Continua l’occupazione nel Comune senza bagni e senza lavoro

Sono ancora qui, a coppie di quattro e turni da otto ore, chiusi nel Palazzo a presidiare la loro dignità. Una notte e un giorno di occupazione e un’altra notte ancora comincia. “Qui resteremo fin quando non ci verrà data qualche risposta, concreta però”.
Non come le chiacchiere fatte finora e ripetute questa mattina dal sindaco Annamaria Casini che ha incontrato una delegazione di lavoratori delle cooperative sociali: schedati prima di entrare, sotto controllo da parte delle forze dell’ordine “come fossimo criminali”.
Ma questa è la prassi e non è neanche il disagio più grave, perché ci sono i bagni chiusi, niente brandine e, soprattutto, quel pensiero fisso alle famiglie, perché lontane e perché senza un futuro certo. “Siamo precari da anni – spiegano i lavoratori delle cooperative – ma mai avremmo pensato che il Comune ci scaricasse in questo modo”.
Questa mattina, dopo il colloquio, il sindaco si è presentato in Aula per sapere quali intenzioni avessero gli occupanti, che lunedì c’è Ovidio da omaggiare con una mostra. Mica pizza e fichi.
“Non le abbiamo neanche risposto – racconta una delle lavoratrici ferma da cinque mesi – come lei non ha risposto a noi”.
Al piano alto di palazzo San Francesco si affacciano i consiglieri comunali, di maggioranza e opposizione, passano a dare la loro solidarietà anche gli imprenditori come Tonino Angelone che, a causa dello svuotamento dell’ufficio sisma, del non lavoro delle cooperative, ha dovuto bloccare uno dei cantieri più grandi della ricostruzione. “Non si rendono conto del danno che stanno producendo alla città – rincara la dose – qui non vengono neanche più i rappresentanti a bussare, perché tanto sanno che è tutto fermo, che non pagano perché non si rendiconta. E’ un lavoro difficile e delicato quello della rendicontazione e bisogna saperlo fare”.
Annuisce Mirella che prima era addetta, per otto anni addetta: lo sa bene, lei, quanta fatica e professionalità ci vuole per districarsi tra le carte di Fossa.
Perché oltre la gara che non si fa, c’è anche e soprattutto il timore del mancato riassorbimento da parte di eventuali nuovi appaltatori. Perché la cosiddetta clausola di salvaguardia inserita nella bozza di gara “non è completa – sottolinea Michele Lombardo, segretario regionale della Uil che è venuto a capire cosa sta accadendo – l’articolo 50 è molto più lungo e complesso della frase inserita nella bozza di gara e garantisce davvero i lavoratori storici”.
Arriva la solidarietà di Alberto Di Giandomenico di Italica: “Il sindaco e la maggioranza dicano la verità ai lavoratori, gli dicano di che morte devono morire, se se ne devono andare da questa città”; quella di Silvano Di Pirro di Rifondazione Comunista: “Problemi burocratici, inspiegabili ritardi e certamente ‘cambiali elettorali’ passate all’incasso, travolgono la dignità dei lavoratori e il futuro delle loro famiglie. La politica non può giocare con la vita dei lavoratori” e quella di Franco Casciani del Fronte Popolare di Emiliano: “Appare, a questo punto, doveroso e improcrastinabile che anche la segreteria locale del Pd, neoeletta, esprima mediante un documento ufficiale la propria posizione sulla vicenda”.
Mirella e Valeriano e gli altri di turno si preparano alla notte, un’altra lunga notte nel palazzo buio che prima gli dava lavoro e ora neanche più un bagno.

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