Una birra, un’esperienza: la filiera corta del turismo

Il nome lo avevano deciso prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, ma d’altronde si tratta di una russian imperial stout, anche se il retrogusto al caffè viene dal torrefattore Caraceno: “Zar” è l’ultima creazione del Birrificio Abruzzese, una scommessa “nera” per un prodotto e un mercato che, lentamente ma progressivamente, sta conquistando i palati anche del resto degli italiani.

La scommessa Lino e Totò Mazzocco, padre e figlio, l’hanno fatta nel 2014 quando, recuperando le acque e la tradizione della Birra d’Abruzzo, uno dei primi birrifici nell’Italia degli anni Trenta, hanno dato vita a Castel di Sangro ad un laboratorio artigianale dove si produce una delle birre più ricercate nel mercato di nicchia.

“Zar” è solo l’ultima arrivata: malto e luppolo, con una miscela di caffè tutto abruzzese, fave di cacao e cubetti di legno di botte di rovere imbevuti nel bourbon per 15 giorni. “Dietro ogni prodotto c’è un progetto e uno studio – racconta papà Lino, 59 anni – le nostre birre sono tutte naturali, senza aggiunta di Co2, non filtrate e non pastorizzate, e che cercano il più possibile di lavorare sulla qualità e la filiera corta”.

Così è stato anche per la penultima nata, qualche mese fa, la “Shu”: prodotta con malti, luppoli e grano di solina, provenienti dai raccolti abruzzesi (da Goriano alla provincia di Teramo) e, come le altre 8 della famiglia, vendute principalmente nei ristoranti, bar e pub del territorio.

Non a caso il Birrificio Abruzzese è uno dei partner del Gal Abruzzo Italico-Alto Sangro che rientrano nel marchio tipico di autenticità che il Gruppo marketing sta creando per trasformare i prodotti del territorio in turismo esperenziale e che a maggio vedrà nascere un info-point virtuale dove potersi orientare.

Visitare il casolare del birrificio alle spalle della nuova scuola della città, arroccato su una piccola collina, è infatti un’esperienza autentica: genuina come la passione di questa famiglia che gestisce il laboratorio e a cui si è dedicato, specializzandosi con una laurea in Tecnologia della Birra a Perugia, il figlio Totò, 26 anni, il vero birraio, ora, dell’azienda.

“Produciamo circa 200 ettolitri di birra l’anno – spiegano – di più non vogliamo per ora farlo, perché la quantità non sia a scapito della qualità, anche se in futuro prevediamo una giusta crescita sempre in rispetto della bontà massima delle nostre birre. Il ciclo di produzione dura circa 40 giorni, siamo attenti ad ogni fase di lavorazione e agli ingredienti usati. Abbiamo clienti online, nelle zone di Roma e Napoli e qualcuno ci richiede anche birre personalizzate, ma sostanzialmente il nostro mercato è qui in Alto Sangro e per bere le nostre birre basta recarsi nei nostri locali di fiducia nel territorio oppure direttamente in birrificio”.

Insomma prodotto e consumato a chilometro zero.

Commenta per primo! "Una birra, un’esperienza: la filiera corta del turismo"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non verrà mostrato.


*