L’arte di Girolamo: tra fili, sogni e storie nasce il progetto dei “Pupi Italici”

Nelle parole di Girolamo c’è una grande passione. Quando mi spiega cosa vuol dire essere un puparo ecco che il suo racconto sembra prendere forma, a condurre la narrazioni qui è l’immaginazione, tra storie, leggende, cavalieri e gli occhi curiosi di grandi e piccini.

C’è un’imprescindibile componente del sud, un dna che non mente, ricco di suoni, atmosfere e voci. Come quella di un ragazzo siciliano di 34 anni che dall’isola dal profumo di arance, di mare e porti aperti è venuto in Abruzzo, la regione capofila del meridione, di certo un po’ più fredda, ma dalle tradizioni e dalla ospitalità affine. Un mondo di lavoro, preparazione e poesia dietro la scena dei pupi e del puparo, oltre ai fili e  alle battute pungenti insomma, una vera e propria costruzione del personaggio, del pupazzo, la sua fisionomia che deve rispecchiarne inevitabilmente il carattere. Nelle storie di Girolamo però non solo avventure strappa risate, ma riflessione e una grande ambizione: i Pupi Italici, omaggio a Corfinio e ai Peligni, nei luoghi in cui “l’Italia” nacque.

I pupi: l’arte, la tradizione e lei?

Sono nato e cresciuto a Palermo centro, una città dove l’arte dei pupi è ovunque, nei modi di parlare, di esprimersi, anche nei dolci e nelle nostre pitture si allude ai pupi, ad esempio la cassata é arabescata con gli stessi disegni che si trovano nelle armature dei paladini.

Da ragazzo frequentavo diversi laboratori, a Palermo attualmente ci sono più di sei compagnie ad operare, ma più di mezzo secolo fa erano tanti, si narra di 32 teatri stabili. Delle grandi e storiche famiglie rimaste oggi a Palermo abbiamo Mancuso, Argento, Cuticchio e le giovani compagnie di Salvatore Bumbello e Angelo Sicilia.

Nel 2013 mi sono trasferito in Abruzzo per amore,  avevo una forte nostalgia della mia terra, infatti la dipingevo sempre, allora dentro di me è uscito questo bagaglio dei pupi che avevo interrato, costruendo un teatrino mobile e pupi a Sulmona e fondando con Alessandra Guadagna la mia compagnia.

Cosa vuol dire essere puparo e la sua visione di Pupi Italici

Essere puparo per un Siciliano vuol dire essere se stessi, perché a noi piace tanto dialogare e raccontare la nostra arte, tradizione, radici attraverso un oggetto, la pittura, la cucina, fa trasmettere la nostra anima e calore. Vivendo in Abruzzo ho conosciuto delle meraviglie naturali aiutandomi a concentrare e guardare anche oltre, ho scoperto la storia di questi popoli, qui per la prima volta la parola Italia, parlo della guerra sociale, che hanno combattuto contro Roma repubblicana per integrarsi e avere la cittadinanza, sembra un po’ di vivere i nostri tempi, infatti sto producendo questo spettacolo per far conoscere attraverso la figura le radici dell’Abruzzo, fondando una nuova tecnica e repertorio i ” Pupi Italici” 

Spettacoli per le scuole, non ultimi quelli al piccolo Teatro, cosa portano in scena i suoi personaggi?

I miei spettacoli parlano di storie romanzate, con un pizzico di fantasia.

Adesso sto producendo uno spettacolo sulle guerre sociali che hanno combattuto i popoli italici durante Corfinio capitale..

Un’arte complessa, c’è un mondo dietro spesso non compreso

L’arte del pupo è molto complessa da svolgere, e sopratutto che la gente la capisca, molti pensano che facciamo un semplice spettacolo per piccini, ma non è così , è anche adatto per adulti, dietro uno spettacolo ci sono ore di prove, costruzione dei pupi che richiama l’arte dell’intaglio, lo sbalzo dei metalli, il cucito la pittura. Si fonde l’arte con l’artigianato, nell’arte dei pupi tutto è costruito artigianalmente, dalla struttura teatrale ai fondali delle scene, devi sapere manovrare e recitare contemporaneamente, ho scelto questo mestiere perché mi rende di spaziare tutte le arti senza vincoli, mi fa sentire unico e di trasmettere qualcosa di raro che oggi si e’ persa, non nego che le difficoltà manchino, a livello economico per comprare le materie prime e spingere per campare, ma quello che mi fa più rabbia a volte è la mancanza di interesse quando proponiamo i spettacoli e l’assenza delle istituzioni. Perché pensano che sono dei semplici mammocci in movimento, ma quando facciamo gli spettacoli e sento il respiro, le emozioni, le risate, la partecipazione dei bambini mi si riempie il cuore. Penso che agli adulti si è persa la voglia di sognare e ridere, che in questa società tutto sia brutto e scontato. Ma noi continueremo a fare questa battaglia, trasmetteremo ai bambini i sogni, dato che un giorno loro saranno il futuro di questo mondo.

Anna Spinosa

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