a che fare con la struttura, come si può sostenere che il contagio sia stato portato dentro per altre vie? Dovrebbe comunque trattarsi di famigliari di qualcuno dei contagiati (e si fa presto a sapere se qualcuno di loro sia rientrato da altre zone a rischio). Perché l’alternativa implicherebbe che l’esterno asintomatico abbia infettato solo quelli nella struttura e non i propri famigliari: una specie di contagiosità sospettosamente selettiva, o no?
      Comunque, senza fare una caccia alle streghe, la magistratura farà le indagini necessarie e, speriamo solo qualora non vi siano dubbi di alcun genere, procederà di conseguenza.

    • Rabbia, ma tanta,o forse pena,per tanta insulsa STUPIDITÀ.

  5. Publio Vettio Scatone | 6 Aprile 2020 at 20:18 | Rispondi

    Chiedo scusa, ma l’esterno asintomatico potrebbe non abitare nella Valle dei Peligni ma essere venuto da fuori a trovare un paziente. Quindi bisognerebbe risalire e tracciare tutti i visitatori che hanno frequentato la clinica nei precedenti 7- 10 giorni dal primo caso positivo.
    La vedo dura, ma lasciamo fare alla Magistratura.

    • Publio, è vero. Ma se ben ricordo, il primo decreto che imponeva di stare a casa (salvo le motivazioni esplicitamente previste) è dell’11 marzo, decisamente antecedente rispetto ai 7-10 giorni dal primo caso positivo. E’ vero che il decreto consentiva di spostarsi per assistere persone malate, ma eventualmente si tratta di prerogativa di un parente per paziente (e quindi relativamente semplice da censire; voglio dire: non è che fosse periodo nel quale erano possibili visite di conoscenti e amici). E comunque, coloro che fossero arrivati da una delle zone rosse (dove cioè ci fosse un focolaio in atto), avrebbero avuto l’obbligo di quarantena fiduciaria, e di certo non sarebbero potuti andare a trovare qualcuno in clinica. E torniamo quindi al punto di partenza. Cioè, la magistratura dovrà verificare anche che la struttura abbia verificato la provenienza dei visitatori e controllato che nessuno di loro provenisse da zone rosse. Il contrario sarebbe imperdonabile.

      • Le visite ai pazienti erano bloccate, i cambi di abbigliamento venivano lasciati in accettazione, tutto ciò che “non costava denaro” era stato fatto. Ciò che “portava denaro” pure.
        Resta il fatto che se ignari, non avrebbero dovuto vietare il diffondere tra i dipendenti la notizia del ricovero da Brescia,resta il fatto che le prime mascherine furono comprate dai dipendenti che sapevano, e solo da loro, ad acqua e sapone, resta il fatto che le persone sono morte, e loro ancora operano. Resta il fatto che un topolino non potrà mai battere un elefante e la certezza che loro ora dormano sonni tranquilli, così non è per chi ha perso qualcuno per la loro condotta spregiudicata. Si spera in una giustizia divina, si spera che quella stessa giustizia operi la legge del taglione occhio per occhio dente per dente genitore per genitore. Io so attendere.

  6. Publio Vettio Scatone | 7 Aprile 2020 at 08:50 | Rispondi

    Mario, si certamente, però a volte quando il diavolo ci mette la coda si verificano circostanze imprevedibili.
    Tutto può essere accaduto il 10 Marzo, giorno del trasferimento della paziente al San Raffaele.
    Lei negativa, se è vero che era stato effettuato il tampone, ma qualche parente accompagnatore asintomatico infetta Lei e/ o altri. Ma anche due tre giorni prima del 10, in quanto “l’untore “ inconsapevole può essere stata altra persona asintomatica in visita a pazienti ricoverati. Penso ai molti casi presenti in Abruzzo lungo la costa adriatica. E non dimentichiamoci che allora gli esperti dicevano tutto e il contrario di tutto sulle misure di prevenzione da adottare. Vedi ad esempio la farsa sulle mascherine…che tra l’altro ne eravamo e ne siamo ancora sprovvisti.
    Forse per questo dicevano che non servivano.
    Aspettiamo fiduciosi che si faccia luce, ma sono pessimista visto il ritardo accumulato. Spesso 3 indizi non fanno una prova, a meno che non siano gravi, precisi e concordanti, ci vorrebbe un tenente Colombo, ma sinceramente non ne vedo in giro.

    • Publio concordo su tutto. Proprio per questo sostenevo che non vada fatta una caccia alle streghe, ma che occorre verificare se, sulla base delle informazioni disponibili di volta in volta, siano state adottate tutte le misure necessarie. Come dice lei, sarà un compito estremamente complicato, sia perché di Tenenti Colombo non se ne vedono, sia perché la consapevolezza è aumentata nel tempo.
      A questo proposito, circola un video del tizio de Le Iene che è risultato positivo un mese fa. Ebbene, a distanza di un mese questa persona, nonostante sia del tutto asintomatica praticamente da 25 giorni, risulta ancora positiva al coronavirus e quindi potenzialmente contagiosa. La realtà è che non ci abbiamo (hanno) capito niente e tuttora si acquisiscono informazioni rilevanti e nuove che cambiano completamente lo scenario (e le relative misure desiderabili). La procura dovrà mostrare un equilibrio notevole, ma essere inflessibile se accertasse comportamenti superficiali da parte della struttura.

      • Per cancellare quel se, basterebbe interrogare i dipendenti. Magari quelli che oggi non essendolo più non sono ricattabili. Basterebbe la volontà di fare chiarezza. Basterebbe è un verbo al condizionale però e questo non basta.

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