Gli rubarono l’identità: dagli arresti all’assoluzione, l’incredibile storia di Antonio D’Angelo

La sentenza è arrivata ieri, dopo otto anni dall’inchiesta e dieci dai fatti contestati. Dopo un arresto, il demansionamento, la pensione. Antonio D’Angelo, 65 anni di Pratola Peligna, ex tecnico del Comune di Bugnara, però, ha voluto andare fino in fondo a quel buco nero che improvvisamente si era aperto nella sua vita, quando gli notificarono un provvedimento di arresti domiciliari, senza che lui ne sapesse il motivo.

Accusato prima di corruzione, poi di turbativa d’asta, ha rinunciato ai termini di prescrizione che pure erano stati maturati, perché dalla Giustizia voleva giustizia. E giustizia è arrivata: ieri il tribunale di Pescara lo ha assolto infatti con formula piena.

E non poteva essere altrimenti: una storia che ha dell’incredibile, un arresto eseguito per un madornale errore giudiziario, uno scambio di persona, anzi un furto d’identità.

D’Angelo rimase infatti coinvolto nell’inchiesta Haertquake, condotta dalla forestale sui lavori post sisma, partita da Bussi e approdata a Bugnara, in relazione all’appalto da 1,3 milioni di euro per la ricostruzione della scuola Vittorio Clemente (di Bugnara). Una gara d’appalto che, sosteneva l’accusa, era stata turbata dalla consegna anticipata della documentazione ad un imprenditore umbro che, in cambio, aveva oliato la macchina distribuendo mazzette.

Una di queste, da 10mila euro, era andata secondo l’accusa a D’Angelo che era Rup del progetto, 5mila euro dei quali consegnati in un ristorante di Bussi in pezzi da 100 euro. La più classica delle bustarelle insomma. Per questo il tecnico venne raggiunto da ordinanza di custodia cautelare insieme ad altre sei persone tra imprenditori e tecnici.

Quel giorno, quello della consegna della mazzetta, però, dimostrò dopo l’avvocato di D’Angelo, Umberto Di Pillo, il responsabile tecnico di Bugnara non poteva essere in quel ristorante, perché era in ospedale. Qualcuno, che poi si scoprì essere un tal Antonio Ciccarini, si era presentato fingendosi lui e con quel nome e millantando la posizione di Rup, aveva intascato i soldi. Il riconoscimento fotografico fatto dallo stesso imprenditore che versò i soldi, tolse ogni dubbio: Antonio D’Angelo non era Antonio D’Angelo. La misura cautelare venne revocata, ma il tecnico pratolano restò a processo con l’accusa di turbativa d’asta, perché, sosteneva l’accusa, il dischetto contenente la gara era uscito dal suo ufficio.

Ma D’Angelo, ha accertato ieri il tribunale, non aveva alcuna responsabilità. Era solo vittima di un incredibile gioco di sostituzione di persona.

Il processo Heartquake resta ora in piedi: anche se D’Angelo è stato l’unico dei 15 imputati a rinunciare alla prescrizione, i magistrati contestano a 9 imputati almeno 6 episodi che non sono caduti in prescrizione, perché riferiti a reati più gravi come la tentata estorsione.

6 Commenti su "Gli rubarono l’identità: dagli arresti all’assoluzione, l’incredibile storia di Antonio D’Angelo"

  1. Un giornale libero farebbe bene a indicare il nome del PM

    • Signor Iezzi ma lei è editore di un giornale libero, perché non provvede a fare in modo che lo faccia, o almeno che scriva notizie se proprio non vuole approfondire i nomi dei pubblici ministeri. Il fatto di non aver indicato i nomi non è certo per mancanza di autonomia o paura di questo giornale e del suo direttore, che lei d’altronde sa bene non aver avuto mai paura dei cosiddetti “poteri forti”. Si ricorda ad esempio quando il direttore di questa testata con altra testata fece l’inchiesta sui Docup e per la quale lei e altri due “pezzi grossi” abruzzesi lo citarono (venti anni fa) per 600mila euro di danni. Certo che se lo ricorda, così come ricorderà che il tribunale diede ragione al giornalista condannando alle spese i querelanti dai quali nel frattempo lei si era sfilato. Se però le preme sapere chi fossero i giudici, perché la memoria nel caso specifico non la assiste, la accontento: pm Campochiaro, Gip Sarandrea. Ora mi aspetto una suo contributo al giornale “libero” che non deve essere per forza economico, basterebbe che la smettesse di insinuare e denigrare chi fa informazione e le notizie le cerca e le scrive, non limitandosi a fare i copi-incolla. Buona giornata

  2. Che paese di merda

  3. Giannellino buongiorno, ti sei svegliato dopo una notte insonne pensando alla Meloni?
    Come fai a mettere insieme il “ciarpame” di certa magistratura con chi da anni cerca di combatterlo?
    Io penso che i guai della nostra bella valle Peligna sono dovuti a persone come te che offendono in modo vergognoso , molto probabilmente non sapendo di cosa parla. Comunque richiudi gli occhi e pensa alla Meloni.
    Buona nottata!!!

  4. C.c, e mica poco. E voglio astenermi da commenti.
    Mi sembra di leggere 1984, George Orwell.

  5. Viva L’Italia | 23 Giugno 2023 at 13:50 | Rispondi

    Ogni volta che si nomina Bugnara partono denuncie. Gli indagati a Bugnara sono stati circa 150 tutti assolti perché “ il fatto non sussiste” e non prescrizione. Da cosa dipende? Prima di tutto dagli investigatori, di solito Guardia Di Finanza, che scrivono cose assurde e se trovano procuratori come quella che stava a Sulmona, diventano anche eroi. Dopo tutte quelle assoluzioni ottenute da ben 5 giudici diversi i giornali hanno fatto un piccolo trafiletto, quando sono partite le indagini, invece titoloni in prima pagina a cominciare da questo giornalista. Nell ultima causa la procuratrice nuova ha bloccato tutto è chiuso il procedimento perché si stava vergognando di quello scritto dagli investigatori. PER FINIRE sapete che fine hanno fatto le DUE PROCURATRICI che hanno arrestato Antonio senza fargli vedere neanche una foto al denunciante? SONO DIVENTATE PROCURATORI CAPO. W. L’ITALIA

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