Dietro le sbarre il miglior amico del boss, cani ammessi ai colloqui visivi in carcere

Il migliore amico dell’uomo torna, seppur per un’ora al mese, dal padrone nonostante quest’ultimo sia dietro le sbarre. La direzione carceraria di Sulmona, infatti, ha avallato la richiesta avanzata da un “detenuto ad alta sicurezza” per effettuare oltre che i colloqui visivi con i familiari anche un incontro con il proprio cane. Una novità assoluta per il carcere sulmonese, ordinaria invece in altre zone d’Italia, dove per rendere meno amara la pena è stato concesso ai detenuti di incontrare i propri animali (cani o gatti) ai quali è concesso in rari casi di tenerli in cella.

Naturalmente il tutto viene regolato da rigide norme, come ad esempio la taglia dell’animale che deve essere piccola. Scongiurata, quindi, la possibilità di ricevere il proprio pitbull in prigione o altri cani di grandi dimensioni. Inoltre bisognerà anche dimostrare che ci sia l’esigenza affettiva preventivamente vagliata dal Gruppo per l’Osservazione Trattamentale e che l’incontro avvenga in una sala separata dalle altre al fine di scongiurare pericoli per le altre persone presenti in aula.

Gli psicologi solitamente stimolano questa sorta di pet terapy per aiutare i detenuti nell’affrontare la pena prevista. Inoltre animali e carcere a Sulmona vanno a braccetto dal 2005 con il progetto pedagogico “Argo”. L’idea prevedeva il coinvolgimento del carcere nelle tematiche sociali quali, nello specifico, la tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo, fortemente avvertito dal territorio, facendo assumere ai carcerati un ruolo attivo cancellando l’immagine stereotipata di zavorra sociale. Il progetto, fermatosi a causa della pandemia, utilizzava gli ampi spazi esterni della struttura di Piazzale Vittime del Dovere, adiacenti la cinta muraria per accogliere, accudire e garantire un’adeguata sistemazione di cani randagi. Allo stesso tempo i detenuti, accuratamente selezionati, e ammessi a regime di Art. 21 Ordinamento penitenziario, venivano coinvolti per aumentare il senso di consapevolezza, di responsabilità e autodisciplina. Un progetto che portava in alto il ricordo di Armida Miserere, direttore del carcere di Sulmona fino al 19 aprile 2003, quando morì suicida. Lei che è sempre stata molto legata agli animale, come recitato anche da una delle sue celebri frasi “Mi sento più sola oggi, qui a Sulmona, l’aria è gelida e i detenuti sanno solo lamentarsi e scrivere alle procure. La mia unica compagnia sono i miei cani, Leon e Luna”.

Un velo di preoccupazione sulle visite degli animali arriva da Mauro Nardella, segretario generale territoriale Uil PA polizia penitenziaria, il quale comunque ha evidenziato come lui stesso sia un sostenitore del rapporto tra cani ed esseri umani e come questo aiuti gli stessi detenuti. “Il reparto colloqui è quello che ha vissuto il surplus di lavoro durante l’era pandemica – spiega Nardella – da questo deriva la mia preoccupazione. Potrebbe esserci qualche problema di logistica. Ovviamente la  UIL PA, che non contesta l’utilità e lo scopo perseguibili da questa nuova forma di trattamento intramurario, le sue garanzie le chiede per il personale che sarà chiamato ad assecondare questa nuova forma di colloquio visivo. Ci teniamo a precisare che tutto ciò che di legale viene fatto fare in carcere sarà ben accetto dalla UIL PA a patto però che la garanzia del diritto dei lavoratori a svolgere la propria professione con altrettanta sacralità  sia assolutamente garantita non omettendo di  metterla al primo posto nelle scelte da farsi  compresa quella di fare entrare in carcere, seppur per incontrare i loro padroni, cani e gatti”.

1 Commento su "Dietro le sbarre il miglior amico del boss, cani ammessi ai colloqui visivi in carcere"

  1. Mah… Chi in carcere può morire e chi può ricevere la pet therapy…

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