Pd, si salvi chi può. D’Alfonso: “Vado a Roma”

“Prendiamo atto di un voto che sancisce la sconfitta della proposta di governo del Partito Democratico”. Così Luciano D’Alfonso parla della debacle dei Dem: “Le nostre ragioni sono apparse più deboli di quelle messe in campo dalle opposizioni di ieri”.

Ma non contiene l’amara sorpresa per la vastità del consenso a “forze populiste e antieuropee e lascia non poche preoccupazioni lo scenario che si prepara per il Paese nell’incertezza dei numeri in Parlamento che al momento non lascia intravedere la possibilità di formare un Governo”. E ai vincitori di oggi, Movimento 5 Stelle e la Lega di Salvini chiarisce “dovranno farsi carico di questo onere, dimostrando di saper realizzare quanto promesso nella loro efficacissima campagna elettorale”.
Un po’ sibillino, ma non abbastanza per far capire che sceglierà la strada di Roma: “Onorerò il mandato popolare che ho ricevuto per rappresentare le esigenze dell’Abruzzo a Roma – scrive su Facebook il presidente -. Non appena la mia elezione sarà convalidata, si aprirà il procedimento previsto dalla norma per risolvere la questione dell’incompatibilità”. Nessuna intenzione di accelerare, insomma, continuerà ad avere il doppio mandato fin quando gli sarà permesso e al più a lungo possibile per influenzare le prossime regionali che, chissà, magari potranno vedere di nuovo lui come candidato. D’altronde a Roma non è che ci sia un clima così stabile.

Pronto alle dimissioni è invece il segretario regionale Marco Rapino, che però cerca di difendersi e giustificarsi dietro quello che è stato un trend nazionale: “Da segretario regionale offro la mia piena disponibilità per ogni percorso di riflessione che il PD affronterà sia a livello nazionale che regionale – commenta Rapino -. Il nostro è un voto, sia nell’affluenza sia nel risultato, che ci lega al trend del sud, dove il PD in ogni regione ha perso tra 8 e 10 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2013”. Un’emorragia che, però, è anche il frutto di una politica “dei muscoli” che in Abruzzo con l’egemonia politica di D’Alfonso e del suo gruppo, è stato lo specchio del renzismo.

1 Commento su "Pd, si salvi chi può. D’Alfonso: “Vado a Roma”"

  1. L’ultima frase spiega bene il livello di queste persone che negli ultimi anni hanno fatto credere a tutti noi di voler incarnare l’ultimo baluardo di una sinistra progressista nel nuovo millennio. Soggetti che con un ego smisurato hanno portato all’autodistruzione un partito ricco di storia e che ora seppur sotto un evidente reggenza fallimentare decidono di aspettare a farsi da parte. Anche perché “quando si inizia qualcosa si deve portare in fino in fondo”! Giusto?

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