Forma vs Sostanza

 

 

Prendiamo ad esempio una materia conosciuta a tutti, seppure, per questione di forma, pubblicamente evitata come riprovevole, la cacca.

Nella valutazione di tale materia la sostanza è requisito indubbiamente centrale, soprattutto nella disamina funzionale a verificare lo stato di salute di chi l’ha prodotta.

Ma a ben pensarci non è la sostanza ciò che mette in allarme il produttore, o perlomeno non la peculiarità che salta agli occhi, quanto piuttosto la forma.

Vederla ammonticchiata sulla ceramica del vaso piuttosto che spiattellata come in un quadro di Pollock a decorare il sanitario, avvoltolata in un composto cannolone unico arrampicato morbido su se stesso piuttosto che secreto arido e scortecciato a mo’ di ramo di albero rinsecchito, a parità di sostanza, fa la differenza.

La sostanza, a meno della forma, non è così determinante nella valutazione di un dato, come un fine non è conquistato in modo soddisfacente se il mezzo usato per raggiungerlo fosse inaccettabile.

Se è fuori dubbio che è la sostanza che importa, la forma non è così secondaria da poter essere elusa, anzi, come su dimostrato, è strettamente connessa alla prima.

La metafora metabolica è assolutamente calzante: un dato di sostanza se espresso o comunicato in una forma fuori luogo risulta senz’altro meno efficace. In alcuni casi, addirittura, una forma impropria nella comunicazione di un convincimento anche legittimo può generare di per sé sostanza deleteria.

Coca Cola e aspirina sono, ad esempio, due sostanze pacifiche ma costrette insieme in un volume chiuso ermeticamente, per quanto la sostanza resti la stessa, potrebbero evolversi in miscela esplosiva.

 

 

Viene da elucubrare su concetti così riprovevoli in questa torrida estate di escandescenze estemporanee, quando sembra andare di moda sparare dai balconi a perfetti sconosciuti, nella maggior parte dei casi di etnie diverse dallo sparatore.

Bambini rom, lavoratori neri e passanti stranieri sono le vittime predilette del nuovo gioco estivo, il tiro da canotta terrazzata a bersaglio umano semovente.

 

Casi sporadici, per carità, per ora la moda non ha attecchito nei larghi strali della popolazione ma, trattandosi di persone e non di orsacchiotti di peluche, anche un solo caso mette in allarme quei pochi che ancora conservano in un questo frangente storico una qualche forma di discernimento logico.

Certo, attribuire le spinte che animano schegge impazzite alla neo cultura imperante che alimenta odio e paura del diverso, non è così scontato. Così come, d’altro canto, è da valutare con favore una nuova maggioranza che tenga alla sostanza più che alla forma, dopo anni di forme anche ricercatissime a meno di sostanza.

 

Però un rappresentante delle istituzioni che esca in pubblico a sparare improperi e invettive inneggianti alla riprovazione collettiva verso uno stesso bersaglio non ha lo stesso valore se lo facesse un ubriacone al bancone del barista,  perché è alto il rischio di  ripercussioni non facilmente prevedibili.

Perfino se la sostanza, ovvero l’argomento trattato, fosse addirittura condivisibile, la forma diventa passaggio ineludibile.

Può capitare infatti che un qualsiasi demente abbrutito dalla vita, rincoglionito dalla vecchiaia o depresso da condizione disgraziata, magari la moglie gli ha messo le corna, magari ha scoperto una malattia degenerativa o non ha trovato il pane fresco al supermercato, affacciato ad un balcone con un fucile a pallini, nel veder passare una persona additata dal suo stesso rappresentante politico come causa di tutti i suoi mali, per quanto si suppone debba avere una sua personale capacità di discernimento,  può sentirsi autorizzato a risolvere autonomamente le sue ambasce e quelle collettive, premendo il grilletto. Magari pentendosene un attimo dopo, oppure, al contrario, sentendosene fiero, leggendo sui social l’apprezzamento generale al suo insano gesto.

Esattamente come se il suo gastroenterologo, esaminando al microscopio qualche molecola del suo scarto biologico, lo rassicurasse sul suo stato di salute, sottovalutando la forma con cui la sostanza è stata espulsa dal corpo.

Allo stesso modo, per quanto ammettessimo che gli stranieri debbano tornarsene tutti a casa loro, il rispetto minimo per la dignità dell’essere umano con cui esprimere anche il meno amorevole dei messaggi soprattutto se sei un ministro della repubblica, non è riducibile a pura valutazione estetizzante, non a retorica fine a se stessa, né a buonismo da radical in barca a vela.

La forma, ci suggerisce la cacca dal vaso, è in ogni attività di un’istituzione, fondamentale esattamente quanto la sostanza.

Siamo alle basi. Uno di quei principi fondanti che un qualsiasi ministro,  già alzandosi la mattina dal cesso per spostarsi sul bidet a nettarsi dai residui degli scarti che penzolino dalle bassi rotondità per presenziare al social quotidiano, a meno di non essere schifoso scarrafone coprofago che ripulisce cassonetti e tombini, conosce a menadito.

Esattamente quanto la sua cacca.

 

Antonio Pizzola

 

 

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