Ops!

L’emozione mi fa deglutire a vuoto, mi tremano le mani e sudo a freddo.
L’imbarazzo mi accorcia il respiro, le mie guance avvampano e mi trema la voce.
L’incertezza mi fa incespicare, mordere le labbra e tirare quel filo della maglia, che dopo sarà da buttare.
L’insicurezza mi provoca i rituali gesti da pit stop: controllo rossetto sui denti, un dito per sistemare il trucco intorno agli occhi, una mano tra i capelli per sollevarli un po’, una caramella alla menta e la punta delle scarpe spolverata sul retro dei pantaloni.
La paura di sbagliare, di non essere capita, di prendere una porta in faccia, il solito “Ora non ho tempo” o ancora un “No” mi blocca.
Apro la porta ed entro lentamente. Perché ho aperto la porta? Perché sono entrata lentamente? Quasi quasi mi volto ed esco velocemente.
Mi seggo.

Dove sono finite le parole? Erano qui fino a un momento fa, le avevo sistemate tutte in fila, corrette e ordinate, ognuna al suo posto: soggetto, predicato, complementi e attributi. C’era tutto, sono sicura!
Come mai i miei discorsi filano solo quando li faccio in solitudine, davanti allo specchio del bagno? Lì, fra tutta quella ceramica bianca, non balbetto mai e riesco anche ad avere una mimica facciale decente: espressione stupita se c’è da stupirsi, espressione contrita se c’è da contrirsi e così via.
In prova, fila sempre tutto liscio, poi, al momento giusto, quello importante e fondamentale, tutti i dubbi lessicali, motori e intellettivi mi si palesano davanti.
Cos’è questo risolino che mi esce dalla bocca? Perché sto ridendo? Cosa c’è da ridere?
Così non va bene, non sono credibile, sembro ubriaca!
Nessuno crede mai che io sia timida e insicura, solo perché affronto il mondo e i mostri senza armatura. Vado in guerra tutta agitata e sudata, con le mie battutine stupide, arrotolando una ciocca di capelli fra le dita di una mano e allacciando e slacciando un bottone della giacca con l’altra.
Vista dall’esterno, più che timida, sembro matta.
Nei momenti più importanti della mia vita, ho sempre parlato troppo velocemente, contorcendomi le dita, giocando con gli anelli, tirandomi il lobo dell’orecchio destro e chiedendo se ci fosse un bagno.
Dove si apprende l’aplomb? Come si fermano le bocce?
Chi potrebbe insegnarmi l’arte oratoria?
È necessario che io impari a controllarmi, magari prendendo lezioni di dizione, di recitazione, di postura, di calma e di stare al mondo.
Vorrei tanto essere più sicura di me stessa o almeno sembrarlo.
Dovrei mascherare le emozioni, nascondere le intenzioni, celare quello che sono, sudare di meno.
Oddio, e se poi divento come quelle persone che credono di non sbagliare mai? Quelle che non hanno mai dubbi, che non si voltano indietro a vedere cosa è successo, che non raccolgono i cocci di ciò che rompono, che non sanno cosa vuol dire accorgersi di avere il collant sfilato nel bel mezzo di una festa.
Forse è meglio che io rimanga così: con tutto ciò che provo scritto in faccia, con le parole perse, le sette camicie sudate e le cadute dai tacchi.
Voglio che si veda quanta passione ci metto, quanto imbarazzo provo, tutta la rabbia che sento, la gelosia che reprimo, il dolore che mi divora e il senso di inadeguatezza che mi segue ovunque io vada.
Non voglio essere un fermo immagine, una foto in posa, un manichino in vetrina.
Non voglio dover rispondere che “Ci faccio”. Io voglio poter rispondere che “Ci sono”. Io voglio essere. Io voglio esserci.

gRaffa
Raffaella Di Girolamo

1 Commento su "Ops!"

  1. Edgardo Fanizzi | 31 Gennaio 2018 at 10:28 | Rispondi

    Analista determinata e decisa, senza remore.

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