D’Alfonso contro Quaglieri: “Inconciliabile la sua professione con le cariche ricoperte”

Possibile incompatibilità tra l’attività professionale e le cariche ricoperte. La bomba è stata lanciata da Pierpaolo Pietrucci, che ha segnalato all’Anac la posizione di Mario Quaglieri, ex assessore regionale al Bilancio ed ora eletto consigliere regionale con 11.658 preferenze. Quaglieri, medico di medicina generale, ha svolto e svolge attività professionale per alcune cliniche private sovvenzionate proprio dalla regione Abruzzo.

La legge in merito parla abbastanza chiaro. Il medico di medicina generale è un libero professionista incaricato di un pubblico servizio in base ad un accordo collettivo nazionale con la pubblica amministrazione. Accordo stipulato ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 502/92, modificato dai D.Lgs
n.517\93 e n.229/99, ed integrato poi da differenti accordi collettivi regionali e aziendali ai sensi
della legge 18 ottobre 2001.

L’Accordo precisa il ruolo del medico convenzionato col Sistema Sanitario Nazionale, ed elenca i compiti contrattualmente dovuti dal medico nel servizio pubblico. Il rapporto di lavoro tra medico convenzionato e SSN si inquadra come lavoro para-subordinato, giuridicamente caratterizzato da una collaborazione coordinata e continuativa, regolata dal diritto privato.

Agli effetti della legge penale, il medico di medicina generale convenzionato col Sistema Sanitario
Nazionale, svolgendo un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico ed esercitando peculiari poteri pubblicistici di certificazione, va ritenuto pubblico ufficiale, secondo una sentenza del 2007 della Sezione Penale della Corte di Cassazione. Per costante giurisprudenza il medico di medicina generale, nello svolgimento delle funzioni pubbliche a lui attribuite dalla convenzione col SSN e negli atti incidenti direttamente o indirettamente sulla spesa pubblica, viene considerato pubblico ufficiale, come stabilito da varie sentenze della Corte di Cassazione.

Inoltre, la Cassazione, con la sentenza del 5 aprile 2005, ha affermato che costituisce falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione del medico convenzionato, riconosciuto come pubblico ufficiale, destinata a costituire titolo in forza del quale sorge a favore del titolare della convenzione il diritto al pagamento di prestazioni da parte dell’ente pubblico. Pertanto i medici convenzionati che certifichino ad un ente pubblico falsamente propri requisiti o assenza di incompatibilità necessarie per ottenere benefici economici pubblici da cui altrimenti sarebbero esclusi commettono un falso in atto pubblico che può essere inoltre integrato dal reato di truffa o peculato.

“Come ha fatto Quaglieri a silenziare gli uffici competenti della Regione preposti a rilevare la sua incompatibilità? – scrive Luciano D’Alfonso -. Può accadere che un medico possa non saperlo, ma è singolare che un medico idoneamente accompagnato dai doverosi pareri degli uffici regionali possa continuare a non sapere. Come hanno fatto gli uffici regionali preposti, solitamente competenti, a non notare questa gigantesca antigiuridicità? La reazione dell’interessato è stata finora abbastanza scomposta: un comunicato inviato di primo mattino nel giorno di Pasquetta per rivendicare il rispetto della volontà popolare contro quelli che lui definisce “giochi di palazzo”. Adesso vedremo cosa ne pensa l’Autorità nazionale anticorruzione”.

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