Liberi tutti

Soltanto due giorni fa, era andata in scena a Pescara, l’ultima puntata dello scontro istituzionale che si cela dietro l’emergenza Coronavirus in Italia. La prefetta Gerardina Basilicata aveva chiesto il ritiro di un’ordinanza al sindaco Carlo Masci, in quanto possibile causa di confusione perché in contrasto con le norme governative e a suo dire inefficace. L’ordinanza 47 di Masci era fortemente restrittiva e conteneva fra le altre cose “il divieto assoluto di tutte le attività motorie e sportive all’aperto, sull’intero territorio comunale, se non in prossimità della propria abitazione e giustificate da motivi di salute adeguatamente certificati”.

Che la quarantena forzata non abbia fatto piacere a nessuno, su questo non ci piove. Troppe volte però è parso che gli amministratori locali, dotati di pochi e spuntati strumenti, si siano mossi con le loro ordinanze in senso repressivo. Se il senso di certe misure anti assembramento si capisce in una metropoli dove vivono centinaia di migliaia di persone, non se ne comprende bene il senso in paesi – pensiamo a quelli del Centro Abruzzo – dove lo spopolamento è il virus più pericoloso subito dopo il Covid.

Lo scontro istituzionale intanto va avanti, a Pescara il sindaco si è rifiutato di revocare l’ordinanza, così come accaduto in Valle Peligna qualche settimana fa, così come succede in ogni parte del paese dove, Comuni e Regioni derogano continuamente i decreti del governo. Una pessima prova di uno Stato che fatica a mantenere unite le sue componenti. Crepe nel funzionamento istituzionale delle quali prima o poi qualcuno dovrà pur occuparsi.

Soffiando sul fuoco della paura, i governanti corrono spesso il rischio di alimentarla, sovrapponendo ansia ad altra ansia. Sia chiaro, la paura è una delle principali forme di difesa dell’uomo e non è perciò biasimabile, il problema è appunto quello di usarla come strumento per giustificare il pugno duro. Nelle ultime settimane la caccia all’untore, al corridore, al trasgressore, ha incattivito la popolazione, la realtà è che questa viveva ormai una irrimediabile e giustificata stanchezza.

Per provare a vedere qualcosa di positivo, bisogna andare alle confessioni dei molti che hanno scoperto in realtà che questo tempo strano che ci costringe fra le mura di casa, non sta passando invano. Se fuori dalla finestra il controllo sociale ha toccato punte distopiche degne delle peggiori fantasie orwelliane, questo continuo e costante stare con noi stessi dentro quattro mura, porta anche alla riflessione e alla riscoperta del sé. Ci si accorge così che la felicità non sta in oggetti scintillanti e all’ultimo grido, in automobili roboanti o in vestiti firmati, ma nello stare bene, nell’avere qualcuno di valore a fianco, nel camminare, nel essere liberi e all’aria aperta.

Piccoli preziosi messaggi che la nostra natura profonda ci consegna come un’ambasciatrice venuta da lontano, dal nostro recondito seppellito chissà dove. E allora la cosa importante quando la quarantena mollerà almeno di un poco la propria presa, sarà avere ben presente che questi insegnamenti devono durare per non farci nuovamente sopraffare dal ritmo asmatico del vivere quotidiano. Per porre rimedio a tutto questo, il video nella sezione De Visu, contiene un rituale che potrà essere osservato dai volenterosi, il primo giorno dopo la quarantena.

Savino Monterisi

Il primo giorno dopo la quarantena fa parte di una serie di video reportage su questo periodo infausto. Le sue puntate precedenti sono:

1.La quarantena di Bagnaturo (musica di Michele Avolio)

2.Storie d’acqua

3.Ogni cosa è al suo posto

4.Mare mosso in collina (musica di Vorinc)

1 Commento su "Liberi tutti"

  1. Video bello, ma la pubblicità’ alla fine alla fine è un pugno in un occhio, fa tornare subito alla mente ciò che non dobbiamo dimenticare, chi sfrutta il territorio. la libertà non è stare al sole come i detenuti per l’ora d’aria, la libertà è essere tutti uguali.

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