Tra le lenzuola dei mafiosi: faccia a faccia con Roberto Saviano

E’ un romanticismo fatto di piombo e omertà. Storie di droga e di pizzo che sotto le coperte si uniscono a quelle di attrazione carnale e di omosessualità ripudiata. E’ l’amore proiettato all’interno dell’universo della criminalità organizzata. Quel cosmo di sangue ed esecuzioni dove il sentimento dell’affetto viene eclissato dall’atteggiamento del rispetto. Un universo privato, dove in pochi hanno avuto accortezza di avventurarsi. Perché la narrazione della mafia o della camorra segue una rotta precisa, in cui non c’è tempo per sostare, per riflettere se il cuore di un malavitoso sia destinato ad essere infranto da un colpo di pistola o da un sentimento non ricambiato. Sulmona questo universo lo scoprirà in anteprima questa sera, quando il sipario del teatro Maria Caniglia si alzerà su “Appartenere – la vita intima del potere criminale”, recital di Roberto Saviano.

Lo scrittore di Gomorra porterà in scena quello che definisce un “accecante caleidoscopio di storie, facce, racconti inconfessati”. Sul palcoscenico ci sarà tutto il mondo che Saviano denuncia da vent’anni, con il sesso a fare da collante. L’amore come opportunità di controllo per le organizzazioni mafiose, per distruggere e creare nuove alleanze. Usanze d’altri secoli. Riti medievali che accendono la macchina del tempo. Le vele di Scampia come la corte di Carlo Magno e Desiderata. Legare i sentimenti per collegare i clan. La criminalità organizzata è pure questo. E’ minaccia ma anche corteggiamento; è latitanza ed è un pizzino con versi elegiaci che Matteo Messina Denaro indirizza a Laura Bonafede. E’ l’essere umano lì dove di umano (nelle idee, nei modi e nella vita) non c’è nulla. Nature contrastanti che Saviano racconta a Sulmona, nel primo di sei spettacoli che si terranno a Roma, Torino, Genova, Milano e Bologna. Privilegio e opportunità per una città che è stata la prima in Italia a sottoscrivere un protocollo di intesa contro le infiltrazioni criminali ma che, purtroppo, è ancora oggi chiuso nel cassetto.

Con “Appartenere – la vita intima del potere criminale” il sipario si alza sulla vita intima e amorosa nel mondo della criminalità organizzata. Un mondo sul quale raramente ci si sofferma a riflettere. Quasi mai, dopo un fatto di cronaca legato a mafia, camorra o ‘ndrangheta, si pensa su come gli esponenti delle cosche vivano la propria sfera sessuale e amorosa. Lei può fornirci una prospettiva più ampia su questo tema, che vada anche al di là di quello che lo spettacolo porterà sul palco?

Nello spettacolo che porterò in scena, per la prima volta, al Maria Caniglia di Sulmona, mi spingerò dove, parlando di mafie, nessuno è mai arrivato. La sessualità legata alla sfera criminale ha una declinazione peculiare, è essa stessa parte di dinamiche che siamo soliti analizzare con altri criteri. Ma il problema è che non ci si sofferma più a ragionare sulle mafie, come fossero un fenomeno concluso, finito, non sconfitto ma rimosso. L’Italia è un paese che non fa i conti con i proventi del narcotraffico che letteralmente mangiano l’economia legale. Affrontare un tema solo apparentemente laterale come quello amoroso, legato alle organizzazioni criminali, è una declinazione del racconto che non volevo in alcun modo perdere. I legami affettivi, le relazioni basate su sesso e possesso, spesso diventano il baratro dentro cui i boss più calcolatori cadono. E non cadono banalmente perché abbassano le difese, ma perché le relazioni sessuali e amorose sono anch’esse declinate nelle dinamiche criminali e diventano quindi manifestazione di potere.

Libri, cinema, televisione e ora il teatro: il mondo malavitoso grazie al suo lavoro è stato messo a nudo e raccontato con qualsiasi mezzo. Quella di riuscire a narrare questo tipo universo sul palcoscenico potrebbe essere la sfida più difficile da vincere?

In verità mi fido molto del pubblico teatrale che è un pubblico attento e abituato a tenere alta l’attenzione. In teatro si crea un legame forte e la formula del recital consente proprio di rompere la quarta parete ed entrare in dialogo con il pubblico. Sarà sicuramente una sfida, ma non mi spaventa, anzi, mi dà carburante.

Come ha preso la notizia del recente pentimento di Francesco Schiavone, “Sandokan”, capo del clan dei Casalesi?

Si inizia a collaborare con la giustizia per molti motivi, comunque sempre per opportunismo, mai per pentimento. Ecco perché preferisco parlare di collaborazione. I magistrati che hanno accolto la volontà di Francesco Schiavone “Sandokan” di iniziare il percorso di collaborazione sono esperti e questo lo sanno perfettamente. Dopo 26 anni di 41bis, dopo essere stato un capo indiscusso spietato e calcolatore, temo che Schiavone voglia sfruttare la debolezza del nostro Paese raccontando solo omicidi e appalti perché sa che è l’unico modo per uscire dal carcere. E sa anche che un governo debole e scosso da crisi interne, ha sempre bisogno di comunicare delle “vittorie” per gettare fumo negli occhi degli elettori. Ricordo quando Roberto Maroni, al tempo Ministro degli Interni, pretese di essere ospitato nella mia trasmissione su Raitre, Vieni via con me, per leggere l’elenco dei latitanti arrestati dal governo di cui faceva parte. Ricordo quando il Giornale raccolse firme contro di me che avevo raccontato le infiltrazioni ‘ndranghetiste al Nord. Oggi sappiamo che la ‘ndrangheta fa abitualmente affari al Nord tanto che mi verrebbe da dire che non è la ‘ndrangheta ad essersi infiltrata nel Nord ma il Nord a esserci infiltrato nella ‘ndrangheta.

Nel 2015 a Sulmona venne arrestato Francesco Mallardo, capo dell’omonimo clan camorristico. La domanda che molti si posero, all’epoca, fu perché Mallardo avesse scelto proprio Sulmona per dirigere da lontano il clan. Si può dire che nessun luogo, per quanto all’apparenza tranquillo, sia a rischio zero dall’infiltrazione mafiosa e camorristica?

Si può e si deve dire che nessun luogo è al riparo. Anzi, aggiungerei che le organizzazioni criminali fanno affari principalmente dove non sono attenzionate.

Cosa devono fare i singoli cittadini per prevenire qualsivoglia tentativo di irruzione nel tessuto socio-economico, secondo Lei?

Rispondo come risponderei se mi chiedessero cosa possono fare i cittadini contro il cambiamento climatico: pressione. Possiamo prestare attenzione ed esercitare pressione sulla politica nell’unico modo che abbiamo per far sentire la nostra voce: le urne. Non dobbiamo temere che raccontare di mafie sia diffamare, non dobbiamo stancarci di ragionare sulle dinamiche criminali. Ma non possiamo nemmeno sentirci responsabili in prima persona, questo genererebbe la reazione opposta: dal momento che mi sento impotente, distolgo lo sguardo. Le responsabilità sono in larga parte politiche. Ripeto, siamo un paese che non fa i conti con i proventi del narcotraffico e non ci accorgiamo di quanto l’economia legale sia dopata da capitali criminali.

Valerio Di Fonso

4 Commenti su "Tra le lenzuola dei mafiosi: faccia a faccia con Roberto Saviano"

  1. Perfetto… sono d’accordo… le Droghe stanno devastando molti paesi occidentali, dall’economia fino al cervello degli assuntori abituali.
    Che fare?
    Togliamo “ l’acqua “ alle mafie che la trafficano, ( ma su questo ci sarebbe da ridire visto gli innumerevoli spacciatori che si aggirano nella Valle Peligna: tutti mafiosetti anche loro?), distribuendola AGGRATIS presso le farmacie e così lo Stato diventerebbe l’unico spacciatore autorizzato per la devastazione delle cervella di ragazzi e adulti.
    Oppure semplicemente prendiamo tutti gli spacciatori e li buttiamo nella CALDERA attiva dell’Etna.
    Per la terza soluzione basta aspettare e tenere duro ancora qualche anno… quando ci islamizzeremo e la chiesa sarà relegata ad una sparuta minoranza numerica, per gli spacciatori non ci sarà più scampo: Impiccagione nella pubblica piazza.
    E così non sentiremo parlare più nemmeno di Amori, impotenze e Corna… dei Mafiosi.

    • parlano di vaccini e superbonus….. ma di cocaina che si pippano padri madri figlie e ora pure nonni non ne parla nessuno.
      suicidi, omicidi….istinti paranoici. famiglie distrutte …. nel 50 % forse piu dei casi sono disturbi comportamentali dovuti alla assunzione di cocaina.
      Ma il giro di soldi è imponente ne fanno uso anche molti che dovrebbero legiferare e cosi la ruota si avvolge.
      lavate la testa ai vostri figli ogni giorno…la cocaina è merda

  2. L’IRSUTO CAPOCCIONE, STAVOLTA NON DIPSENSA CONSIGLI DALL’ATTICO DELLA GRANDE MELA AL SOLDO DEL POPOLO ITALICO, MA SCENDE FRA NOI COME IL MESSIA CHE MAI FECE CONTRADDITTORI E MAI NE FARA’.

  3. Che privilegio per Sulmona, città celeste, la prima di un recital sulle mafie, e su come la mentalità ‘mafiosa’ impedisca il nascere e il mantenersi di ogni relazione affettiva autentica.

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