Il “peso” della memoria. Oscar, ebreo della libertà

Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata rossa entrarono nel campo di Auschwitz abbattendo i cancelli e liberando i prigionieri.  L’orrore si rivelava così agli occhi dei soldati e da lì a poco a tutta l’umanità che da quel momento avrebbe conosciuto la pagina più nera della storia. Furono deportati a migliaia su vagoni della morte, costretti all’umiliazione, ad un numero sull’avambraccio come capi di bestiame dietro a metri di filo spinato con il simbolo della loro “colpa” cucito sul petto, la stella di David. Solo in pochi fecero ritorno. La conta delle vite, china il capo su quella delle morti per mano della follia nazista e fascista, “un’opera demoniaca” per dirla alla Primo Levi nell’incomprensibile analisi di “quali insospettate riserve di ferocia e di pazzia giacciano latenti nell’uomo”.

Il 27 gennaio si ricorda tutto quello che in quegli anni accadde, una data istituita nel 2000, per celebrare il Giorno della Memoria, ricordare la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico.

Tra le fila di quegli ebrei che finirono sotto lo schiaffo vergogoso delle restrizioni razziali, anche la famiglia Fuà, sulmonesi commercianti, che pur di salvarsi furono costretti a dividersi, rinunciando per diverso tempo a quell’unione e alla serenità di un normale nucleo familiare. Figli nascosti, lontani, divisi per sopravvivere e ritrovarsi poi.

 L’adolescente Oscar Fuà come gli altri ebrei era stato bandito da tutte le scuole, seppure fosse un bravo studente. A soli 17 anni però decise di imbracciare le armi, affrontare il nemico e liberare la sua nazione. Volle partire come volontario della libertà unendosi alla Brigata Majella. Forse a spingerlo a fare quella scelta, una morsa divenuta troppo pesante, un’insostenibile senso di ingiustizia. E chissà Oscar, solo con se stesso, quante volte avrà pensato a quella vita di fughe e nascondigli, all’etichetta di diverso, di razza da cancellare. Avrà meditato che forse in un paese di sfacciata disumanità lui avrebbe dovuto fare la sua parte, quegli uomini dell’orrore e della follia andavano combattuti. Così fece, da quel momento non sarebbe stato più a guardare. Oscar divenne uno dei tanti ebrei a partecipare alla Resistenza.

Si arruolò quando la Brigata Majella era a Recanati, fu mandato prima a Chieti e poi, grazie all’intercessione del comandante Troilo, inserito nel gruppo dei mitraglieri, della compagnia di Sulmona. A 17 anni iniziò la sua resistenza, contro i nazisti e fascisti, su quel campo di battaglia ci mise forza, coraggio, rabbia e cuore per un’Italia da liberare. I suoi ricci sotto l’elmo e una divisa che non c’era, poi arrivò pure quella, improvvisata dalle sarte della speranza e dalle mogli o dalle madri di figli partiti e mai più tornati. Un tricolore di cui andar fiero quello sì, c’era sempre. Il 4 dicembre 1944 però nelle operazione di liberazione di Brisighella, Oscar cadde a terra senza più alzarsi, colpito dal fuoco nemico. Ai suoi compagni della Brigata toccò la più amara delle scoperte, tra i corpi degli uomini caduti c’era quello più giovane, divenuto per tutti un figlio, un fratello. In quei metri di sangue e ferro, scorsero i ricci del giovane Oscar sotto l’elmo. L’eroe ragazzo, l’ebreo della resistenza, era morto in nome di quel sogno di libertà.

La Shoah, gli eccidi, la violenza, colpirono gli ebrei ma anche testimoni di Geova ed omosessuali.

Una giornata per ricordare, per riflettere, per riconsegnare la storia, quella dei campi di concentramento e quella più vicina, che ha attraversato le nostre stesse strade, guardato lo stesso orizzonte. Una storia a pochi passi da noi, che abbiamo il dovere di conoscere e l’obbligo morale di preservare dall’umana sciocchezza per difendere il “peso” della memoria. Per non dimenticare, mai.

Anna Spinosa

5 Commenti su "Il “peso” della memoria. Oscar, ebreo della libertà"

  1. Cara Anna,
    tutto condivisibile e ineccepibile.
    Una sola precisazione del tutto marginale. Sembra di capire dal tuo articolo che Oscar fosse il più giovane della Brigata, invece il più giovane era Ennio Pantaleo, aveva solo 14 anni.

  2. Oscar Fuà
    N.27.07.1927 Sulmona
    M.04.12.1944 Brisighella

    Non “sembra” nulla nell’articolo… anzi.

    Credo non ci sia altro da aggiungere, se non una prece.

    http://cultura.regione.abruzzo.it/asp/redirectApprofondimentiBC.asp?pdfDoc=xBeniCulturali/docs/personaggi/FUAOSCAR.pdf
    http://www.brigatamaiellasvp.it/biografie/

  3. Dove capisce quello che non è scritto?

    Oscar Fuà
    N. 27.07.1927 Sulmona
    M. 04.12.1944 Brisighella

    Credo sia tutto chiaro nel servizio come non ci sia altro da aggiungere se non una prece.

  4. L’anonimo Temp legge molto frettolosamente e sentenzia a sproposito.
    Nell’articolo di Anna Spinosa è scritto :”L’adolescente Oscar Fuà ( … )a soli 17 anni decise di imbracciare le armi, affrontare il nemico e liberare la sua nazione”.
    Ho solo fatto notare che il più giovane della Brigata era Ennio Pantaleo, aveva solo 14 anni. Tutti due eroici volontari, sottolineare l’età è solo una precisazione storica. L’anonimo me lo permetterà?

    • Le è permesso quello che vuole.
      Unicamente non va mistificata la lettura dell’articolo, dov’è il “soli” non equivale al suo “più” come non vi è nulla che lo “sembra”.

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