Delegazione allargata a Roma: “Fatece largo che passamo noi”

Il risultato è stata un’azione unitaria, almeno apparente: oggi a Roma, insieme ai sindaci del territorio, a fare la “scorta” alla dimissionaria Annamaria Casini per riconsegnare la fascia tricolore non si sa bene a chi, ci sarà anche il vice presidente del consiglio comunale di Sulmona Fabio Ranalli. Un modo per dire, insomma, che la battaglia contro la centrale Snam è condivisa tra maggioranza e opposizione, anche se non nei metodi. Perché a differenza di quanto emerge dal documento finale, quella di ieri sera è stata una capigruppo tutt’altro che serena a palazzo San Francesco.
Con una parte della maggioranza che insisteva per evidenziare il sostegno al sindaco e l’opposizione che proprio non ci pensa, anche perché sono in molti a non condividere il gesto delle dimissioni. Tanto più che hanno l’aria di essere una farsa.
Il dato rilevante che emerge dalla capigruppo è però che per il momento di consiglio comunale straordinario non se ne parla. Eppure qualche giorno fa, pochi minuti prima dell’annuncio delle dimissioni della Casini, erano tutti d’accordo ad andare in Aula persino il giorno di Natale. Ora invece la maggioranza frena e non si capisce bene perché.
Le carte e gli allegati alla decisione del Consiglio dei ministri dovrebbero arrivare ad ore a Palazzo e forse qualcuno vuole prima leggerle per capire come comportarsi, dove parare i colpi, dove affondare. Perché chissà che da quelle carte esca qualche sorpresa.
Un gioco di strategia politica quella contro la Snam che è utile solo a chi lo fa, perché, al contrario, all’azienda ogni silenzio e ogni ritardo, ogni colpo dato alla cieca (come sarà probabilmente anche il ricorso al Tar, visto che la procedura autorizzativa non sembra essere gravata da errori), fa solo comodo a rafforzare le sue ragioni e aggiungere un tassello al progetto tanto della centrale che del metanodotto.
I capigruppo si sono dati così nuovamente appuntamento all’indomani della gita romana, fissata alle ore 11 davanti a palazzo Chigi con i sindaci del territorio.
Il premier Gentiloni non ha ancora risposto alla pec inviata dalla Casini (guardaunpo’) e l’ordine di scuderia è uno: anche se non c’è il presidente del consiglio di un parlamento ormai sciolto, si lascia la fascia tricolore sulla porta, ci si fa qualche selfie e poi tutti a provare la cucina romana e ad invocare l’oste per l’altro vino.
Perché alla fine ad alzare le mani e fare le vittime del sistema, è sempre meglio farlo a stomaco pieno e con la coscienza, e solo quella, apposto.

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