La croce e la pietas

Quella croce di ferro nel campo santo di Anversa degli Abruzzi ha ora un nome. Almeno quello. Perché la pietas, quella, non è di questa macabra storia. Macabra e cinica, figlia di figli risucchiati dall’avidità, dal malcostume e da una cultura nella quale quel che conta sono i conti. Soldi per i soldi, non per necessità. Non sono né poveri, né indigenti, né poco istruiti, i quattro di Trani indagati dalla procura di Sulmona che, secondo l’accusa, hanno architettato un piano tra il giallo e l’horror, decidendo di “incartare” il padre malato e deceduto sul letto di morte e trascinarlo in un’auto per 350 chilometri fino a Castrovalva. Per darlo in pasto a lupi e orsi, con il fine di continuare ad intascare la sua lauta pensione.

Sono l’insegnante dei nostri figli, il ristoratore che imbandisce la tavola, il vicino della porta accanto: gite in barca, selfie sorridenti, persino riflessioni sul senso della vita nelle bacheche dei loro profili social postati anche dopo quel macabro gesto che sembra uscito dalla penna di un giallista.

Sulla vicenda dell’uomo senza volto, che oggi grazie alla procura di Sulmona e al nucleo provinciale dei carabinieri, ha un nome, Bruno Delnegro, e una storia fatta di lavoro alla Asl e passione per l’arte e il bricolage (famiglia e persona molto conosciuti nella città pugliese), ci si è interrogati molto in questo anno: il cadavere abbandonato lungo il sentiero di Cavuto, ha lasciato spazio a riflessioni, ipotesi, fantasie, anche ad accuse arbitrarie. Come quella che ha visto concentrare i sospetti – solo ipotesi giornalistiche aveva però sottolineato la procura di Sulmona – sul mondo dei pastori abruzzesi che, con cognizione e diritto, avevano respinto le accuse. Si era parlato di criminalità organizzata, di mafia dei pascoli, di immigrazione clandestina e camorra. Per fortuna e purtroppo nulla di tutto questo. Per fortuna, perché il marchio delle mafie non c’è, facendo sentire la Valle Peligna un po’ più al sicuro; purtroppo perché il piano diabolico e macabro appartiene a questa società, nella quale siamo tutti coinvolti, che appare inopportuno definire umanità.

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