Pignoramento per palazzo Mazara

Il Comune non ripara i danni alla mansarda e lui la pignora. Ennesimo capitolo della vertenza tra l’avvocato Vincenzo Colaiacovo e il Comune di Sulmona, coinquilini a palazzo Mazara.

Colaiacovo ha infatti chiesto il pignoramento dell’appartamento, di proprietà comunale, che si trova sopra al suo: un sottotetto da 190 metri quadrati lasciato nel totale abbandono dopo gli interventi post-sisma. 

Non un capriccio, a dire il vero, piuttosto un’esigenza mossa dalla necessità di mettere in sicurezza la sua proprietà, vista da una parte l’inerzia di palazzo San Francesco e dall’altra l’impedimento a sostituirsi alla latitanza dell’amministrazione comunale: “Il 15 aprile 2021 il sottoscritto si è recato presso l’Ufficio tecnico chiedendo di poter accedere per svolgere lavori edili nella soffitta del detto Palazzo Mazara, soprastante la sua proprietà immobiliare – scrive Colaiacovo -. E’ infatti accaduto che per i lavori di riparazione dopo il sisma del 2009 sono state rimosse oltre ottanta tonnellate di materiale inerte (terra e residui di edilizia), che, secondo un progetto già approvato da Genio civile e Soprintendenza ai Beni architettonici e comunicato al Comune di Sulmona, avrebbero dovuto essere sostituite, per conseguire analogo effetto di isolamento termico, da componenti di più moderna tecnologia che il sottoscritto si è fatto carico di acquistare a proprie spese pur di evitare le esorbitanti spese di riscaldamento. Che l’accesso così come richiesto, secondo quanto affermato da chi ha ricevuto il sottoscritto, sarebbe stato subordinato alla valutazione dell’ente che è proprietario del sottotetto, valutazione che, come tutte le altre nel corso di 38 anni di comunione delle parti condominiali di Palazzo Mazara non è stata ancora effettuata”. Insomma il Comune non solo non ha riparato la sua proprietà, ma ha anche negato che Colaiacovo potesse farlo a sue spese.

Così l’avvocato ha chiesto al tribunale di Sulmona di procedere al pignoramento dell’appartamento di 191 metri quadrati, tanto più che avanza oltre 25mila euro per la vicenda della bonifica dello stesso palazzo effettuata con un anno e mezzo di ritardo dopo la sentenza dello stesso tribunale, somma per la quale è stato già fatto un precetto senza ottenere il pagamento delle somme.

“E’ inconcepibile che un accesso per collocare materiale al fine di ripristinare l’isolamento termico preesistente non è neanche lontanamente ipotizzabile che si possa negare – continua la richiesta fatta al giudice – e ogni richiesta di provvedimento di urgenza contrasterebbe con le pur necessarie esigenze di limitare l’anticipazione di spese, posto che, come sopra detto, il Comune si sottrae anche al pagamento di oneri così come liquidati da giudici”.

“La condotta dell’ente pubblico rientra nel più generale quadro di totale disinteresse o addirittura di ostruzionismo per la manutenzione del detto Palazzo Mazara – aggiunge Colaiacovo – che addirittura con ordinanza del 18 gennaio 2017 la sindaca Anna Maria Casini ha dichiarato inagibile nella sua interezza con il pretesto di scosse di terremoto che in realtà non ne hanno peggiorato la stabilità, come è stato ampiamente dimostrato in sede di ricorso al Tar dell’Aquila ove l’ordinanza sindacale è stata immediatamente sospesa e solo così il sottoscritto ha potuto far rientro nell’immobile di proprietà, adibito ad abitazione privata e studio professionale”.

Al di là delle undici cause già intentate dal coinquilino, resta lo stato di totale abbandono di uno dei palazzi più prestigiosi di Sulmona, sede, prima che venisse chiuso quattro anni fa, dell’ufficio della presidenza del consiglio e location per matrimoni civili e sala conferenze.

Un bene pubblico dimenticato, che si sta sgretolando, insomma, per il quale il Comune non è riuscito neanche ad ottenere i finanziamenti richiesti per la sua messa in sicurezza.

1 Commento su "Pignoramento per palazzo Mazara"

  1. Lupus in fabula | 24 Maggio 2021 at 12:37 | Rispondi

    …un atteggiamento ostruzionistico incomprensibile da parte dell’Ente, tanto poi i possibili “ risarcimenti ” vengono scaricati sulla tassazione dei poveri cittadini, usi a subir tacendo.

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