L’educazione dell’orso

Ora i due orsetti, i figli orfani di Amarena, hanno una buona possibilità di sopravvivenza, dice il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: una convinzione che, ribaltando le prime ipotesi fatte dagli stessi esperti, nasce dalla verifica della loro vivacità e mobilità. Individuati ieri, sembra, a 25 chilometri da San Benedetto dei Marsi e su strade che ormai, ritiene il Pnalm, si sono separate. Insomma i due orsetti se la cavano per il momento, riescono a trovare cibo e sono tornati nei boschi. Ma nulla si dice sulla loro capacità di superare la stagione invernale da orfani: nati a gennaio scorso, infatti, i figli di Amarena difficilmente sapranno trovare un rifugio per il letargo, semplicemente perché la mamma non ha potuto insegnarglielo. Anche per questo le ricerche e i tentativi di catturarli restano in piedi, così come gli interrogativi su cosa sia giusto per la loro gestione.Il tema è di ormai costante attualità in Abruzzo: perché oltre ad Amarena e i suoi cuccioli, c’è la cronaca fresca dell’orsa Gemma e le sue incursioni sin dentro le cucine degli scannesi e prima ancora c’era Juan Carrito, prima che venisse ucciso da un’auto.

Tema delicato quello della convivenza pacifica tra uomo e orso, su cui lo stesso Pnalm, ieri, ha voluto mettere in chiaro dei punti: sfatando, innanzitutto, il mito delle incursioni legate alla ricerca di cibo. “Gli orsi non entrano nei paesi perché hanno fame, intendendo per fame, il fatto che non trovano sufficiente cibo in natura e sono così costretti ad avvicinarsi ai paesi – scrive l’ente -. Se così fosse il numero degli orsi a ridosso dei centri abitati sarebbe decisamente maggiore e così non è, come risulta evidente. Per questo ‘mettere da mangiare agli orsi’ per tenerli lontani dai paesi non può essere la soluzione e non lo diciamo a cuor leggero, in fondo sarebbe la cosa più facile da fare, e anche la più popolare (almeno secondo alcuni). Il nostro no al supplemental feeding si fonda su basi scientifiche ma anche empiriche: il Parco stesso in passato ha sperimentato tale pratica senza ottenere alcun successo”.

L’altro mito da “sfatare” è per il Pnalm “il modello Abruzzo”, frutto, dice l’ente, di una creazione mediatica per contrapporre il modello Appenninico al modello Trentino. Preferisce parlare di educazione, il Pnalm: “E’ innegabile e incontrovertibile che le comunità locali del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise questo percorso di consapevolezza lo hanno fatto e lo stanno facendo, perché in 10 anni circa di vita di Amarena nessuno le ha mai fatto nulla di male né pensato di farlo, anche dopo le sue tante spericolate scorribande – scrive -. Quindi in questo contesto che vede 100 anni di Natura protetta la parola ‘modello’ trova una sua forma, il problema, semmai è portarlo anche fuori dai confini del Parco”. Ribadendo che il Parco oltre il suo confine nulla può, se non essere di supporto.

A complicare le cose arriva anche la versione dell’Ordine dei Biologi di Lazio e Abruzzo, secondo cui la convivenza con l’orso marsicano, per sua natura, è possibile, oltre che auspicabile: “Gli orsi marsicani vivono da sempre in luoghi molto antropizzati – dice la delegata per l’Abruzzo, Piera Lisa Di Felice – e sono riusciti a sopravvivere solo quelli più mansueti che hanno tramandato alla loro prole questo atteggiamento più schivo”.Il problema, insomma, più che gli orsi, sono gli umani. Perché cento anni di educazione, possono vanificarsi con un colpo di fucile di un singolo. Fosse anche solo per paura o per “sbaglio”.

1 Commento su "L’educazione dell’orso"

  1. … beh, si, effettivamente gli Orsi non entrano in paese per la ricerca di cibo, in natura ce n’è in abbondanza per tutti loro, ma per fare due passi in mezzo alla gente unitamente ai loro cuccioli… poi alcuni di loro sono diventati talmente confidenti da introdursi non solo nei pollai adiacenti le abitazioni, così tanto per salutare polli e galline, ma non si fanno scrupolo di entrare fin dentro le cucine delle abitazioni per una visita alla signora “ Maria” che sta cucinando… è vero, il problema siamo noi esseri umani… dobbiamo essere più inclusivi e abituarci alla loro presenza… in fondo loro sono quasi sempre curiosi, mansueti e simpatici… il problema, per noi come per loro, è la NOIA… maledetta noia… per questo frequentano sempre più spesso i centri abitati, sai che “ palle “ passare tutte le notti al buio girovagando in mezzo a boschi e praterie…

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