La muta del tatuatore

La Porsche Taycan elettrica è parcheggiata in garage, come i sogni di gloria che sogni non sono più o che comunque sono cambiati: a 45 anni, dopo aver scalato la vetta del mondo nel suo campo, anzi di averlo creato un mondo, Ennio Orsini ha deciso di cambiare pelle. Per lui che sulla pelle ci lavora e che sulla pelle crea, è un’altra sfida, che va oltre il fatturato e la gloria, investendo una dimensione più intima.

I quesiti che ci si pone invecchiando, chissà: sentirsi ed essere utili, per sé e per gli altri. “Oggi preferisco vendere una protesi da duecento euro, anziché fare un trucco da mille” confessa tenendo lo sguardo negli occhi, non fuggendo davanti alla verifica di chi quegli occhi li ha visti esaltarsi per il successo. Caviale e champagne.

 Il valore del lavoro non ha più oggi il profumo dei soldi, quanto il suono dei grazie e l’immagine del sorriso sui volti delle donne che tornano a guardarsi nello specchio riconoscendosi. Si chiama estetica restitutiva: dal trucco permanente per coprire una alopecia, ridisegnare un capezzolo portato via da una mastectomia o coprire una cheratosi, alla sua evoluzione – frutto del suo studio, della sua inventiva e dei suoi brevetti – passata dalla dermopigmentazione alle protesi. L’ultima sua creatura è Xtrude, una protesi in silicone che riproduce perfettamente il suo gemello nella forma, consistenza, colore e che si attacca con una speciale colla al seno offeso, alla falange tagliata, al padiglione auricolare mutilato, resistendo agli stress del quotidiano. Come fossero veri, insomma.

“Durante la pandemia, dopo il crollo improvviso del settore tatuaggi, e ancor più dopo lo scoppio della guerra in Ucraina che ha bloccato una fetta consistente di clientela che veniva dalla Russia – spiega Orsini – mi sono messo a studiare e perfezionare queste protesi, su cui già lavoravo da tempo. Sono entrato così in un mondo completamente diverso, molto più appagante dal punto di vista umano e professionale, che mi vede oggi interloquire con i medici e gli specialisti della sanità. Per mediare tra medicina ed estetica e tra estetica e psicologia”.

Non ha le pretese di indossare un camice bianco, però: “Nasco e resto un truccatore-estetista  – racconta – solo che mi piace sfidare, inventare, mettermi alla prova: oggi il mio business è in una fase discendente, la Orsini e Belfatto, che si occupa di fornire materiale e strumenti per tatuatori e truccatori, fino al 2019 superava i 6 milioni di euro di fatturato, oggi ne fa 1,3 milioni. Dermamente, che è poi l’evoluzione della mia prima impresa – Deco Studio -, si è stabilizzata su 1 milione di euro di fatturato. Il mercato in questo settore si è saturato e paradossalmente i miei competitor sono quelli che ho formato. Ma non mi interessa: fino a qualche anno fa piovevano soldi a palate, una crescita di fatturato per molti versi inattesa. Fin troppo facili. Mi sono impigrito nella zona comfort, cullato dal denaro e dal successo. Oggi, per questo, voglio rimettermi in gioco, sfidarmi di nuovo. E voglio farlo cercando di essere davvero utile ai miei clienti: passare dal frivolo al serio, dalla vanità alla necessità”.

Di sfide Ennio Orsini ne ha vinte tante nella vita, sin da quando nei primi anni Duemila, poco più che ventenne, aprì il suo Deco Studio (decorazione corporea) in via Aragona: “Mia mamma era un’estetista e cominciai lì a truccare le sue clienti – ricorda – feci un corso a Roma e per un periodo collaborai per un grosso gruppo che lavorava per la Rai e Mediaset. Poi mi cacciarono perché mi permisi di chiedere un compenso adeguato, che mi facesse sopravvivere. Così decisi di tornare a Sulmona e aprire un mio studio per riscattarmi. Il trucco, però, non aveva un grande mercato a Sulmona e mi avventurai nel settore della formazione”.

Inizia così l’ascesa: “Organizzai un corso per tatuatori e trucco permanente e intercettai Toni Belfatto che era uno dei cinque nomi abruzzesi, un tatuatore atipico, in giacca e cravatta. Fu l’unico a rispondere al fax. Si iscrissero in dodici – racconta – ma in verità il tredicesimo ero io. A Toni diedi l’80% dell’incasso, ma intanto io avevo imparato a trasformare il trucco in tatuaggio”. L’incontro con Belfatto si cementa: i due decidono di aprire una scuola, poi dopo il know-how di fornire anche gli strumenti. Aghi e inchiostri che andavano a rifornire gli stessi allievi che si avviavano al lavoro. “I primi pacchi li facevo in un magazzino piccolissimo sulla circonvallazione: il commercio degli strumenti mi permetteva da una parte di risparmiare sulla materia prima che utilizzavo come truccatore-tatuatore, dall’altra di offrire ai corsisti il pacchetto completo”. Dermamente diventa così un brand, avviando in franchising 13 negozi in tutta Italia (oggi rimasti in 5), sfruttando anche la fama che nel frattempo Orsini si conquista in tutto il mondo: dai corsi online, agli inviti nei più importanti happening del settore: Cile, Brasile, Olanda, Stati Uniti. Una fama che non è scemata, visto che l’ultimo invito è arrivato qualche giorno fa dal Vietnam, a Ho Chi Minh City, dove dal 15 al 18 luglio prossimi Orsini sarà ospite d’onore di un evento il cui titolo dice già tutto: Wulop – le leggende del trucco permanente.

“Ho girato il mondo come una trottola in questi anni – racconta – da relatore e da insegnante, è stato un lavoro a parte. Sono diventato uno dei riferimenti nel settore, anche se una delle mie soddisfazioni più grandi è stata quella di scrivere e promuovere la prima legge sui dermopigmentatori: la regione Abruzzo è stata la prima in Italia a dotarsene e riconoscere questa professione. Tra qualche settimana si concluderà, con i primi 12 dermopigmentisti riconosciuti, il primo corso di formazione realizzato con i fondi GOL. Lo stiamo facendo a Pescara, ma i docenti sono quasi tutti di Sulmona”.

Orsini quella “scottatura” di Roma presa a venti anni, non l’ha mai dimenticata: l’altra sua sfida è stata quella di voler realizzare tutto a Sulmona: “Quando l’offerta è unica – spiega – se la vengono a prendere anche qui”. Nella sua città, oggi, dà lavoro a dodici persone, oltre a diversi collaboratori che ruotano intorno alle sue aziende. Anche se non sempre le cose sono andate come aveva programmato: l’invenzione e il brevetto di Magttoo, un pigmento magnetico su cui applicare gioielli (con un accordo già siglato con Swarovsky), ad esempio, alla fine è stato bloccato da una legge che ha vietato l’uso di metalli nell’inchiostro. Orsini ci aveva puntato molto e, anzi, aveva scritto anche un libro sul dermomagnetismo la cui applicazione non era solo nel campo dei gioielli, ma poteva essere utilizzato anche nell’estetica restitutiva. La comunità scientifica gli ha detto di no, però. E, chissà, forse anche per questo oggi, la sua nuova pelle, vuole indossarla con il consenso dei camici bianchi.

“E’ una grande soddisfazione oggi – aggiunge Orsini – essere considerato dalla comunità scientifica come un interlocutore competente. Per illustrare Xtrude questa settimana sarò a Barcellona, ad agosto in Brasile e a settembre a Melbourne in Australia. E’ una strada che promette bene e che mi ispira, in qualche modo nuova e azzardata. Ma in quel che si fa ci vuole una giusta dose di incertezza e quella fame di inventare che ti fa sentire sempre vivo e nuovo”. Mutato in una nuova pelle.

3 Commenti su "La muta del tatuatore"

  1. Bravo,sei un figlio illustre di questa terra.

  2. Complimenti a Ennio per il lavoro svolto, per aver saldato le sue radici qui dove è nato, per lanciarsi in esperienza nuova e più ricca umanamente.
    Il taglio dell’articolo no, non mi è piaciuto, sembra quasi che il cambio di rotta sia dovuto allo scemare degli introiti del lavoro di formatore,fornitore, esecutore tatuatore, dove lui invece resta un’eccellenza.

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