Attori & spettatori

Se chiudo gli occhi vedo il mio Nero Wolf. Grosso Tino Buazzelli. Se mi tappo le orecchie sento Vittorio Gassman, Alberto Lionello ed Erika Blank. Se intreccio le gambe si muovono i De Filippo, Luca e Luigi. Aldo e Carlo Giuffrè. Ma sì, anche Mariano Rigillo con i sogni reali di Raffaele Viviani. Carmelo Bene e le statue argentate di Hommelette for Hamlet. Il Grigio signor G. Flavio Bucci capace di recitare Pirandello solo con una Marlboro tra le labbra. Paolo Rossi e Silvio Orlando, strambi e corti. Ecco le dita di Alirio Diaz, il Guarneri di Uto Ughi. La carrozza della Pfm, i treni a vapore di Ivano Fossati. Come il film di una vita, quasi fosse Sulmonacinema. Il festival in un luogo, allora, senza una sala con grande schermo.

Il rosso comunale ha sulle spalle ottantanove primavere. Oggi. Il 4 maggio 1933 le porte furono spalancate a Verdi e a Giordano. Premiere da sogno con Rigoletto e Andrea Chenier. Sul proscenio Maria Caniglia e Benvenuto Franci. Un coro di ottanta voci e un battaglione di comparse. Nella buca cinquanta professori d’orchestra.

Ho messo piede la prima volta in quel palazzotto spintonato dalla scuola, che mi pagava metà dell’abbonamento annuale alla stagione Atam. Per regalarmi un miraggio, non durante le ore di lezione. Ma la domenica pomeriggio. Eravamo ragazzi rumorosi, muti però al passare di un funerale o della processione. Timidi in quel catino illuminato a giorno dal cristallo. Elegante e profumato di velluto. Sempre pieno, dalla platea all’alto loggione: mille e duecento posti a sedere con vista bellezza.

Quando la burocrazia e la sicurezza rubarono cinquecento spettatori, da scribacchino dilettante riuscii a beccare a Milano i figli o i nipoti degli artigiani, non ricordo bene, che avevano creato le sedute di legno e stoffa negli anni trenta del Novecento. Volevo sapere. Raccontare. Fu infatti affidata alla stessa famiglia la sostituzione della morbida copertura con un’altra gemella ma ignifuga. A prova di fuoco. Dello stesso colore. A norma di legge.

Sono tornato altre volte in quell’arena sempre meno luccicante. Sui muri i segni del tempo, come sulle mie mani. Che vorrebbero scolpire all’ingresso le parole di uno scrittore irlandese, Seán O’Casey: “Tutto il mondo è un palcoscenico e molti di noi sono disperatamente non recensiti”. Che grande verità: solo pochi possono mostrarsi su quelle tavolacce. Solo gli attori, quelli veri. Ma è bello anche essere ombre senza volto del pubblico per guardare la meraviglia. Testimoni paganti in un teatro donato alla città dai nostri nonni. Che dobbiamo soltanto meritarci. E conservare nel tempo. Ancora. E ancora. Per continuare ad applaudire.

Dylan Tardioli

3 Commenti su "Attori & spettatori"

  1. Il bene della cultura | 4 Maggio 2022 at 03:07 | Rispondi

    Evviva il teatro in tutte le sue declinazioni…evviva l’arte della recitazione

  2. Anna Giammarco | 4 Maggio 2022 at 13:48 | Rispondi

    Dylan Tardioli , mi ha fatto battere forte il cuore nel rivivere le emozioni effettivamente provata nei primi contatti col Teatro , sempre confermate nei successivi . Dalla sua descrizione ho mutato lo stupore in confortante senso di appartenenza ad una Comunità di Estimatori del messaggio umano trasmesso dall’Arte dello Spettacolo in tutte le sue forme .

  3. Superbo narratore dell'”incantesimo sublime”.

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