Reginella si toglie la “corona”: stop alla produzione per il caseificio di Sulmona

La produzione è ferma da una settimana e nei frigo dei supermercati c’è un buco “incolmabile” nel reparto latticini: la “mucca azzurra” di Reginella d’Abruzzo ha dato forfait. Si spera temporaneo, comunque uno stop. Diciannove lavoratori a casa, che si aggiungono ai dieci già licenziati l’estate scorsa.

La crisi ha colpito duro nel settore caseario e ancora più in quella fascia che va oltre l’artigianato, ma che non ha allo stesso tempo le economie di scala della grande industria.

“E’ un fermo tecnico – spiega l’imprenditore Paolo D’Amico – una pausa di riflessione su come e se continuare: l’impennata dei costi energetici e delle materie prime, non ci ha lasciato scelta. Si trattava di fermarsi o precipitare”.

Così da una settimana il caseificio di Case Pente ha fermato le macchine, in attesa di capire cosa fare: “Entro Pasqua prenderemo una decisione – continua l’imprenditore sulmonese – stiamo valutando anche altre possibilità d’impresa, certo è che in queste condizioni non ci è possibile andare avanti: produrre è diventato controproducente, si lavora a perdere ormai da mesi”. Anche perché la grande distribuzione, che Reginella d’Abruzzo serviva, non permette aumenti improvvisi sul prodotto. Anche volendo, insomma, non sarebbe stato possibile “scaricare” i maggiori costi sui clienti.

D’Amico aveva lanciato l’allarme già a settembre scorso e nel frattempo le condizioni non sono cambiate molto: il latte, materia prima dei caseifici, ha registrato un aumento del 70%, l’energia (e in un caseificio se ne consuma tanta) impennate che vanno dal 300 al 1000%, così come imballaggi e logistica che segna un più 50%. “Gli aiuti arrivati sotto credito di imposta – continua D’Amico – hanno inciso poco e niente. La sostenibilità economica dell’impresa è saltata e non si può resistere all’infinito. Stiamo valutando se intraprendere nuove strade, per il momento ci siamo fermati”.

Una chiusura che, oltre al danno dei posti di lavoro persi e all’economia, è anche un colpo alla tradizione del settore della trasformazione: Reginella d’Abruzzo è sul mercato da un secolo e a Sulmona la famiglia D’Amico aprì il suo caseificio esattamente sessanta anni fa, quando cioè dalla Puglia si trasferì per espandere un’attività che già dal dopoguerra si era imposta sul mercato.

27 Commenti su "Reginella si toglie la “corona”: stop alla produzione per il caseificio di Sulmona"

  1. Una grave perdita per l’imprenditoria del posto. Tanta stima e tanto dispiacere.

  2. È l’esempio di una piccola e operosa imprenditoria allo sfacelo, non solo in Abruzzo e non solo nell’industria casearia.
    La terra, gli allevamenti e la pastorizia hanno sempre dato i loro prodotti, poi rielaborati dall’uomo come nell’industria casearia o in altri settori di trasformazione.
    Alla base processi industriali sempre più meccanizzati in cui il sistema produttivo migliorava la quantità prodotta, i tempi e i costi di produzione e anche le condizioni dei lavoratori (pensate a come poteva essere un caseificio 100 anni fa, per esempio).
    Il punto è che un processo industriale così ridefinito è altamente energivoro ed è terribilmente dipendente dai mercati sia per l’energia che per la materia prima (nel caso specifico il latte) molto più di quando 100 anni fa il caciaro doveva interloquire personalmente e direttamente solo con realtà locali (contadini, pastori del luogo o delle valli limitrofe).
    A volte la vedo davvero grigia, come di un sistema economico che sta collassando, oltretutto con forti scompensi demografici che non consentono più il graduale ritorno al precedente siatema manifatturiero (che comunque era doloroso e richiedeva sacrifici oggi non più concepibili).

  3. Senza fare un trattato c’è da dire che la qualità non era più quella di una volta, giusto una settimana fa ho preso una vaschetta e avevano un sapore amarognolo…

  4. Ah adesso si va all’estero… I vari marchi sempre del nostro territorio sono ottimi

  5. Dispiace tantissimo per i miei colleghi. Felicissimo di essere andato via. Da ancora prima che iniziasse questa crisi già avevamo cassa integrazione e periodi di fermo, ma ai capi non sono mai mancate auto di lusso, nuove case e vacanze.

    • Alessandro Palumbo | 21 Marzo 2023 at 08:31 | Rispondi

      Caro Sandro, il suo commento andrebbe inviato per conoscenza a tutti coloro che nella vita hanno fatto o fanno impresa, a tutti quelle aziende,come nel caso di Reginella d’Abruzzo, che per circa un secolo ha dato lavoro a decine di famiglie garantendo loro sostentamento,dignità e futuro. Sono certo,leggendo quanto ha scritto,che nessuna azienda le darebbe più alcuna opportunità di lavoro, neanche fosse l’ultima manovalanza disponibile sul territorio. Rifletta su quanto scrive, è questione di decenza e non solo.Buona giornata.

      • Sono orgoglioso delle imprese del territorio. Io amo la Valle Peligna, ma è sbagliato volere di più? Avere dignità? Migliori condizioni di lavoro? So bene che la situazione per gli imprenditori sia peggiorata, ma ho visto tante cose da lavoratore. Facendo un discorso generico, tra le varie fabbriche in cui ho lavorato, ho constatato macchinari manomessi, stabili fatiscenti e senza norme di sicurezza, cassa integrazione solo per ricevere fondi dallo stato anche con produttività altissima e non si può denunciare per non perdere il posto di lavoro. Le sembra giusto che se io mi presento in ritardo a lavoro ricevo un richiamo o una sanzione disciplinare mentre se lo stipendio arriva in ritardo bisogna portare pazienza (con moglie, figli e mutuo da pagare)? Le ripeto: sono grato alle imprese della vallata e a ciò che hanno reso possibile, ma tutto si è fermato nel passato. Per quanto riguarda l’ultima parte della sua risposta: ho sempre lavorato duramente, ma ho scelto la dignità all’amore per il territorio. Sono in Emilia Romagna ed è davvero un altro mondo. Nessun datore di lavoro si è mai lamentato del mio operato e faccio sempre del mio meglio. Io le auguro di avere tante opportunità di lavoro perché l’impegno e lo studio questo dovrebbero permettere e di non accettare qualunque lavoro capiti, solo perché in passato ha sfamato decine di famiglie.

      • Non dimentichi che il lavoro, lo hanno “dato” i lavoratori, chi fa impresa dovrebbe dare indietro la giusta dignità e da ciò che leggo forse da voi, non avveniva proprio così.

    • I “capi”, ovvero gli imprenditori, non vedo il motivo per il quale non possano acquistare quello che vogliono con i loro soldi!?! Se é diventato controproducente tenere aperto, la cosa più logica é fermare la produzione e non prosciugare un patrimonio accumulato con anni di ingegno e sacrifici. Se vuole l’auto di lusso, nuove case e vacanze apra la sua azienda se ne é capace.

      • Il problema è l’incoerenza. Ci si sente dire, parlando al plurale, che dobbiamo compiere i sacrifici e invece… Comunque non si preoccupi, non ho bisogno di beni materiali inutili, guardo i miei figli e la mia vita e mi sento ricchissimo. Il senso della vita è altro a parer mio. Il mio comunque non era un discorso legislativo, ma di tipo etico e basato sulla sensibilità.

        • Sono con lei. Non si lasci intimorire, perché di quello parliamo, dal poco signorile Alessandro Palumbo, non fa che confermare ciò che lei ha scritto e che è una realtà, verità sottaciuta e sofferta da tanti troppi lavoratori, proprio perché esposti a questi biechi e voli ricatti.
          Signor Palumbo, seppur nel dispiacere dell’impoverimento del territorio, dopo la sua risposta, non posso che provare un sottile compiacimento unito all’augurio di doversi trovare sotto lo stesso ricatto paventato al Signor Sandro. Si vergogni, caduto (forse) e ancora così spocchioso.

        • Signor Sandro sono con lei. Non si lasci intimorire, perché di quello parliamo, dal poco signorile Alessandro Palumbo, che con la sua risposta non fa che confermare ciò che lei ha scritto e che è una realtà, verità sottaciuta e sofferta da tanti troppi lavoratori, proprio perché esposti a questi biechi e vili ricatti.
          Signor Palumbo, seppur nel dispiacere dell’impoverimento del territorio, dopo la sua risposta, non posso che provare un sottile compiacimento unito all’augurio di doversi trovare sotto lo stesso ricatto paventato al Signor Sandro. Si vergogni, caduto (forse) e ancora così spocchioso.

      • Dopo aver assolto ai loro impegni da Imprenditori nn ci vedo nulla di strano.
        DOPO.

  6. Cittadino di Sulmona | 21 Marzo 2023 at 08:14 | Rispondi

    Bravissimo Sandro.. Gli operai sono stati SFRUTTATI FINO ALLO STREMO …
    Senza ricevere stipendi, tredicesime e quant”altro.. Ed ora lasciati così
    Mentre le auto di lusso, gli appartamenti e le settimane bianche, azzurre, rosse dei “dirigenti” danzavano, sotto il loro naso..
    Ehh che bella crisi!

  7. Una grave perdita | 21 Marzo 2023 at 08:20 | Rispondi

    È una perdita enorme per il nostro territorio, le mozzarelle di Sulmona così come venivano chiamate dai turisti era il nostro fiore all’occhiello. Dispiacere più grande è rivolto ai padri fondatori che hanno lavorato una vita. Io di economia non capisco niente ma credo che è ora di tornare indietro e ricominciare dai quei piccoli laboratori artigianali.

  8. … era un’eccellenza quando, in piccolo, il caseificio lavorava latte prodotto nelle stalle del circondario, ricordo ancora i loro piccoli furgoncini di raccolta che si approvvigionavano dagli allevamenti locali… poi l’idea di trasformarla in un’industria globalizzata ne ha determinato il tracollo qualitativo e di conseguenza la crisi… difficile se non impossibile confrontarsi con i grandi gruppi lattiero-caseari e reggerne la concorrenza di mercato.
    La bontà qualitativa e l’eccellenza, si ottengono solo con le piccole produzioni e trasformazioni locali a km zero delle materie prime.
    Che siano latte, carne, vino, olio o altri prodotti alimentari.
    Diversamente, prodotti alimentari industriali per riempire la pancia e sfamare i consumatori, ma a prezzi di mercato concorrenziali… che l’anello al naso i consumatori se lo sono tolti da tempo.

  9. Se le persone in primis acquistano dai vari discount prodotti di bassa qualità per risparmiare qualche centesimo, invece di prediligere le produzioni locali, sarà sempre peggio. Questo è solo l’inizio. Chiaramente non mi riferisco a chi è costretto a risparmiare ma quei tanti che possono ma sono spilorci fino al midollo. Moglie e marito con entrambi 2 bei stipendi acquistano affettati che puzzano, latticini, pasta ecc dai discount per risparmiare qualche centesimo. Avranno lo stomaco di ferro, bho! Io compro solo roba di qualità, ne compro di meno ma mangio eccellenze.

    • Devono forse rendere conto a lei? Mangerà anche prodotti d’eccellenza, ma dal suo cervello non vengono di certo eccellenti considerazioni.
      Lei ha in una volta sola mortificato chi non può spendere, e giudicato, ripeto non sono affari suoi, chi liberamente decide come spendere i soldi guadagnati col loro lavoro, loro lavoro, non regalati da lei.

  10. Cittadina di Sulmona | 21 Marzo 2023 at 10:51 | Rispondi

    Se solo non si pensasse di essere invincibili, sapete, non si arriverebbe a tanto. Come si suol dire, il troppo storpia. E così è stato. Io sono una che l’ha vissuta questa cosiddetta “crisi”. Dal 2017. Non è questione attuale insomma, perché a sistemare i problemi che ci sono per mostrarli agli altri siamo bravi tutti. Sono la figlia di un lavoratore che si è sempre spaccato la schiena lì dentro. Un lavoratore essenziale, che se non c’era, sembrava che fosse la fine del mondo. Un lavoratore a cui però non spettava abitualmente il suo stipendio, perché i “soldi non ci sono” dal 2017! Un lavoratore a cui non aspettava la retribuzione notturna nonostante lavorasse solo di notte. Un lavoratore a cui i diritti erano sempre un po’ opzionali, come il semplice orario di lavoro. Allora che storie sono queste? Il fermo temporaneo va avanti da anni. Forse ciò che converrebbe è mettersi un po’ la mano sulla coscienza e capire che gli errori sono stati fatti da anni. Che a credere di diventar grossi, si è finiti per rovinare tutto. E tornare indietro non è facile. Io glielo auguro che possa riuscirci a riprendersi. Ma fa sì che la prossima volta, al primo posto ci sia l’essenziale: gli operai, i loro diritti, il prodotto e poi tutto il resto.

  11. Beh la loro qualità era scesa da tempo! Altri caseifici locali prosperano mantenendo qualità medio alte ed evitando cautamente la grande distribuzione! Comprando semilavorati dall’est europeo ben poco rimaneva della tradizione locale. Le scelte imprenditoriali si sono rivelate sbagliate e sarà difficile invertire la rotta….. spero per loro e per le famiglie che ci lavorano che abbiano un deciso cambio di prodotto e ritornino a quello che facevano i loro nonni…..

  12. Le multinazionali hanno divorato tutte le piccole aziende grazie alle politiche liberiste occidentali!ieri a piombino è arrivata la nave rigassificatore americana il gas costa il doppio del gas russo,il presidente americano dichiara che l’Ucraina deve continuare la guerra..chi vuol capire capisca!!SULMONA tra 10anni conterà 15mila abitanti sarà una grande casa di riposo,dispiace per reginella ed i lavoratori!!

  13. Lettore qualunque | 21 Marzo 2023 at 13:41 | Rispondi

    Dalla notizia di settembre ad ora ne è passato di tempo!!! Quello era l’aperitivo, ora il pasto è arrivato alla frutta! Spiace per un marchio storico della tradizione artigianale locale, spiace per i titolari e chi prima di loro ha creato l’azienda ma ancor di più per i dipendenti che sicuramente hanno dato tanto, dietro i quali come ricordava qualcuno ci sono le famiglie, con spese mutui prestiti figli da far studiare e non attici, auto di lusso, gingilli costosi vacanze extra lusso e tutto ciò che serve a far vedere, quindi solo facciata, uno status quo che evidentemente troppo ha prosciugato. Un imprenditore è giusto che con i propri soldi faccia ciò che vuole, ci mancherebbe! ma a fronte di una azienda sana e gestita con prudenza e oculatezza. I problemi sono di chi ce li ha o se li trova per cause esterne. Speriamo sia davvero un arrivederci…

  14. Un gran dispiacere per reginella per la sua storia la sua vecchia qualità del prodotto.
    Ma va anche detto che il dispiacere più grande va alle famiglie dei dipendenti sempre presenti nonostante li venissero negati i loro diritti di lavoratori orari massacranti per compensare giornate di chiusura senza essere riconosciuto straordinario o una semplice pacca sulla spalla con un grazie lasciati
    Ad aspettare ritardi sugli stipendi tredicesime dimenticate.
    Pultroppo a gestione interna è ricaduta sulla qualità
    Un vero imprenditore deve far sentire orgoglioso il proprio dipendente di indossare la divisa ogni mattina
    Per regginella nell’ultimo decennio e stato il contrario
    Solo chi ha veramente avuto a che fare con l’imprenditore che ora da colpa unicamente alla crisi sa Il suo vero operato interno.

  15. bene,le aziende combattono una guerra persa in partenza,gli aiuti promessi rimangono nei cassetti , i finanziamenti pubblci arrivano solo ai carrozzoni dei politicialtroni e loro indicati,i consorzi della promozione dello sviluppo territorale,milioni di euri per fare cosa? Consulenze,eventi,feste,sagre paesane,marchi/brand,ecc,ecc,ovvio per i ritorni degli interessi particolari…il cibo dei peligni che dice? Che fa? Chiacchiere,o no?

  16. Fare impresa in Italia è ormai impossibile!!

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