Colombe della Madonna, gli animalisti rilanciano: “Reato punito dal codice penale”

Pensava forse di smorzare i toni il sindaco Gianfranco Di Piero spiegando che i volatili non sono esposti a nessun rischio di morte e che, dopo essere stati liberati, tornano da soli a casa. E, forse, anche di svelare le ipocrisie di chi ha inondato il protocollo del Comune con mail di protesta e che, come lui stesso ha dichiarato ieri a Il Germe, magari “mangerà l’agnello a Pasqua, quello sì sacrificato”.

E invece lungi dal placarli gli animi li ha riaccesi il primo cittadino di Sulmona le cui dichiarazioni non sono piaciute al blog animalista che insieme a Martina di Piccioni Paralimpici ha intrapreso l’iniziativa per “dire no al lancio delle colombe” in occasione del tradizionale rito pasquale di Sulmona.

E che ieri ha subito risposto punto per punto alle dichiarazioni del sindaco per spiegare prima di tutto le criticità alle quali vanno incontro gli animali allevati che, come le dodici colombe bianche liberate durante il rito della Madonna che Scappa in piazza, “si ritrovano all’improvviso immessi in un ambiente che non conoscono e nel quale non sanno dove procacciarsi il cibo”. A Sulmona come a Modica (RG) dove il tradizionale volo dei colombi è ostacolato dall’azione dell’OIPA citata dal blog per ricordare che l’abbandono di animali che hanno acquisito abitudini della cattività, come di quelli domestici, è un reato punito dal codice penale.

Che le colombe tornino da sole dopo al massimo due giorni nella piccionaia dove sono state allevate, come affermato dalla Confraternita di Santa Maria di Loreto e dallo stesso sindaco, è infatti una dichiarazione tutta da dimostrare. “Viene da domandare al sindaco e alla confraternita che organizza l’evento – scrivono gli animalisti – se i volatili abbiano un anello identificativo di riconoscimento alle zampe, se vi siano persone addette a controllare il loro effettivo rientro e se gli animali facciano realmente tutti assieme e nessuno escluso rientro alla struttura”.

Domande che il blog mette nero su bianco prima di chiedersi quale sia il vero scopo dell’allevamento di uccelli “usati come decori viventi nelle varie cerimonie”, animali forse poi “consumati da parte di quegli stessi esseri umani che si commuovono nel vederli volare dietro a una statua fatta scappare”. Allusioni che sanno di accuse quelle che il blog indirizza al sindaco e alla confraternita ma che in realtà chiamano in causa un’intera comunità rea di considerare ancora nel 2024 “le altre specie come creature dalle quali pretendere qualcosa, da piegare a un volere antropocentrico”.

E sull’agnello pasquale che Di Piero immagina servito sulla tavola dei mittenti delle mail arrivate in Comune per sostenere la petizione di Martina, arriva la “rassicurazione” dei bloggers che al primo cittadino si Sulmona confessano di non “mangiare, digerire né defecare la sacra esistenza degli esseri senzienti che arricchiscono con la loro presenza questo pianeta che ci ospita”. Invitando a prendere esempio da loro, dagli animali nessuno dei quali “coinvolge la nostra specie per rituali, culti, tradizioni e usanze” i bloggers animalisti (e vegani) chiudono il lungo commento alle dichiarazioni del sindaco Gianfranco Di Piero. In attesa del prossimo reel, magari rilanciato da un altro blog.

13 Commenti su "Colombe della Madonna, gli animalisti rilanciano: “Reato punito dal codice penale”"

  1. Ma quindi questa iniziativa vale solo per le colombe di Sulmona? Chiedo per un piccione di un paese vicino.

  2. Il Sindaco, l’istituzione, il Potere, non può rispondere ironizzando su chi, cittadino, gli pone un problema argomentando, altrimenti si comporta da Bullo. Ciò dimostra incultura civica ed ignoranza.
    Quindi sulla faccenda dei Colombi, risponda se ha argomenti, anziché avventurarsi sulla strada di un reato.

    • Ma chi ha argomentato per conto degli animali, con quali validate prove ha risposto allo “specifico” posto quesito?
      Non mi stupirei se questi cittadini, domenica facciano qualche azione dimostrativa e/o altro di più eclatante.

  3. Povera Italia …..non si può fare più un caxxo e si distruggono le tradizioni .
    Qualcosa sta andando storto

  4. Lascia il fiasco… | 22 Marzo 2024 at 15:19 | Rispondi

    Reato de che??

  5. Finegiurista | 22 Marzo 2024 at 16:29 | Rispondi

    Rivolgersi a professionsti e assicurarsi che i volatili siano recuperati.
    E il reato non c’ è più.

  6. Gianluca Lavalle | 22 Marzo 2024 at 23:17 | Rispondi

    Senza scendere nel merito dell’etica della questione, ché non è la sede né è opportuno, mi permetto sommessamente (e molto superficialmente) di notare che, ove si tratti di reato (che sia art. 727 o art. 544/ter c.p.), spetta a chi accusa provare – e rigorosamente “al di là di ogni ragionevole dubbio” (art. 533 c.p.p.) – che tutti gli elementi della fattispecie assertivamente criminosa si siano verificati.
    Così non spetta agli organizzatori provare “se i volatili abbiano un anello identificativo di riconoscimento alle zampe, se vi siano persone addette a controllare il loro effettivo rientro e se gli animali facciano realmente tutti assieme e nessuno escluso rientro alla struttura”, ma spetta piuttosto a chi accusa provare che gli animali siano detenuti (dunque per un lasso apprezzabile di tempo) “in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze” (art. 727 c.p.) ovvero che abbiano patito una “lesione” o che siano sottoposti “a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le … caratteristiche etologiche” (tre l’altro “per crudeltà o senza necessità”) o che siano sottoposti “a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi” o che da tali condotte sia derivata la loro morte (art. 544-tre c.p.).
    La prova contraria, tutt’al più, potrebbe essere utile agli accusati per difendersi in caso di accuse fondate (e dunque comprovate).
    Finché non vi sia la prova diretta e puntuale degli elementi suddetti, credo sia piuttosto arduo sostenere realmente l’accusa mossa.

  7. Gianluca Lavalle | 22 Marzo 2024 at 23:21 | Rispondi

    Aggiungo per completezza che, del pari, ove si tratti – come pare nell’articolo – di preteso “abbandono” (art. 727, comma 1, c.p.), occorrerebbe dimostrare, e puntualmente, che l'”abbandono” ci sia effettivamente stato e si sia effettivamente verificato, nonché che si tratti di “animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività”. Anche in tal caso non è l’accusato a dover fornire la prova contraria, ma l’accusatore a dover fornire la prova diretta.

    • Finegiurista | 23 Marzo 2024 at 00:32 | Rispondi

      Perfetto e grazie per la esplicazione.
      Il mio commento era tra il serio e il faceto.
      Spiego sommariamente.
      VI è molta attenzione sul lancio delle colombe durante le cerimonie dopole quali, a volte, non essendo i volatili stati
      recuperati e quindi in stato di abbandono sono seguite denunce.

      Le guardie zoofile,
      Allora, raccomandano di rivolgersi a professionisti e recuperare gli animali.

      ( in alcuni casi è intervenuta la Lipu per recuperare,dopo giorni le bestie in cattivo stato).

      Il polverone è stato sollevato, non vorremmo mica inciampi?
      Non ne abbiamo bisogno.

  8. Il solito articolo fake per riempire la pagina di commenti

  9. Orsetto lavatore | 23 Marzo 2024 at 17:48 | Rispondi

    A quando le contestazioni per l’utilizzo di asini e serpenti?

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