Vittima di body shaming, la Nannarone: “Sentenza esemplare”

Si era opposto al decreto penale che lo aveva condannato ad una multa di 400 euro, ma Giovanni Di Simone, 65 anni di Goriano Sicoli, ieri, in tribunale, ha aggravato la sua posizione, cercando di giustificare, ribadendole, le offese rivolte all’avvocata Teresa Nannarone a commento di un articolo pubblicato sul Germe e relativo al gesto di srotolare uno striscione con scritto “empio è colui che non accoglie lo straniero” in occasione del comizio che Matteo Salvini tenne a piazza XX settembre nel 2019. “Vecchia scaltra”, “improbabile oggetto di stupro” furono una parte degli attacchi che la Nannarone ricevette per quel gesto. Parole pesanti, sessiste, di body shaming, che ieri la giudice Francesca Pinacchio ha voluto punire oltre la richiesta del pubblico ministero, comminando non solo la multa da 400 euro, ma aggiungendoci una condanna a nove mesi di reclusione e al pagamento di una provvisionale di 5mila euro. Soldi che la Nannarone ha annunciato di voler dare in beneficenza, perché la causa portata in tribunale assume ben altro valore, dal solo principio giuridico, come ha ribadito l’avvocato di parte civile Vincenzo Colaicovo durante la sua arringa.

Avvocata Nannarone si aspettava questo esito del processo?

Sono molto colpita, favorevolmente, che la giudice del tribunale di Sulmona Francesca Pinacchio abbia addirittura scavalcato la richiesta del pm che si limitava a 400 ero di multa, infliggendo ben 9 mesi di reclusione e 5 mila euro di risarcimento, all’autore dei commenti denigratori nei miei confronti. Spero che questa condanna esemplare costituisca un deterrente per chi ha in animo di offendere le donne in quanto tali anche attraverso l’utilizzo del web e sentendosi protetto dall’utilizzo di uno pseudonimo.

Fenomeno ancora molto diffuso, purtroppo

Ogni giorno, e sottolineo ogni giorno, mi confronto nella mia professione con le violenze fisiche e psicologiche nei confronti delle donne, quindi, se tocca a me essere vittima di diffamazione attraverso giudizi derisori espressi nei miei confronti in quanto donna, non posso e non voglio fare passi indietro. Se c’è una battaglia alla quale non rinuncerò mai, e nella quale mi identifico con tutta me stessa, è quella contro la violenza sulle donne, contro ogni tipo di violenza, anche quella più subdola ma comunque pericolosa che si manifesta sui social e sul web spesso attraverso l’anonimato.

Il problema è anche e soprattutto culturale

Difatti, nonostante i messaggi che sempre più spesso autorevoli personaggi e altrettanto autorevoli Istituzioni quotidianamente diffondono in favore del rispetto delle donne, siamo ancora un Paese che stenta ad accettare la donna come essere umano avente gli stessi diritti di un uomo, prova ne è la mattanza quasi quotidiana che ogni giorno ci raccontano le cronache.

A pochi giorni dal 25 novembre è bene ricordarlo

Ma non è solo un problema di femminicidi e di violenze fisiche o psicologiche, è un problema culturale sommerso ma assai diffuso e profondo, che si espande in ogni settore della vita: famiglia, lavoro, Istituzioni, sport, nessun luogo è esente. E soprattutto è un problema che riguarda tutti i territori e tutti gli uomini senza distinzioni sociali o culturali, quindi anche il nostro territorio e gli uomini del nostro territorio.

Perché se la sono presa proprio con lei?

In questo mio caso, come in altri, viene colpita la donna “non conforme” e che certamente non tace, cioè colei che osa esporsi, esprimere un pensiero e sfidare il potere: non è una coincidenza che questa vicenda è legata al mio gesto di esporre lo striscione contro le politiche dell’uomo più potente d’Italia, ovvero l’allora ministro dell’Interno Salvini in visita a Sulmona nel gennaio del 2019. A quel gesto sono seguite le reazioni più disparate: dall’augurami lo stupro da parte di alcuni al replicare che sono vecchia per essere stuprata da parte di altri, come nel caso definito oggi dal tribunale di Sulmona. Perciò c’è un problema in questo territorio e in Italia in genere: convivere con le donne autonome e pensanti, perché ritenute “scomode”.

Sostiene che se quello striscione lo avesse srotolato un uomo, le reazioni non sarebbero state le stesse?

Ancora oggi se una donna esprime la sua soggettività attraverso battaglie all’avanguardia o posizioni nette, è pazza, capricciosa e comunque aggettivata con appellativi di questo genere. Qualcuno ha mai sentito dire di un uomo “capriccioso”? Io no. E più una donna è autonoma e determinata, in un contesto in cui predomina, al di là delle apparenze, misoginia e maschilismo, più viene accerchiata, “mobbizzata” per mutuare un termine giuslavoristico. Perché tanti, troppi uomini, lungi dall’esaminare le proprie debolezze e i propri limiti, vigliaccamente se la prendono con le donne. In famiglia e fuori. Lungi dal generalizzare, riconosco che per fortuna nella mia cerchia di rapporti, ma non solo, ci sono tanti uomini che rispettano le donne e non le temono, e che perciò mi piace definire “femministi”.

Ha visto il film C’è ancora domani della Cortellesi?

Il film della Cortellesi l’ho trovato straordinario. Noi non pensiamo mai a quelle donne che dopo la guerra hanno contribuito alla ricostruzione di un Paese vivendo un inferno domestico senza diritti né tutele. Quelle donne, le nostre nonne, erano inconsapevoli della loro condizione di sottomesse e delle ingiustizie che subivano: “bestie da soma” con l’aggravio della violenza. Il potere, qualsiasi tipo di potere, da quello politico a quello economico, è stato storicamente in mano agli uomini, conseguentemente per molti è addirittura inaccettabile che una donna possa esprimere un’idea forte in dissenso con il comune sentire, e siccome il pensare delle donne è un qualcosa che comunque non si può controllare, anche all’espressione delle loro opinioni si reagisce violentemente. È sempre e ancora una questione di potere.

Come il film della Cortellesi, insomma, questa storia è a futura memoria

La protagonista, andando a votare, spinge tutte ad essere coraggiose, ad esercitare i propri diritti e ad essere d’esempio per le più giovani, è lei che spezza il ciclo della violenza impedendo alla figlia il matrimonio fotocopia del suo spingendola a studiare. Perché tra gli antidoti contro la violenza si annoverano  più di ogni altro la consapevolezza e l’indipendenza economica. Il titolo racchiude una verità: per quanto doloroso, inaccettabile e ingiusto possa essere stato il vissuto di ogni donna vittima di violenza, per ognuna di loro, di noi, c’è ancora un domani. Spero che ogni donna trovi il coraggio di denunciare quanto subisce, che si tratti di violenze fisiche, psicologiche o episodi come questo. Perché solo le donne possono infondere, con le loro scelte, la forza che altre donne non riescono a trovare in se stesse.

11 Commenti su "Vittima di body shaming, la Nannarone: “Sentenza esemplare”"

  1. A prescindere dal credo politico ….massima stima per Teresa Nannarone .
    Grazie a tutte le donne come lei !

  2. di per sé stessa.

  3. Giusta la condanna comminata, come certi commenti sarebbe meglio tenerseli serbati nella propria mente.
    Sul servizio di per se non mi pronuncio, e restando sulla “cronaca giudiziaria locale di ieri” segnalerei altra per me “grave” e specifica forma di “violenza in famiglia” che meriterebbe anch’essa di essere approfondita e questo al di fuori della pronunciata sentenza.

  4. Ma pronunciare quelle parole nei confronti di donne politiche non era legale? Così come sentenziato qualche tempo fa proprio a Sulmona?

    • Giusta osservazione nella complessità della materia.
      Alle sentenze diverse, di pari si può affiancare che erano anche giudici diversi, rimanendo vero che “La legge è uguale per tutti” su tutto il territorio italiano.

  5. Il fustigatore | 10 Novembre 2023 at 11:55 | Rispondi

    C’è ancora molta strada da fare in questa materia, ma queste denunce coraggiose e le altrettanto rigorose sentenze fanno ben sperare almeno per le future generazioni…..

    • Per la presente questione, ma anche per l’altra indirettamente citata nei commenti, credo che parlare di denuncia coraggiosa sia un tantino azzardato, parlerei più di “denuncia dovuta”.
      Personalmente vedo più “coraggioso” denunciare in famiglia che non questi due esposti casi.
      P.S.: Per una delle due denunce qui discusse, mi rileggerei la “rigorosa sentenza” prima di sentenziare.

  6. L'Avanguardista | 10 Novembre 2023 at 14:39 | Rispondi

    Cara sig.ra Teresa terrò ben presente questa sentenza di 9 mesi di galera e 5mila euro, ma x ciò che può essere rivolto ad un uomo.
    Soprattutto se è una donna a dire:
    -adesso che abbiamo fatto dire a tutti che è un frocio “chi se lo piglia più un frocio 50enne…?
    -“basta che non si è sposato lui e non ha fatto figli lui”.
    -“noi questo volevamo che si rinchiudeva dentro casa e non parlava più con nessuno.
    -“ogni volta che esce gli mandiamo una a dire che è un frocio in tutti i posti dove và”.
    Spero che questa sentenza sia decuplicata vista l’entità della continua azione persecutoria.
    GRAZIE…!!!

  7. La legge non è uguale per tutti (vedi caso Salvati)

  8. L'Avanguardista | 10 Novembre 2023 at 18:13 | Rispondi

    Nannarone, Salvati, Di Masci, a me queste cause sembrano solo un modo x farsi pubblicità politica…!!!

  9. Sentenza assurda. Il povero cristo secondo me non voleva offendere la persona fisica. Voleva solo dire che bisogna trovarsi in una determinata situazione per capire come vanno le cose e che forse il punto di vista della persona che si è sentita in pericolo non era esatto . Vediamo in appello se può ribaltare la sentenza.

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