Trovati con drone e scatole dei cellulari vicino al carcere: fermati e denunciati due napoletani

Due indizi fanno una prova. Forse quella utile per far luce sull’ingresso dei cellulari trovati in possesso ai detenuti del carcere di Sulmona nel corso degli anni. Questo pomeriggio, i carabinieri della Compagnia sulmonese hanno intercettato due uomini, provenienti dalla Campania, intenti a far volare un drone a pochi metri dall’istituto penitenziario peligno. Nella vettura, un’auto nera posteggiata a pochi metri dalle campagne di via Martiri del Lavoro, i militari dell’Arma hanno rinvenuto dei moschettoni, un filo di nylon e, soprattutto, una scatola di un telefono cellulare (Redmi A2 che però non è stato trovato dai carabinieri) e di una powerbank.

Quanto basta per accendere almeno il sospetto sulle due persone fermate. Più difficile incriminarle, dato che uno dei due è in possesso di regolare patentino per pilotare droni. Inoltre, il velivolo si trovava a terra al momento dell’arrivo della pattuglia. Ad allertare i carabinieri è stato un gruppo di persone nelle campagne immediatamente adiacenti al carcere di via Lamaccio. Troppo malfido l’utilizzo del drone a pochi metri dall’istituto penitenziario. Una motivazione sul perché far volare il drone proprio in quell’area i due la dovranno comunque fornire.

Anche perché la “spedizione” aerea non sarebbe nuova all’interno della casa di reclusione sulmonese. Lo scorso febbraio, nel campetto utilizzato dai detenuti per trascorrere l’ora d’aria, era stato ritrovato un sacco contenente otto telefoni e un quantitativo di droga. Una consegna arrivata a destinazione, ma non al destinatario. Un ritrovamento al quale è seguita la perlustrazione a sorpresa della struttura, battuta palmo a palmo da 150 agenti penitenziari per cinque ore. Un setaccio che ha fatto emergere, oltre ad altri quattro dispositivi, anche l’apparecchiatura per tatuare. A ottobre 2022 vennero trovati venti device in possesso ai detenuti. Nel 2020 i parenti di un boss della criminalità organizzata, tentarono di introdurre due mini telefoni all’interno della cella del detenuto. All’epoca il raggiro fu tentato nascondendo i device all’interno di alcuni tubetti della schiuma da barba, prontamente scovati grazie a un’ispezione ai raggi X del pacco dentro il quale erano contenuti i dispositivi.

Più recente, invece, la scoperta di quattro telefoni all’interno dei cestini della spazzatura del carcere avvenuta la scorsa settimana. A scoprirli gli agenti della polizia penitenziaria, coordinati dal comandante Miriam di Desiderio, a seguito di un intervento perlustrativo all’interno della struttura. Oggetti subito sequestrati e fascicolo aperto da parte della Procura della Repubblica di Sulmona.

Insomma, situazioni non nuove all’interno del carcere peligno, tra i diciannove istituti penitenziari coinvolti nella doppia inchiesta della DDA di Napoli sul “service” per far entrare droga e smartphone dietro le sbarre. Appena 12 mesi fa un agente penitenziario, 53enne del Molise ma da anni in servizio a Sulmona, venne arrestato per aver introdotto tre telefoni cellulari all’interno del carcere.

Più che un carcere, quello di via Lamaccio assume sempre più i tratti di un call center.

Nella serata a conclusione dell’attività investigativa e sentiti anche i testimoni, i carabinieri di Sulmona hanno denunciato i due napoletani fermati nel pomeriggio. Si tratta di un sessantenne e un venticinquenne che, secondo l’accusa, erano venuti a Sulmona con l’intento di introdurre due telefoni cellulari nel carcere di via Lamaccio utilizzando il drone. I due non hanno risposto alle domande dei carabinieri che, dopo aver sentito il magistrato di turno, hanno deciso di rimetterli in libertà e denunciarli.

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