Uno scherzo, non un gioco

Si cominciava presto. La mattina. A punire qualsiasi gonnella si agitasse nel quartiere. Soprattutto la bella con le trecce, quella biondina che se tutti gli altri giorni l’avessi incrociata nei corridoi della scuola ti avrebbe fatto arrossire. Ma l’importante è che fosse una femmina da colpire sulla testa. Era uno scherzo, non un gioco il Carnevale: si faceva sul serio addestrando bande di ragazzini guerrieri a far l’amore. Il primo manganello era mozzo e innocuo come quello che Pulcinella usava per mazziare ‘o Diavolo nello scatolone delle marionette poggiato in piazza dai fratelli Ferraiolo. Di plastica molle e vuoto d’aria dolce. Con un fischio sfiatato infilzato nel cilindro del manico. Fu solo l’anno dopo che scoprii come rinforzarlo, con carta straccia, terra grassa dei gerani della nonna o addirittura rena poco setacciata. E venne l’era dei barbari, della clava di Attila alta come il compagno di banco. Tosta e con i fronzoli. Potevi metterci di tutto là dentro, a seconda della forza dell’acerbo avambraccio o della criminale follia dell’incoscienza. Un’arma feroce e primitiva, giusta per stordire un cinghiale, buona a spazzar via le donne dalla strada per tutto il martedì grasso.

Strambo e colorito giorno. Quasi una burla contro natura: tanti, moltissimi maschi su corso Ovidio, così per almeno tre lustri, dalla porta che guarda il Genzana fino alla grande Villa. Fiumi di personaggi improbabili e trucchi fai da te raccattati a casa. Giovanotti con giarrettiere, tulle e sottane di pizzo mostrate per stupire. Indossate per far ridere, non per dare giustizia a un’anima imprigionata in un corpo che non sentiva il suo. Ai bambini, poi, bastava una benda nera stracciata sugli occhi e baffetti di matita per esser Zorro. L’invincibile. Inflazionato eroe mascherato a costo zero. Gareggiare nel rosso teatro era invece un lusso per chi aveva in tasca il superfluo o una mamma amica di ago e filo. Brava a cucire una Mascherina splendente d’argento. Sul palco sfilavano sempre gli altri. Gli stessi che prima d’ogni Pasqua potevano entrare nel negozio d’abbigliamento, all’angolo del borgo, per trovare un farfallino con l’elastico da far sposare con l’abito blu già bell’e pronto. Confezionato.

Scorreva lento lento. Era un mondo uguale a quello del fratello maggiore. Di stoffa da sconciare. Giacca in velluto da smontare. Un pantalone fresco lana da rovesciare per il vestito seminuovo della primavera che mastro Panfilo avrebbe imbastito su misura. La tua. Quando c’erano due soldi si spalancava la porta al rappresentante che portava il campione di gabardine. Pettinato. Roba da signori. Altro che regali, la meraviglia dovevi conquistarla con un travestimento geniale. Mescolando il poco che mostrava l’armadio infestato dalla canfora. C’era voglia di cambiare a quei tempi. Cadeva addirittura la neve pungente come un ago. Non s’aspettava l’arrivo della ruspa del Comune per aprire la via. No. Si impugnava la pala per essere liberi.

Dylan Tardioli

10 Commenti su "Uno scherzo, non un gioco"

  1. Già dal primo rigo avevo capito che era un articolo di Tardioli.
    Prosa-poesia inconfondibile.
    Grazie per questo bellissimo tuffo nel passato.

  2. Manganellare le ragazzine era una cosa bestiale e tanto, tanto diseducativa: da bambino non lo ho mai fatto, da giovane cominciai a scrivere ai giornali locali per protestare, a rivolgermi al Sindaco dell’epoca ad Autorità…sarebbe bastato vietare la vendita di clave e manganelli…che giocattolo erano? solo un invito alla violenza! oggi si direbbe alla violenza di genere. Mi rivolsi anche alle Autorità scolastiche per chiedere di fare interventi nelle scuole per far capire l’assurdità della cosa, ma…niente. Poi, fortunatamente, questa prassi selvaggia e, incredibilmente , tollerata da genitori e insegnati ( anche donne, anche genitori di bambine) è andata scomparendo. Allora furono tentativi inutili, sono contento che oggi si è giunti una consapevolezza ed una sensibilità diversa. Guido

  3. non si picchiavano le bambine, ci si picchiava a vicenda. quel giorno i ragazzini capivano che nella vita c’è chi la clava la da e chi la clava la prende. capivi il senso del limite, del reale. la schiumata in faccia per i vicoli dietro Giammarco, lo schiaffo di quello più grande a piazza venti l’ho portato dentro tutta la vita e, come monito, mi ha salvato negli anni duri della vita quando il tempo ti portano il conto. era una sorta di rito comune tardo infantile- adolescenziale dove si prendeva coscienza dell’elemento violenza e si imparava a gestirla. scherzandoci. come il fuoco, elemento della natura, se gestito da la vita altrimenti distrugge tutto. la violenza, sentimento del genere umano, se gestita diventa reattività, competizione nella specie , progresso. la storia dell’uomo d’oggi è la sintesi anche di azione violente, la rivoluzione francese è il progresso morale- politico determinato da azione violenta. la violenza esiste e con la negazione la si incanalala in percorsi sconosciuti e che la rendono sempre più potente, per farla sfociare in azione umane contro l’uomo.
    molti hanno una concezione ideale dell’uomo e della vita finchè non prendono un cazzotto in faccia.

    la vita, come una nerbosa clava, picchia duro, quando meno te lo aspetti.

    io proporrei il carnevale giornata mondiale della clava

  4. giornata mondiale della clava? bah..
    Balbo, a parte gli scontri fra ragazzini che, per lo meno, potevano essere paritari, ma comunque condannabili perchè davano, come dici anche tu, per scontata la violenza, la sopraffazione, dove non vinceva ceeto, come nei film, il buono e il giusto; ma io ricordo bene gli agguati, specifici, mirati solo alle ragazze, bande di ragazzini armati di quella clava che vorresti celebrare per aggredire donne anche adulte che, a 18,20 anni dovevano subire l’umiliazione, la violenza che un passato di maschilismo, violenza, sopraffazione ci stava consegnando ancora negli anni 70\80, comunicando, di fatto, a quei ragazzini non che la vita è una lotta, ma che chi è più forte, furbo, spalleggiato puo’ sfogare come vuole la sua bestialità… davvero un’ottima educazione e messaggio per quei bambini che da grandi si sarebbero relazionati a fidanzate, mogli, sarebbero andati allo stadio o dati alla competizione politica…gli effetti di una società violenta si trascinano per decenni.

  5. Concordo anche io per far tornare manganelli e uova sode a Carnevale !
    Nello scherzo si impara la vita ….e le manganellate prese o date insegnano molto ….non esiste il mondo dei tutti buoni. Esiste il mondo dove dove dobbiamo insegnare ai bambini che le teste di mnkia (i cattivi )esistono e bisogna impararsi a difendersi da loro .
    Ricordo che da ragazzino alla villa comunale di sulmona spruzzai schiuma sulla schiena e un po’ finì sulla faccia ad una ragazza ( allora si usava ) un po’ più grande di me pensando di farla franca perché sembrava un po’ dimessa e noi eravamo i mascherati , pensavo vabbhe si prende una schiumata e finisce lì in fondo e’ carnevale ….Ricordo invece che mi rincorse per cento metri era velocissima come una gazzella…..salati il filo di ferro di allora circondava la
    Villa comunale ma niente ….lo salto come una iena pure lei….e una volta che mi raggiunge davanti a Eraldo mi sclocco’ un sono calcio in culo ! Mi spaventai e da allora capii che lo scherzo non tutti lo gradivano e spotratutto a non sottovalutare mai nessuno ….maschio o femmina che sia !

  6. Tacella, io invece ho visto ragazze con il naso o gli occhiali rotti dalle manganellate gratuite e, permettimi, senza alcun significato se non quello dello sfogo violento e maschilista di una cultura arretrata. Bene fece quella ragazza a rincorrerti, ma…non tutte erano capaci ed era pazzesco che donne adulte, in quei giorni di carnevale, vedessero violata la loro libertà personale e la loro incolumità!

  7. Caro Guido purtroppo è la vita.
    Giusto condannare la violenza ma ormai qui in Italia si cerca di imporre un momdo che non esiste. Addirittura nello scherzo bisogna essere asettici.
    Nel mondo purtroppo c’è tanta violenza impegnamoci a condannare quella seria, quella delle bombe e delle armi, e lasciamo mano libera alla clava. In fondo una manganellata sul sedere più che un pizzicore non ha mai ucciso nessuno.

    Nunc clavandibus est

  8. Caro, non è ora che voglio avviarmi a polemizzare, ma manganellate sul sedere o pizzicotti è una cosa, comunque, da condannare per l’offesa e l’umiliazione verso le donne! Magari all’epoca molti non se ne rendevano conto e la ritenevano una forma di gioco e scherzo, ma, oggi, fortunatamente c’è una diversa sensibilità e cultura, poi ti ho ricordato i nasi e gli occhiali rotti…le ferite fisiche, ma ,soprattutto , psicologiche per donne ventenni aggredite da ragazzini o qualcuno anche più che ragazzino. Anche quella era una violenza “seria” soprattutto per l’esito psicologico negativo sulle ragazze e sui ragazzi. Qualcuno degli uomini che ha scritto qui oggi ha provato a mettersi nei panni di una ragazza di allora? O se oggi ha una figlia, ha provato a pensare che in questo giorno, una generazione di tempo fa, se la sarebbe vista tornare a casa sanguinante e umiliata? Vedrete che il giudizio sarà meno bonario e nostalgico… Non “clavandibus est” per niente! specie se i colpi vanno su persone che non possono difendersi adeguatamente, ti ripeto: era solo vigliaccheria, maschilismo e violenza che non può essere legittimata, a posteriori, dal “tanto c’è ben altra violenza. Guido

  9. L’articolo mi ha sbloccato un ricordo ma non certo un rimpianto! Tra l’altro noi ragazze preadolescenti di quegli anni, già sufficientemente represse in famiglia, subivamo ulteriori limitazioni “protettive” alle nostre libere uscite proprio nelle giornate in cui i nostri coetanei potevano dare un certo sfogo alle loro pulsioni aggressive e (in modo simbolico) non solo.. 😅

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