La carnevalata

O gioia! O gaudio! È arrivato il Carnevale!
Abbiamo dovuto aspettare dodici lunghi mesi, ma finalmente è tornato l’unico giorno dell’anno in cui possiamo vestirci in modo stravagante, prendere in giro tutti, mangiare grassi saturi e rovesciare l’ordine costituito delle cose, sporcando le strade e pure il fontanone di piazza Garibaldi testé ripulito.
Un dì festoso, senza regole e pieno di colore, da passare a lanciare i coriandoli e tutti i sassolini che, nascosti da una maschera, possiamo toglierci finalmente dalle scarpe.
È il momento della trasgressione, dell’irrazionalità, della burla che deve essere necessariamente accettata, perché a Carnevale ogni scherzo vale: ultimo sfogo umano prima che giunga la Quaresima a chiudere le danze, a cospargere ogni capo di cenere e a CARNEM LEVARE.
Non rompeteci le scatole con la cosa della maschera pirandelliana, perché quella carnevalesca ce la scegliamo a gusto nostro, senza sottostare ai diktat della società.
L’infermiera sexy, la strega sexy, il vampiro sexy, la gatta sexy, il supereroe sexy, la suora sexy, il diavolo sexy, qualsiasi cosa sexy.
Ma in una società in cui ormai gli eccessi sono presenti tutto l’anno, ha davvero senso un giorno come il Carnevale?
Fritti, scherzi, feste, guizzi e lazzi quotidiani, goliardia portami via, chi non mangia in compagnia è un ladro o una spia, l’acqua fa male, il vino fa cantar.

Per fortuna ci sono i bambini, quelli piccini. Quelli senza il telefono da trecento euro in tasca e una connessione internet che butta in faccia la verità.
Loro non si accorgono di quanto siano brutti i trattori che sfilano nel centro della città con un po’ di cartapesta colorata sopra e il rumore del motore che copre la musica. Non fanno caso al grigiore che un pugno di coriandoli non riesce a colorare. A loro non importa che la bacchetta magica non faccia davvero magie, la pistola di plastica non li difenda dai nemici e che dai loro polsi non spunti una ragnatela per catturare i cattivi.
Non lo sanno che lo zecchino non è effettivamente d’oro, né la mascherina d’argento.
Con le voci squillanti, qualche dente che manca all’appello e le guance rosse per il gran correre, riescono a dar vita al personaggio che rappresentano, rendendolo vero-davvero almeno per un giorno. Supereroi magici, eroi fiabeschi, dame bellissime e coraggiosi corsari.
Finché la festa finisce, la mamma chiama e bisogna tornare a casa, perché si sta facendo buio.
Restano a terra un po’ di coriandoli e tante bombolette di schiuma spray, che entro un mese qualcuno raccoglierà e differenzierà.
Un altro Carnevale è andato, con l’inspiegabile tristezza che lo accompagna nelle città come la nostra, in cui decidiamo di festeggiarne solo l’ultimo giorno, sempre lavorativo, sempre di pioggia, sempre con mille altre cose più importanti da fare.
Pulcinella ha finito di dire la verità, si toglie la maschera col nasone e rimette quella di Snapchat, con gli zigomi alti e gli occhi grandi, la pelle liscia e i fiori in testa, il musetto da cagnolino e il bisogno di piacere a tutti, come un maestoso carro allegorico -di quelli fatti bene- che, al suo passaggio, lascia esterrefatti gli spettatori, ma è solo una finzione, non c’è da impressionarsi, la realtà è molto diversa: più semplice e più bella.

gRaffa
Raffaella Di Girolamo

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