Uno sciopero della fame che ha il sapore della dignità

Francesco è un ragazzo coraggioso. Figlio come tanti e tante della “diaspora peligna”, che ad un certo momento della sua vita, fuori dalla Valle, ha detto basta torno a vivere a casa. Dopo la laurea in ingegneria e il lavoro come tecnico alla Sevel, ha salutato amici ed amiche della costa ed è ritornato dall’altro lato della Majella all’ombra delle tre torri che dominano il suo paese: Pacentro. Ha fatto un investimento importante ed è diventato gestore del ristorante Fonte Romana, magnificamente immerso in una faggeta ai piedi della Majella.

Il turismo, la sostenibilità, il chilometro zero, la tutela della montagna e della natura, sono condensati nella sua attività, anzi ne sono gli elementi peculiari. Una scommessa assolutamente non scontata la sua, in una Regione in cui una volta i politici facevano a gara a definirla “Regione verde d’Europa” che però adesso, fra abbandono delle aree interne, tagli ai servizi ed opere impattanti sembrano volerla trasformare più che altro in un buco nero.

In questo marasma ed in questa incertezza generale, Francesco come molti suoi coetanei si ritrova vittima della ritirata strategica dello Stato dalle Aree marginali e periferiche, al punto che nel suo caso, la Provincia non avendo soldi per garantire la sicurezza della viabilità montana chiude d’imperio tutte le strade che non riesce a mantenere e manutenere. Nel caso specifico, un’ordinanza di un dirigente ha contemporaneamente chiuso la sr 487 e la sr 54 di fatto isolando Fonte Romana, rendendo impossibile a Francesco l’accesso alla sua attività. Ha dovuto disdire suo malgrado tutte le prenotazioni che col bel tempo iniziano ad arrivare ed ha pubblicato un post sulla pagina Facebook in cui si scusa, sospendendo l’attività.

Isolato per decreto senza nemmeno mezza telefonata, quando invece ad alzare la cornetta è stato lui per sentire l’ente gli hanno detto che la strada è malconcia e che potrà forse essere riaperta dal lato di Caramanico – quasi una beffa questa.

“Se dovesse cadere un fulmine sulla mia attività io nemmeno lo saprei – dice De Chellis ironicamente, con un velo di amarezza in volto – sono qui e rimarrò qui anche questa notte, fino a quando non arriverà qualcuno a dirmi cosa intende fare per permettermi di lavorare. Sono in sciopero della fame nella speranza che qualcuno si accorga anche che esiste questa parte d’Abruzzo”.

Uno sciopero della fame il suo, che vuole dare un segnale radicale e determinato, un gesto che ha il sapore della dignità.

Savino Monterisi

1 Commento su "Uno sciopero della fame che ha il sapore della dignità"

  1. Strade e sprechi | 8 Maggio 2018 at 23:35 | Rispondi

    l’inerzia dei politic ed amministratori locali la si paga sempre. La colpa è di chi doveva fare finora e non ha fatto. Adesso magari chi ci si trova non ha alternative. O le ha ma non le cerca o non vuole troppe rogne. Ad ogni modo i soldi pubblici per disboscare e far arricchire ditte e tecnici che fanno i tagli ci sono. Anziché usarli per cose utili come le strade. Ricordate i tagli del morrone quanto son costati e a chi sono serviti? l’ultimo taglio è costato almeno 900 mila euro. Roba da rimetterci a posto tutte le strade della zona con quella cifra e invece usate per far tagliare i boschi e fare guadagnare in pochi. Alla faccia della collettività che paga le tasse. Tasse usate male. Poi come si fa a dire che non ci sono i soldi per le cose utili, se si spendono per cose inutili e persino dannose?

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