Il fiore del partigiano

Il clima è quello della vigilia, anche se si è trattato di una celebrazione: perché quest’anno il 25 aprile è arrivato prima del ritorno in giallo. Una liberazione, quella dalla pandemia, che però non è ancora compiuta. La strada è ancora lunga e davanti al monumento alla Brigata Maiella, ieri, si è cercata più la forza di combattere ricordando i combattenti che l’analogia. 

E si è cercato quell’anelito alla libertà, per respirarla a fondo, di nuovo. Ricordando quella pagina di storia e di lotta che 76 anni fa trasformò un popolo di montanari e contadini, avvocati e borghesi, in una Brigata di coraggio e orgoglio combattente.

Alle dieci all’incrocio tra via Togliatti e via Cornacchiola dove è stato realizzato il monumento ai Maiellini, arrivano puntuali con un fiore in mano quelli dell’Anpi e della Fondazione, gli amici del Germe che una settimana fa avevano fatto gli auguri al centenario Gilberto Malvestuto (catalizzando oltre 400mila visualizzazioni e citazioni di telegiornali e tv nazionali), giovani e anziani. Ci sono Lorenzo Lucci e Michele Avolio, ancora, con le loro chitarre e la voce di decine di persone che intonano i canti dei partigiani. Per sentirsi vicini, partecipi di uno stesso sentire.

Mancano le istituzioni comunali: la sindaca Casini, quella che “non ha grande memoria” e a cui “non piace pensare al passato” (così in un suo post il giorno del compleanno di Malvestuto), ha lasciato in “omaggio” cestini ricolmi di rifiuti e una delega alla sua vice e alla presidente del consiglio (che lei aveva da fare) di ottemperare alle celebrazioni della Festa. Prima al monumento ai caduti in piazza Tresca e poi un vaso di fiori con foto di rito in solitudine davanti al monumento alla Brigata Maiella.

Il popolo della Maiella è già andato via, distante: chi per monti, sui sentieri dei partigiani, chi verso casa ancora ad interrogarsi su cos’è la libertà. Parlare, pensare, scrivere, scrivere ciò che si pensa e non ciò che viene dettato. Che quella è roba da servi, spesso anche sciocchi.

Gioire e compiacersi del fiore lasciato a far ombra al partigiano.

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