Liceo classico, la pazienza è finita

Al portone di ingresso si avvicinano alla fine della manifestazione con un certo timore, come se quella fosse una casa degli spiriti, una porta di un mondo sconosciuto: lo sguardo infilato tra la grata e i vetri sporchi arriva fino al cortile dove tra guano di piccione e vegetazione diventata selva si intravedono i resti di quello che era il liceo classico Ovidio. La sede storica di piazza XX settembre.

Loro che oggi hanno tra i quattordici e i diciannove anni e che quella soglia non l’hanno mai varcata, come la generazione di studenti prima di loro.

Dieci anni, dieci, da quel terremoto che ha sbarrato le porte del liceo e spento l’anima della piazza: il simbolo di un centro storico che non si è più ripreso, che è andato inesorabilmente svuotandosi e dove la ricostruzione non è mai partita davvero.

L’edificio di piazza XX settembre è il simbolo di quel “qualcosa che non va”, delle “risposte non date”, che gli studenti del liceo classico chiedono urlando lungo corso Ovidio prima e poi ai piedi della statua del poeta in piazza, dove entrano accolti dalle campane a “morte” del campanile dell’Annunziata.

Una manifestazione quella svoltasi questa mattina di rabbia più che di protesta, nella quale, nonostante l’alto valore simbolico, gli studenti del classico sono stati lasciati soli o quasi. Non ci sono i loro colleghi delle altre scuole, non i commercianti, né i professionisti. Gli amministratori si tengono a debita distanza. Alcuni ex insegnanti e l’ex preside Peppe Evangelista indossano cartelli a ricordare e scandire i numeri dell’inedia: 3.650 giorni, 4 sindaci, 4 presidenti di Provincia e il “fallimento di una classe politica e di un ceto amministrativo”.

Le scuole, a Sulmona, restano chiuse, nonostante i soldi in cassa, le promesse.

I ragazzi sono agguerriti, rivogliono la scuola che non è mai stata loro: “Ci hanno tolto la casa” dicono e avvertono che non molleranno. I genitori chiedono scusa, “per non essere riusciti a garantire la riapertura, per non aver monitorato abbastanza”, invitano ad andare in fondo a cercare i responsabili, a “trovare il bandolo della matassa, perché ogni procedimento burocratico ha un responsabile”, e l’assessore Pierino Fasciani, l’unico delle istituzioni ad essere intervenuto (nonostante gli inviti fatti, a partire da quello al sindaco) cerca di giustificare i ritardi: “Quando si parla di sicurezza bisogna essere cauti”.

“Quousque tandem abutere patientia nostra” (fino a quando abuserete della nostra pazienza) gli risponde un rappresentante dei genitori citando Cicerone. Già fino a quando.

L’assemblea si scioglie, i ragazzi depositano i loro cartelli ai piedi della scuola. Di quella che dieci anni fa era una scuola e che oggi è una porta su un mondo sconosciuto.

1 Commento su "Liceo classico, la pazienza è finita"

  1. Antonio Rosmini | 6 Aprile 2019 at 19:26 | Rispondi

    Cosa fa il Comune? Niente. Cosa fa il Provveditorato? Niente. Cosa fa la cittadinanza? Niente.
    E da dieci anni la scuola è chiusa, come è pure chiusa la biblioteca comunale.
    Ma perché, invece, nelle stesso palazzo pericolante e pericoloso sono aperti il bar e l’agenzia di viaggi? Mistero!!!!!

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